Con un interpello all'Agenzia delle Entrate, una società ha chiesto di conoscere l'orientamento dell'Agenzia in merito alla deducibilittà dei crediti vantati verso alcune ASL il cui patrimonio immobiliare è stato conferito in un fondo comune di investimento di tipo chiuso.

La società istante "ritiene di poter dedurre la perdita su crediti dal reddito d’impresa alla luce dell’infruttuoso esito del pignoramento presso terzi ed in considerazione della “oggettiva impossibilità di agire sui beni immobili del debitore in quanto costituiti in un Fondo comune di investimento chiuso e quindi impignorabili ex-lege”, tenuto altresì conto della “non fallibilità del debitore in quanto ente pubblico economico”.

Nel richiamare l'articolo 101, comma 5, del TUIR a norma del quale: “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali”, l'Agenzia ha rigettato la tesi della società creditrice, rilevando che "una situazione di (temporanea) illiquidità - ancorché seguita da un pignoramento infruttuoso - non possa essere ritenuta sufficiente a legittimare la deduzione del credito non incassato (in tutto o in parte), richiedendosi, a tal fine, una più complessa e articolata valutazione della situazione giuridica della specifica partita creditoria e del singolo debitore cui quest’ultima è riferita".

Secondo l'Agenzia è "solo l’ipotesi di assoggettamento del debitore a procedure concorsuali che qualifica ex lege il mero stato di insolvenza come condizione sufficiente a considerare definitive (e come tali fiscalmente deducibili) le perdite relative al mancato incasso da parte del creditore", considerando che "l’accertamento della situazione di sofferenza della partita creditoria è ufficialmente conclamata ad opera di un soggetto terzo indipendente (autorità giurisdizionale o amministrativa) e non è rimessa alla mera valutazione soggettiva del creditore". L'impignorabilità dei beni non serve a mutare il suddetto orientamento, posto che, appunto "anche laddove fosse possibile procedervi, l’infruttuoso pignoramento non vale ex se a configurare la sussistenza degli “elementi certi e precisi” richiesti dall’articolo 101, comma 5, del TUIR in ordine alla deduzione fiscale delle perdite su crediti".

Infine, rileva l'Agenzia che proprio la natura di enti pubblici economici "può fondatamente costituire elemento di positiva valutazione circa la probabilità di recuperare il credito non esatto".

(Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, Risoluzione 23 gennaio 2009, n.16/E: Deducibilità perdite su crediti verso enti pubblici economici).
Agenzia delle entrate
Risoluzione 23.01.09, n.16
Agenzia Entrate: deducibilità perdite su crediti verso enti pubblici economici



Oggetto: Interpello - Deducibilità perdite su crediti - Articolo 101 del TUIR

La società ALFA S.r.l. ha formulato un’istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, relativa alla deducibilità delle perdite su crediti.
Quesito

La società ALFA S.r.l. (di seguito, in breve, “Società”) vanta un credito di circa euro 1.000.000 nei confronti delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) di X (facenti capo alla Regione Y).

Le predette ASL - a causa delle “note difficoltà economiche” in cui versano - non sono in condizioni di “onorare il loro debito e la loro natura di enti pubblici economici le mette al riparo da eventuali richieste di fallimento”.

Inoltre, la Regione Y, al fine di salvaguardarne il patrimonio :
- ha creato “una comunione di beni immobili fra tutte le ASL di X spogliandole della proprietà diretta ed assegnando a ciascuna una quota di partecipazione”;
- ha fatto “confluire tutti i beni immobili in un Fondo comune di investimento di tipo chiuso…rendendo tali beni non ipotecabili ed impignorabili ed escludendo di fatto ai creditori ogni forma di soddisfazione coattiva”.

A tal proposito, la Società evidenzia che nei confronti del proprio “debitore più importante” il competente tribunale ha emesso un decreto ingiuntivo cui ha fatto seguito un atto di precetto ed il conseguente pignoramento presso terzi, effettuato presso la banca facente funzioni di tesoriere del predetto debitore: tale pignoramento è, tuttavia, rimasto infruttuoso.

Tanto premesso, la Società chiede di valutare la possibilità di considerare deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa la perdita del credito vantato nei confronti del menzionato debitore.

Soluzione prospettata dal contribuente

La Società ritiene di poter dedurre la perdita su crediti dal reddito d’impresa alla luce dell’infruttuoso esito del pignoramento presso terzi ed in considerazione della “oggettiva impossibilità di agire sui beni immobili del creditore (debitore, ndr.) in quanto costituiti in un Fondo comune di investimento chiuso e quindi impignorabili ex-lege”, tenuto altresì conto della “non fallibilità del creditore (debitore, ndr) in quanto ente pubblico economico”.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 101, comma 5, del TUIR prevede che “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali”.

La richiamata norma fiscale subordina, a ben vedere, la deducibilità delle perdite su crediti a rigide prescrizioni, prevedendo che le stesse rilevino fiscalmente solo se risultano (comprovate) da “elementi certi e precisi”, fatta eccezione per i casi di assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, all’avvio delle quali le condizioni di deducibilità devono intendersi “automaticamente” riconosciute.

Con specifico riferimento alla particolare fattispecie oggetto del presente interpello, si ritiene che una situazione di (temporanea) illiquidità - ancorché seguita da un pignoramento infruttuoso - non possa essere ritenuta sufficiente a legittimare la deduzione del credito non incassato (in tutto o in parte), richiedendosi, a tal fine, una più complessa e articolata valutazione della situazione giuridica della specifica partita creditoria e del singolo debitore cui quest’ultima è riferita.

Come precedentemente rammentato è, infatti, solo l’ipotesi di assoggettamento del debitore a procedure concorsuali che qualifica ex lege il mero stato di insolvenza come condizione sufficiente a considerare definitive (e come tali fiscalmente deducibili) le perdite relative al mancato incasso da parte del creditore. Ciò nel presupposto che l’accertamento giudiziale (o da parte di un’autorità amministrativa) dello stato di insolvenza del debitore costituisca evidenza oggettiva della situazione di illiquidità di quest’ultimo. In presenza di procedure concorsuali, in altri termini, l’accertamento della situazione di sofferenza della partita creditoria è ufficialmente conclamata ad opera di un soggetto terzo indipendente (autorità giurisdizionale o amministrativa) e non è rimessa alla mera valutazione soggettiva del creditore.

Tanto premesso, si ritiene che la situazione descritta nell’istanza - pur sintomatica di peculiari difficoltà di esazione da parte del creditore - non possa ritenersi di per sé rivelatrice dell’esistenza di una definitiva perdita sui crediti in possesso dei requisiti di certezza e precisione imposti - ai fini della relativa deducibilità - dalla norma fiscale, non potendosi escludere l’eventualità che, anche nel breve termine, il debitore riesca, in tutto o in parte, ad assolvere le proprie obbligazioni.

Inoltre, non assume rilevanza ai fini tributari la circostanza che, come si legge nell’istanza, i beni immobili confluiti nel fondo comune siano “non ipotecabili ed impignorabili”, considerato che, anche laddove (diversamente da quanto avviene nel caso in esame) fosse possibile procedervi, l’infruttuoso pignoramento non vale ex se a configurare la sussistenza degli “elementi certi e precisi” richiesti dall’articolo 101, comma 5, del TUIR in ordine alla deduzione fiscale delle perdite su crediti.

Parimenti, si ritiene che nessun rilievo possano assumere ai fini della deducibilità del componente negativo in esame le osservazioni evidenziate dal contribuente nell’istanza in merito alla natura di enti pubblici economici delle ASL debitrici che, secondo la medesima Società, porrebbe queste ultime al riparo da eventuali richieste di fallimento. Non sfugge, peraltro, che proprio siffatta natura può fondatamente costituire elemento di positiva valutazione circa la probabilità di recuperare il credito non esatto.

Per quanto sopra la soluzione interpretativa prospettata nell’istanza non può essere condivisa.

Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.