I tirannelli di questa repubblica delle banane (da Monti a Renzi) sono riusciti finalmente a cantare il de profundis sulla legge Pinto, quella che riconosce ai cittadini un indennizzo a carico dello Stato per l'irragionevole durata dei processi. Tra il D.L. del 2012 e l'ultima legge di stabilità (quella del 28 dicembre 2015) è stato consumato silenziosamente l'ennesimo grave atto di denegata giustizia, all’insegna dell’arguto motto: meno giustizia = meno problemi di giustizia. Il metodo subdolo utilizzato per negare l'indennizzo dovuto dallo Stato per la violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali è quello più indegno per uno stato di diritto. Per sfuggire alle sanzioni europee il governo non ha abrogato la legge (non poteva farlo perché fu l’Unione Europea ad imporcela nel 2000), ma si è limitato a disseminare numerosi ostacoli nel percorso giudiziario. Veri insormontabili ostacoli che scoraggerebbero anche il più audace dei cittadini vittima della mala-giustizia italiana. Riprenderemo ad adire la Corte di Giustizia Europea dopo aver sperimentato la mancata effettività del rimedio nazionale? Difficile rassegnarsi a patire questo ennesimo sopruso. Intanto, spero che la nostra Corte Costituzionale intervenga quanto prima a rimuovere i gravissimi attentati al diritto di difesa, garantito a tutti i cittadini dall'art. 24 della Carta Costituzionale. Nell'attesa, mi piacerebbe conoscere personalmente i redattori delle modifiche inserite nel provvedimento legislativo per interrogarli su alcune oscure e incomprensibili espressioni ed, eventualmente, discutere di qualche regoletta di italiano.