Il sistema indennitario in materia di espropriazione per pubblica utilità è ormai svincolato dalla disciplina delle formule mediane (dichiarata incostituzionale con sentenza n. 348 del 2007) e dei parametri tabellari, e risulta, invece, agganciato al valore venale del bene, e che, quindi, il serio ristoro che l'art. 42 Cost., comma 3, riconosce al sacrificio della proprietà per motivi d'interesse generale, si identifica con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita, id est col valore venale del bene, posto che la dichiarazione d'incostituzionalità dei menzionati criteri riduttivi ha fatto rivivere detto criterio base di indennizzo, posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39, riconosciuto applicabile ai casi già soggetti al pregresso regime riduttivo (Cass. n. 11480 del 2008; n. 14939 del 2010; n. 6798 del 2013; n. 17906 del 2014), ed ora sancito dal del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, come modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90.
Quanto detto non comporta, tuttavia, che sia venuta meno, ai fini indennitari, la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili, che è imposta dalla disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del territorio - anche ai fini della conservazione di spazi a beneficio della collettività e della realizzazione di servizi pubblici - e che le regole di mercato non possono travalicare.
In base a tale criterio, un'area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti tale classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass., n. 7987/2011; Cass., n. 9891/2007; Cass., n. 3838/2004; Cass., n. 10570/2003; Cass., Sez. un., nn. 172 e 173/2001), e, per converso, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui, per lo strumento urbanistico vigente all'epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l'edilizia privata esprimibile dal proprietario dell'area (Cass. 14840/2013; Cass., n. 2605/2010; Cass. nn. 21095 e 16537/2009).
Rivestono valore a fini indennitari le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l'agricola e l'edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.
Per approfondimenti giurisprudenziali si segnalano le seguenti sentenze: Cass. civ., sez. I, 24.6.2016, n. 13172; Cass. civ., sez. I, 24.4.2007, n. 9891; Cass. civ., sez. I, 21.6.2016, n. 12818.