PARERE
IN FATTO: con riferimento al parere legale relativo al vincolo di cui al Decreto prot. n. 1248 del 23.10.1973 con il quale il Presidente della Regione Campania ha approvato con prescrizioni il P.d.F. del Comune di S…, pregiudizievole nella parte in cui fissa un vincolo di in edificabilità sull’area di proprietà inclusa nella zona B1 del vigente P.d.F..
Il quesito sottoposto allo scrivente concerne la validità o meno di un termine indeterminato di inedificabilità, ovvero, fino all’approvazione di un nuovo strumento di pianificazione generale, con specifico riferimento alle deduzioni contenute nella parte motiva della sentenza n. 112/11, emessa dal TAR Salerno che definisce l’area accertata quale “c.d. zona bianca” per scadenza dei termini quinquennali.
Ricostruzione FATTUALE E normativa
a) Documentazione esaminata
- ricorso avv. M. F.;
- sentenza TAR SA n. 112/11;
- determina prot. n. 3364 del 17.06.2009, successivamente conosciuta, con la quale il responsabile dell’Area Tecnica del Comune di S… ha rigettato l’istanza di permesso di costruire presentata dai ricorrenti;
b - relazione istruttoria prot. n. 3742 del 17.06.2009;
c - Decreto prot. n. 1248 del 23.10.1973 con il quale il Presidente della Regione Campania ha approvato con prescrizioni il P.d.F. del Comune di S….;
e- nota del 22.12.2009, con la quale il Responsabile del Servizio Area tecnica del Comune di S… ha comunicato la conferma del parere sfavorevole sull’istanza di permesso di costruire presentata dai ricorrenti;
f - relazione istruttoria prot. n. 6938 del 14.2.2009;
g - nota prot. n. 22221 del 16.12.2009, prot. sev. 5941 del 17.12.2009, a firma del Responsabile del servizio Manutenzione – Ricostruzione – Urbanistica del Comune di S…;
h - nota prot. n. 6640 del 25.11.2009, con la quale il Comune di S… ha comunicato l’avvio del procedimento di riesame ed ha richiesto un’integrazione documentale;
i – vecchia concessione poi scaduta;
- Normativa di riferimento;
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  1. Considerazioni fattuali.

La questione all’esame ha ad oggetto la disamina del parere sfavorevole del Responsabile del Servizio in data 16 dicembre 2009, che pone a base della determinazione assunta un duplice rilievo ostativo. Per il primo la natura vincolistica della destinazione a zona “per attrezzature” imposta dalla Regione Campania in sede di approvazione del nuovo strumento urbanistico del Comune di Sarno (D.P.G.R.C. n. 1248 del 23/10/1973) cosicché si afferma testualmente che “il lotto in esame pur recando GRAFICAMENTE la dizione B1 (Zona residenziale di completamento) non ha mai avuto GIURIDICAMENTE tale destinazione”. Per il secondo profilo, l’Ufficio pone in rilievo che il progetto sarebbe “in ogni caso non rispondente alle norme del Regolamento Edilizio vigente per inosservanza delle distanze da confini, fabbricati ed attigua linea ferroviaria, in rapporto all’altezza proposta”. Tralasciando in tale sede tale profilo squisitamente tecnico e di non poco rilievo, va focalizzato preliminarmente, viceversa il profilo relativo alla destinazione di zona.
Ordunque, la origine procedimentale della destinazione vincolistica “ad attrezzature” a suo tempo introdotta dalla Regione Campania, assume una scadenza, secondo il termine quinquennale stabilito dall’art. 2 l.n. 1187/1968, e che come si precisa in sentenza il suo spirare comporta che l’area rimane priva di disciplina urbanistica ed è soggetta alle previsioni di cui all’art. 4 ultimo comma della legge n. 10/1977 (ora art. 9 del T.U. n. 380/2001), sino all’adozione, da parte del Comune, di nuove, specifiche prescrizioni (ex multis, T.A.R Toscana Firenze, sez. I, 10 dicembre 2009, n. 3267).
Da tale assunto finale ne discende la domanda: trattasi di vincolo preordinato all’espropriazione, o comunque sostanzialmente ablativo e fino a quando la P.A. può mantenere tale stato di cosa e/o l’amministrazione è o meno tenuta a provvedere in tempi ragionevoli?
In vero la stessa sentenza esaminata precisa che: “il decorso del termine decennale di efficacia del piano fa venire meno solo i vincoli finalizzati all'espropriazione e le altre limitazioni della proprietà privata imposti dallo strumento attuativo, ma non anche la disciplina urbanistico- edilizia da esso dettata, che continua a trovare applicazione fino all'approvazione di un nuovo piano attuativo o di un nuovo Piano Regolatore Generale” (cfr. T.A.R Marche Ancona, sez. I, 03 giugno 2009, n. 457), qualificando detto vincolo di natura espropriativa.
La medesima sentenza, inoltre, richiama l’orientamento del Consiglio di Stato (sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2262) secondo cui “l'obbligo di provvedere alla rideterminazione urbanistica di un'area, in relazione alla quale sono decaduti i vincoli espropriativi precedentemente in vigore, non comporta che essa riceva una destinazione urbanistica edificatoria o nel senso voluto dal privato, essendo in ogni caso rimessa al potere discrezionale dell'Amministrazione comunale la verifica e la scelta della destinazione che, in coerenza con la più generale disciplina urbanistica del territorio, risulti più idonea e più adeguata in relazione all'interesse pubblico al corretto e armonico utilizzo del territorio, potendo anche ammettersi la reiterazione degli stessi vincoli scaduti, sebbene nei limiti di una congrua e specifica motivazione sulla perdurante attualità della previsione, comparata con gli interessi privati”.
Questo il quadro normativo-giuridico da cui muovere per ottenere una risposta alla domanda testé esposta.

  1. IN DIRITTO.

Ricostruzione teorico normativa applicabile.
a) quanto alla perimetrazione del Piano generale, ricade all'interno della zona edificata urbana, e precisamente in zona B1 del vigente P.d.F., con specifica zonale “ad attrezzature” di interesse pubblico, sub specie ad attrezzature verde pubblico;
b) secondo le NTA, "... Le attrezzature possono essere realizzate da soggetti diversi dalla P.A. previa convenzione con il Comune;
c) la medesima area libera del sig. Luca fa parte di un minimo comprensorio zonale interamente vincolato ad attrezzature di interesse pubblico;
d) in relazione alle attrezzature di interesse comune che interessano, il PdF si devono prevedere degli standard minimi ex D.M. 1444/1968 (sia per le attrezzature scolastiche; sia per i parcheggi; e sia per il verde attrezzato), che sono di stretta ed esclusiva cura della P.A.;
e) nessuno dei predetti standards eccedenti quelli minimi è stato realizzato sino ad oggi da ciò la scadenza per decorso quinquennale del vincolo.
Riveste rilievo decisivo nella presente fattispecie stabilire se le prescrizioni che riguardano il fondo del Nappo hanno carattere espropriativo, come ritiene pure la sentenza esaminata o soltanto conformativo; in questo secondo caso occorre stabilire anche se gli standards eccedenti quelli minimi realizzabili previa convenzione, sono effettivamente realizzabili in base alle prescrizione del Piano che li riguarda.
Appare allora opportuno premettere alcune considerazioni in ordine alla differenza fra vincolo "espropriativo" e vincolo "conformativo", ai fini della corretta qualificazione giuridica della fattispecie dedotta, per poter poi stabilire se, nel caso che occupa, sussista o meno l'illegittimità del diniego impugnato del permesso di costruire adottato dal Comune di Sarno.
I criteri di individuazione dei vincoli espropriativi o di inedificabilità assoluta, rispetto ai vincoli conformativi, sono stati elaborati con le sentenze della Corte Costituzionale 20 maggio 1999, n. 179 e 18 dicembre 2001, n. 411, ma anche con la più recente sentenza 9 maggio 2003 n. 148, nella parte in cui si riferiscono a vincoli scaduti, preordinati all'espropriazione o sostanzialmente espropriativi, senza previsione di durata e di indennizzo.
In base ai suddetti criteri nonché a quelli elaborati dalla giurisprudenza amministrativa formatasi in relazione all'art. 2 della legge n. 1187 del 1968, i vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, che sono preordinati all'espropriazione ovvero che hanno carattere sostanzialmente espropriativo, tali da determinare l'inedificabilità dei beni colpiti e, dunque, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero da diminuirne in modo significativo il valore di scambio (ex plurimis: Cons. Stato, Sez.V, n. 3 del 3.1.2001 e n. 745 del 24.2.2004), con conseguente violazione sostanziale del III° comma dell'art. 42 Cost.
Tali indicazioni possono valere anche con riferimento all'attuale sistema, che, con l'art. 9, commi 3 e 4, delD.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, entrato in vigore il 30 giugno 2003, ha soltanto esplicitato con una diversa terminologia la regola della durata quinquennale, disciplinando espressamente gli istituti della decadenza e della reiterazione.
Invece, la previsione di una determinata tipologia urbanistica non configurante né un vincolo preordinato all'espropriazione né l'inedificabilità assoluta, essendo una prescrizione diretta a regolare concretamente l'attività edilizia, inerisce alla potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall'art. 11 della legge 17 agosto 1942 n.1150.
Si parla, in tal caso, di vincoli urbanistici di tipo "conformativo", per indicare i vincoli relativi ai beni culturali e paesaggistici, posti direttamente dalla legge ovvero mediante un particolare procedimento amministrativo a carico di intere categorie di beni, in base a caratteristiche loro intrinseche, con carattere di generalità ed in modo obiettivo: tali limitazioni delle facoltà del proprietario ricadono nella previsione non del comma terzo, bensì del comma secondo, dell'art. 42, Cost. e non sono indennizzabili.
In proposito, la precitata sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999, al punto 5 della parte in diritto, ha precisato che "sono al di fuori dello schema ablatorio espropriativo con le connesse garanzie costituzionali (e quindi non necessariamente con l'alternativa di indennizzo o di durata predefinita) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene. Ciò può essere il risultato di una scelta di politica programmatoria tutte le volte che gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatorie) anche attraverso l'iniziativa economica privata - pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento".
Pertanto, i limiti non ablatori normalmente posti nei regolamenti urbanistici o nella pianificazione urbanistica e relative norme tecniche, riguardanti altezza, cubatura, superficie coperta, distanze, zone di rispetto, indici di fabbricabilità, limiti e rapporti per zone territoriali omogenee e simili, sono vincoli conformativi, connaturali alla proprietà, e non comportano indennizzo.
Inoltre, se pure hanno carattere particolare, i vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento (ad es. parcheggi, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali), sfuggono allo schema ablatorio, con le connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività fra indennizzo e durata predefinita.
Se è vero, infatti, che la previsione dell'indennizzo è doverosa non soltanto per i vincoli preordinati all'ablazione del suolo, ma anche per quelli "sostanzialmente espropriativi" (secondo la definizione di cui all'art. 39, comma 1, del precitato D.P.R. 327/2001), è anche vero che non possono essere annoverati in quest'ultima categoria, quei vincoli derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato (cfr., ex multis, Cons. St., IV, 28 febbraio 2005, n. 693; VI, 14 maggio 2000, n. 2934; Cass. Civ., I, 26 gennaio 2006, n. 1626 e 27 maggio 2005, n. 11322).
Ciò, in quanto la disciplina urbanistica che ammette la realizzazione di interventi edilizi da parte di privati, seppur conformati dal perseguimento del peculiare interesse pubblico che ha determinato il vincolo, non si risolve in una sostanziale espropriazione, ma solo in una limitazione, conforme ai principi che presiedono al corretto ed ordinario esercizio del potere pianificatorio, dell'attività edilizia realizzabile sul terreno.
Pertanto, siffatta categoria di vincoli, non avendo un contenuto sostanzialmente espropriativo, ma derivando dal riconoscimento delle caratteristiche intrinseche del bene, nell'ambito delle scelte di pianificazione generale, risulta determinata nell'esercizio della potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, per cui ha validità a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall'articolo 11 della legge 1150/1942.
Quanto all'obbligo dell'indennizzo, occorre precisare che il problema della temporaneità e della conseguente indennizzabilità della protrazione dei vincoli urbanistici si può porre solo nei confronti dei vincoli preordinati all'espropriazione o sostanzialmente ablativi: restano, di conseguenza, fuori dai problemi enunciati tutti gli altri vincoli attinenti a destinazioni non coinvolgenti l'esecuzione di opere pubbliche, ma rimessi alla iniziativa (anche concorrente) dei singoli proprietari (come il verde condominiale e gli accessi privati pedonali), trattandosi di vincoli meramente conformativi.
In questa duplice e correlata prospettiva, si può ritenere, in via generale, ad esempio, che le destinazioni relativamente alle zone F del D.M. n.1444/1968, possono essere anche interpretate, se non accompagnate da alcuna altra specificazione o limitazione, nel più generale senso della assentibilità di interventi tanto pubblici quanto privati, con l'unico limite della destinazione di quanto realizzato ad un uso, appunto, "collettivo", poiché il detto D.M. (che, com'è noto detta le linee guida per la suddivisione del territorio comunale in zone territoriali omogenee, da operarsi nel P.R.G.) afferma che, con la lettera F, debbono essere indicate "le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale".
In effetti, in linea generale, le opere di interesse generale costituiscono una categoria logicogiuridica nettamente differenziata rispetto a quella delle "opere pubbliche", poiché si riferiscono a quegli impianti ed attrezzature che, sebbene non destinate a scopi di stretta cura della pubblica Amministrazione, sono idonei a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzate e gestite da soggetti privati: in tale ambito, ci si riferisce a supermercati, strutture alberghiere, stazioni di servizio, banche, discoteche, etc. (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 405 del 23.3.1993; Cons. di Stato sez. V, n. 268 del 27.4.1988; Cons. di Stato sez. V, n. 1000 dell'11.7.1975; T.A.R. Campania - Napoli n. 6604 del 23.10.2002; T.A.R. Puglia - Bari n. 4632 del 21.10.2002; T.A.R. Puglia - Bari n. 1157 del 28.2.2002; T.A.R. Basilicata n. 288 del 21.10.1996; T.A.R. Campania -Napoli n. 180 del 22.5.1990; T.A.R. Lombardia - Brescia n. 693 dell'8.9.1987; T.A.R. Piemonte n. 321 del 29.10.1984).
Nel caso di specie, risulta che il fondo di proprietà del sig. Luca, ha la destinazione che si è in precedenza veduta, ovvero espropriativa, come già individuato dal Tar Salerno nella sentenza 112/11.
Applicando i già ricordati principi al caso di specie, discende che le destinazioni a zona pubblica per attrezzature di pubblico interesse ne discende, avuto particolare riguardo alla realizzabilità anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, la sua sussumibilità nello schema ablatorio, piuttosto, che nella tipologia dei vincoli urbanistici di tipo "conformativo", riconducibili, come tali, alle previsione non del comma terzo, bensì del secondo comma, dell'art. 42, Cost..
Conseguentemente, tale normazione di zona non può avere validità a tempo indeterminato, come stabilito dall'art. 11 della legge 17 agosto 1942 n.1150.
Conclusivamente, nella specie, si deve ritenere che, il fondo di proprietà del Nappo, risulta gravato da vincolo preordinato all'espropriazione.
Infine, poichè il vincolo gravante sul fondo del richiedente, di natura espropriativa, e dunque, come si sostiene, decaduto per decorso del quinquennio ex art. 2 l. n.1187/1968, comunque quest'ultima potrebbe beneficiare della realizzazione di un progetto produttivo riguardante edifici polifunzionali anche da adibire a struttura sanitaria o da adibire ad uffici e commercio".
Ciò ove si consideri che la sua localizzazione ricade senza dubbio all'interno del centro abitato.
L'assimilazione per effetto della decadenza dell'efficacia quinquennale del vincoloespropriativo com'è noto, dell'area interessata a "zona bianca", comporta l'applicazione dell'art. 4, u.c., l. 10/1977, (oggi l'art. 136 d..p.r. 38012001) e nella Regione Campania dell'art. 38 1.r. 16/04, in combinato disposto con l'art. 4 l.r.17/82, come modificato dal comma 2 dell'art. 9 1.r. n. 1512005.
In forza del citato art. 38 l.r. n.16/2004, in linea con quanto prevede la normativa nazionale (art.9 d.p.r. 380/2001) nelle aree poste all'interno del centro storico sono consentiti meri interventi conservativi del preesistente edificato; mentre nella aree poste all'esterno del centro storico va rispettato il limite fondiario di 0,03 mc./mq. per l'edificazione a scopo residenziale e, quanto agli edifici o complessi produttivi, l'ulteriore limite massimo, più severo di quello nazionale, di 1/6 di copertura dell'area di proprietà (Cons.Stato sez.IV, n.679/2009).
Il Comune di Sarno dunque non potrà tenere senza termine detta zona qualificata “bianca” ha quindi tutto l’interesse a provvedere sull’azzonamento.

LA GIURISPRUDENZA
In riferimento all’azzonamento: il T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 24/10/2005, n. 1985, ha statuito che in materia di domanda di rivalutazione della situazione urbanistica a seguito della decadenza (quando sussistente) dei vincoli preordinati all'espropriazione con conseguente mutazione dell'area in "zonabianca", l'Amministrazione è tenuta a colmare il vuoto di disciplina provvedendo all'azzonamento dell'area (Cfr. Cons. di Stato -Sez. IV - 23/9/2004 n. 6216; id. 22/6/2004 n. 4426; T.A.R. Sicilia -Sez. CT - 25/11/2002 n. 2231; T.A.R. Veneto -Sez. II- 12/7/2002 n. 3469).
Nelle suesposte considerazioni è il parere.                                         
                                                                                    Avv. Luigi Ferrara