1. Premessa. La progettazione di opere pubbliche: osservazioni generali alla luce dei nuovi strumenti di pianificazione previsti dalla L.R. Campania n. 16/04.

Lo Stato da sempre assolutamente inerte nella pianificazione urbanistica attuativa di propria competenza è stato il principale fautore della relativa crisi, di qui i vari tentativi di trovare un ente intermedio rappresentato dagli Enti locali a partire dal Dpr 616 del 77 per le competenze delegate alla Regione e dalla L. 142/90, con la modifica n. 267/2000, circa i piani territoriali di coordinamento punto di riferimento della successiva attività pianificatoria comunale. Indubbiamente oggi si assiste ad una inversione di tendenza rispetto al passato, infatti, dopo la riforma del Titolo V della Carta Costituzionale gli Enti locali diventando titolari di poteri più ampi rispetto a quelli loro attribuiti nel testo costituzionale del 1947, tendono a rendere integralmente impositive le norme urbanistiche da esse emanate, è appunto il caso della neo emanazione della L. R. Campania n. 16/04, anche se come è noto, non sono state eliminate le interferenze dello Stato nelle materie di competenza degli Enti locali; anzi può affermarsi che la riforma costituzionale ha finito col creare in materia una maggiore confusione rispetto al passato per quanto riguarda i rapporti Stato-Regione (ci si chiede se ci avviamo sempre più verso ordinamenti particolari o una pluralità di ordinamenti in assenza di una legge urbanistica nazionale di raccordo?).

È questo uno dei punti di partenza per poter introdurre il tema delle tipologie di  varianti che la nostra legislazione prevede in modo disarticolato e non molto chiaro ove in tale sede si tenterà di elencarle sotto un aspetto sistematico tenendo conto della recente novella regionale la quale anch’essa ha dato vita a nuove forme di cui si discuterà più avanti al paragrafo 4. Ciò presuppone una breve esposizione degli strumenti che la L.R. 16/04 ha previsto, poiché, si tenga ancora presente che il discorso non può logicamente essere sganciato dall’argomento livelli di pianificazione.

La elaborazione della nuova disciplina urbanistica Campana prevede tre livelli di pianificazione: il Ptr (piano territoriale regionale), ha il compito di disegnare l'assetto del territorio regionale e di indirizzare la pianificazione provinciale e comunale, il Ptcp (piano territoriale di coordinamento provinciale), per evitare la proliferazione di Piani settoriali di interesse sovracomunale è stato previsto che il Ptcp - principale punto di riferimento per l'individuazione delle strategie della pianificazione urbanistica da parte dei Comuni - ha valore e portata di Piano di tutela nei settori della natura, dell'ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali; di Piano di Bacino, di Piano territoriale di Parco e di Piano A.S.I.. Il Puc (piano urbanistico comunale, ovvero, vecchio Prg) è il nuovo strumento urbanistico generale del Comune, e disciplina la tutela ambientale e le trasformazioni urbanistiche ed edilizie dell'intero territorio comunale; contiene, tra l’altro, la “localizzazione delle opere pubbliche”, cioè la indicazione del tracciato (per le opere a rete) o del luogo dove dovranno essere realizzate le opere pubbliche.

La normativa sugli enti locali in genere fissa delle localizzazioni di massima di immediato vulnus per la proprietà privata fino a quando la stessa non sia recepita dai piani comunali, unicamente legittimati, anche ai sensi del recente T.U. sull’espropriazione, ad introdurre vincoli espropriativi.

Quindi la localizzazione dell’opera pubblica avviene negli strumenti urbanistici generali, tale localizzazione produce una triade di effetti: 1. la disciplina urbanistica, per ciò che concerne il procedimento di localizzazione dell’opera pubblica; 2. il versante della disciplina delle espropriazioni, in quanto, diventando efficace l’atto di approvazione del Prg (in Campania oggi P.u.c.), sorge sulle aree su cui le opere pubbliche sono localizzate, il vincolo preordinato all’espropriazione (art. 9 T.U. espropriazioni); 3. la disciplina delle opere pubbliche, per ciò che attiene alla redazione e approvazione del progetto.

Solo a seguito dell’approvazione del Prg (o di una sua variante), che sortisce l’effetto della localizzazione dell’opera pubblica e della nascita del vincolo preordinato all’esproprio, e ancora dell’approvazione del progetto (che a sua volta da l’effetto di dichiarazione di pubblica utilità), si potrà procedere alla espropriazione delle aree necessarie e alla realizzazione dell’opera pubblica.

Si intuisce l’importanza della disciplina delle varianti, in quanto, vi possono ad esempio essere casi in cui l’opera pubblica non è localizzata nello strumento urbanistico, in tal caso occorrerà seguire uno dei procedimenti di variante dello strumento urbanistico, previsti dall’ordinamento.

2. Procedimento di approvazione e variante allo strumento urbanistico comunale. Segue: a) la disciplina previgente; b) la disciplina secondo il T.U. delle espropriazioni e altre disposizioni in vigore.

Dopo tale breve premessa possiamo guardare alla trasformazione urbana sottesa alla procedura di approvazione e variante al Prg / Puc. Per la formazione del Prg / Puc sono previste due fasi, la formazione (rectius, adozione) da parte del Comune e approvazione da parte della Provincia art. 24, co. 4, L.R. 16/04; il T.U. espropriazioni, pur se di anteriore entrata in vigore, non ha inteso innovare in ordine al procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici, salvo che per l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 9 (così dispone l’art. 9 comma 6: “Salvo quanto previsto dal comma 5, nulla è innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e sulla approvazione degli strumenti urbanistici”), che prevede una variante semplificata. Mentre quando l’opera pubblica non è localizzata nello strumento urbanistico occorrerà seguire uno dei procedimenti di variante dello strumento urbanistico, previsti dall’art. 24, co. 13, L. R. 16/04.

a)             la disciplina previgente.

A chi scrive è risultato vano capire a pieno la materia senza individuare dapprima le regole previgenti, perciò non inutile può risultare una breve ricostruzione della disciplina in materia anche a seguito delle ripetute modifiche legislative che tentando di dare ordine ne hanno da sempre maggiormente complicato il risultato.

Dalla L. n. 47/85 si ebbe un primo distinguo tra varianti parziali e generali, è da questo momento le stesse varianti parziali divennero uno strumento di uso comune, anche perché tale disposizione ben si coordinava con altra disposizione degli anni precedenti di tipo accelleratorio, ovvero, con la L. n. 1/78, “accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali”, la quale già aveva stabilito che l’approvazione di progetti di opere pubbliche erano equiparate all’adozione di variante di Prg c.d. anche varianti speciali e che così recitava: nel caso in cui le opere ricadono su aree che gli strumenti urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi, la deliberazione del C.C. di approvazione del progetto costituisce adozione di variante degli strumenti stessi e non necessita di autorizzazione regionale preventiva e viene approvata con le modalità previste dagli articoli 6 e seguenti della legge 18 aprile 1962, n. 167, (l. sull’edilizia residenziale) e successive modificazioni e integrazioni. La Regione emana il decreto di approvazione entro 60 giorni dal ricevimento degli atti ….

Identica formula usa l’art. 22 della L. R. Campania n. 51/1978 e succ. mod. ed integr.. (normativa regionale per la programmazione, il finanziamento e la esecuzione di lavori pubblici e di opere di pubblico interesse, snellimento delle procedure amministrative, deleghe e attribuzioni agli Enti locali), così come, l'articolo 8, L.R. 27 agosto 1984, n. 38 (modifiche ed integrazioni alla L.R. 31 ottobre 1978, n. 51) dispone che: «nel caso appena previsto (secondo comma art. 22, citato), la deliberazione di approvazione del progetto dell'opera pubblica o di pubblico interesse da parte del Consiglio comunale deve essere motivata sotto il profilo della urgenza e della compatibilità con le altre previsioni del piano urbanistico comunale ed è inviata per conoscenza all'Amministrazione provinciale …». Quindi, l’art. 1, L. n. 1/78, si applicava sia per la realizzazione di opere pubbliche su aree libere, sia su aree occupate da fabbricati mediante espropriazione, demolizione o ristrutturazione dei fabbricati stessi (TAR Campania, Napoli, 19 maggio 1997, n. 1309). Emergono dunque ulteriori  presupposti, perché un procedimento di variante sia legittimo lo stesso deve articolarsi in più fasi, la comunicazione all’autorità regionale/ provinciale, l’esternazione dell’obbligo motivazionale e la dovuta comunicazione ai soggetti interessati dall’esproprio.

Circa la comunicazione dell’Ente sovraordinato: la L. n. 1/78, l’art. 1, 4 co, consentiva al C.C. di approvare il progetto di un opera pubblica non conforme alle previsioni del piano urbanistico solo quando il piano vigente aveva già apposto un efficace vincolo preordinato all’espropriazione con la previsione della realizzazione di servizi pubblici, ma la giurisprudenza ha da sempre dato un interpretazione restrittiva della disposizione esaminata infatti: quando il C.C. ravvisa l’opportunità di realizzare un opera diversa da quella prevista nel piano e ciò per la prima volta, non basta approvare il progetto ai sensi dell’art. 1, 4 co, L. citata, ma occorre la variante al piano e su di essa deve pronunciarsi anche l’Autorità competente alla sua approvazione (Cons. di Stato, sez. V, 22 giugno 1998, n. 462).

Inoltre, attraverso tale procedimento si poteva non attuare da subito le formalità previste dagli art. 10 e 11, della L., n. 865/1971 (notifica agli espropriandi, notizia al pubblico ecc., legge per i piani zonali destinati all’edilizia economica e popolare), ovvero, si poteva iniziare e poi successivamente, nel corso del procedimento esse potevano adempiersi.

Dopo la riforma all’art. 1, 4 co, L. 1/78 ad opra delle Bassanini bis e ter art. 4, 3 co. L. 415/1998 (art. abrogato dall'art. 274, d.lg. 18 agosto 2000, n. 267. Sostituiva la lett. b) dell'art. 32, comma 2, l. 8 giugno 1990, n. 142), fu stabilito che l’approvazione dei progetti preliminari di lavori pubblici da parte del C.C. e dei conseguenti progetti definitivi ed esecutivi da parte della giunta comunale non comportava necessità di varianti allo strumento urbanistico; “sempre che ciò non determini modifiche al dimensionamento o localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione, regolamentate con standard urbanistici minimi da norme nazionali o regionali”.

La modifica avvenne pure sul co. 5 dell’art. 1, della L. 1/78, introdotta dal 3 co, dell’art. 4 della L. 415/1998, si stabiliva che il procedimento di variazione dello strumento urbanistico; sarà necessario non soltanto nel caso in cui le opere ricadano su aree non destinate a servizi pubblici (come nella precedente disposizione), ma anche quando tali aree “siano destinate a tipologie di servizi diverse da quelle cui si riferiscono le opere medesime e che sono regolamentate con standard minimi da norme nazionali o regionali”, il principio affermato incide negativamente in quanto fa coincidere l’approvazione del progetto sia su di un’area non destinata a pubblico servizio sia con quella viceversa destinata.

Entrambe le ipotesi quindi coincidevano con l’adozione di una variante.

Anche tale nuova normativa contiene principi similari all’ultima previgente modifica dell’art. 1, co. 5, L. n. 1/78, anche se vi è da dire che non è consentibile che un regime, che era eccezionale ora diventa la regola.

Attualmente gli artt. 1, 3, 4 e 23, secondo comma della L. n, 1/78 risultano abrogati dall'art. 58, D.p.r. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. delle espropriazioni), inoltre, il T.U., n. 380/01, all’art. 89, prevede (ex L. 3 febbraio 1974, n. 64, art. 13, … tutti i comuni nei quali sono applicabili le norme di cui alla presente sezione e quelli di cui all'articolo 61, devono richiedere il parere del competente ufficio tecnico regionale sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione, e loro varianti ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio).

b) la disciplina secondo il T.U. delle espropriazioni e altre disposizioni in vigore.

Da troppo tempo il procedimento espropriativo attendeva il ripristino di regole normative certe, coerenti tra loro da esprimere una certa sistematica, attualmente il vigente T.U. approvato con D.p.r. 327/2001, contiene principi similari all’ultima previgente modifica dell’art. 1, co. 5, L. n. 1/78, anche se vi è da dire che non è consentibile che un regime, che era eccezionale ora diventa la regola.

In sostanza, il T.U. delle espropriazioni recupera la previsione del 4 comma dell’art. 1 L. n. 1/78, relativo alle opere ricadenti in zone destinate ad attrezzature, aggiungendo l’ulteriore norma che la determinazione del C.C. non è da sola sufficiente a produrre automaticamente la variante urbanistica, ma necessita della convalida da parte dell’Ente (Regione, Provincia) competente all’approvazione degli strumenti urbanistici generali e di loro varianti generali o parziali, sia pure nel termine di 90 giorni, pena il silenzio assenso.

Per le opere pubbliche o di pubblica utilità non ricadenti in zone destinate ad attrezzature nello strumento urbanistico, l’approvazione (ipotesi già co. 5 art. l., L. n. 1/78), e quindi difformi dallo strumento urbanistico, l’approvazione del progetto definitivo dell’opera da parte del C. C. equivale solo ad adozione di variante dello strumento urbanistico ai sensi dell’art. 19, co 1, del T.U. espropriazioni, confermativo del citato comma 5.

Il nuovo procedimento però privilegia il momento dell’occupazione delle aree da parte del soggetto espropriante, sulle garanzie procedimentali.

Se per il passato, prima si procedeva ad occupare l’area poi si provvedeva ad espropriare legittimando il procedimento, oggi prima si dispone il procedimento amministrativo di espropriazione, articolato per fasi definite, ovvero, si acquisisce il titolo, poi si effettua l’occupazione e si realizza l’opera. Al procedimento di garanzia si accompagnano i procedimenti tecnici di scelta e di localizzazione dell’opera che fanno da presupposto legittimante al momento espropriativo. In primo luogo, si torna a quanto detto al paragrafo 1, l’opera da realizzare va localizzata secondo le previsioni di uno strumento urbanistico generale vigente. Inoltre, se la scelta adottata in sede di Prg / Puc non dovesse più rappresentare le reali esigenze: che l’opera pubblica pianificata (in senso urbanistico) non coincida più con l’opera programmata (in sede di programma dei lavori Pubblici) e l’amministrazione non sia più condizionata da rigide scelte, il T.U. amplia la tipologia degli atti capaci di derogare alle previsioni di Prg.; si veda l’art. 10, il quale dispone che l’organizzazione giuridica del territorio non si articola solo in strumenti urbanistici tipici e nominati, ma in qualsiasi strumento di organizzazione capace di produrre una variante al Prg.

Cade il principio della gerarchia dei piani e si afferma il principio della prevalenza del progetto sul Prg.

Ma vediamo quante tipologie di varianti il nostro ordinamento contempla e quali sono prevalenti rispetto alla normativa particolare regionale.

3. Diverse tipologie di varianti prevalenti.

Segue: a) la dovuta comunicazione ai soggetti interessati dall’esproprio; b) l’obbligo motivazionale.

La normativa modificatrice di quella previdente di cui si è appena fatto cenno porta a dar vita ad altri svariati  procedimenti di variante (prevalenti rispetto alla normativa regionale di cui si dirà in seguito), quello ordinario, e quelli, numerosi, semplificati, per cui la normativa regionale non può che raccordarsi a quella generale circa i vincoli preordinai all’esproprio e derivanti dall’approvazione dei strumenti urbanistici.

Il procedimento ordinario di variante è quello, che richiede tempi lunghi, che si svolge secondo le stesse regole di formazione dello strumento urbanistico generale oggi Puc: vale a dire, adozione della variante da parte del Consiglio comunale, e approvazione di essa da parte della Regione oggi Provincia.

I procedimenti di variante semplificata, per limitare qui l’esame solo alle opere pubbliche ordinarie, sono i seguenti:

— art. 9 comma 5 T.U. n. 327 del 2001;

— art. 10 T.U. n. 327 del 2001;

—  art. 19 T.U. n. 327 del 2001;

—  art. 38 bis legge n. 109 del 1994, introdotto dalla legge n. 166 del 2002.

Ø L’art. 9 comma 5, T.U. n. 327 del 2001. L’art. contempla un peculiare procedimento, semplificato, per realizzare, come si è più volte sopra indicato, sulle aree soggette a vincolo preordinato all’espropriazione opere pubbliche (o anche di pubblica utilità) diverse da quelle originariamente previste dal piano.

Si tratta, in sostanza, di una procedura di variante semplificata dello strumento urbanistico, in cui l’approvazione della Provincia si forma con un meccanismo di silenzio-assenso.

La semplificazione si giustifica perché non si tratta di assoggettare per la prima volta una area a localizzazione di opera pubblica e dunque vincolo espropriativo, bensì di realizzare su area già vincolata una opera pubblica diversa da quella originariamente programmata. Dispone, in particolare, l’art. 9 comma 5: “Nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all’esproprio, il Consiglio comunale può motivatamente disporre o autorizzare che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale. In tal caso, se la Regione o l’Ente da questa delegato all’approvazione del piano urbanistico generale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del Consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l’efficacia”.

Ø La variante di cui all’art. 10 T.U. n. 327 del 2001. — Dispone l’art. 10 comma 1 T.U. n. 327 del 2001, che “1. Se la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, il vincolo preordinato all’esproprio può essere disposto, ove espressamente se ne dia atto, su richiesta dell’interessato ai sensi dell’art. 14 comma 4 della L. 7 agosto 1990 n. 241, ovvero su iniziativa dell’Amministrazione competente all’approvazione del progetto, mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico”.

In via transitoria, dispone il comma 3 del medesimo art. 10, che “Per le opere per le quali sia già intervenuto, in conformità alla normativa vigente, uno dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 prima della data di entrata in vigore del presente testo unico, il vincolo si intende apposto, anche qualora non ne sia stato dato esplicitamente atto”.

La norma in commento è di rinvio ad altre norme vigenti, che attribuiscano l’effetto di variante ad un atto quale conferenza di servizi, o accordo di programma, o atto di pianificazione territoriale.

Invero, la conferenza di servizi o l’accordo di programma, consentendo la partecipazione di tutte le Amministrazioni interessate, consentono l’acquisizione dell’assenso dell’Amministrazione regionale, senza il complesso procedimento di approvazione della variante adottata.

Un altro atto da cui, secondo l’art. 10 comma 1, può derivare l’effetto di variante è la conferenza di servizi.

Tra i molteplici casi di conferenza di servizi contemplata dall’ordinamento, si ricorda in questa sede la conferenza di cui all’art. 3 D.P.R. 18 aprile 1994 n. 383, per la localizzazione di opere statali o di interesse statale difformi dagli strumenti urbanistici.

Nell’esegesi dell’art. 10, T.U. espropriazioni, va sottolineato che gli atti menzionati sono fonte di vincolo preordinato all’esproprio solo se nel corpo degli atti medesimi “espressamente se ne dia atto”.

Scopo della norma è quello di responsabilizzare l’Amministrazione circa l’effetto del sorgere del vincolo e dell’inizio della decorrenza del termine di durata quinquennale, e quello di rendere edotti gli interessati della nascita del vincolo.

Ø La variante di cui all’art. 19 T.U. n. 327 del 2001. L’art. 19 commi 2 e seguenti, a sua volta, contempla un procedimento in cui l’approvazione da parte del Consiglio comunale del progetto preliminare o definitivo equivale ad adozione della variante, mentre la fase dell’approvazione regionale / provinciale si svolge con un meccanismo di silenzio assenso.

Come nella variante di cui all’art. 9 comma 5, anche in quella di cui all’art. 19, il silenzio assenso regionale si forma se la Regione non manifesta il suo dissenso entro novanta giorni dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa, completa, documentazione.

Anche in tale fattispecie, l’efficacia della variante non è collegata di per sé alla formazione del silenzio assenso regionale, ma ad una successiva delibera del Consiglio comunale, che disponga l’efficacia della variante.

Per le opere che non sono di competenza comunale, e che dunque non compete al Consiglio comunale approvare, è previsto che il progetto (preliminare o definitivo) è trasmesso al Consiglio comunale, che ha il potere discrezionale di disporre l’adozione di una variante in conformità dello strumento urbanistico.

Conviene, confrontare il testo dell’art. 19 commi 2 e seguenti con l’art. 10.

L’art. 10 comma 2 T.U. n. 327 del 2001, avverte che quando l’opera non è contemplata nel vigente strumento urbanistico, “2. Il vincolo può essere altresì disposto, dandosene espressamente atto, con il ricorso alla variante semplificata al piano urbanistico da realizzare, anche su richiesta dell’interessato, con le modalità e secondo le procedure di cui all’art. 19 commi 2 e seguenti”.

L’articolo recepisce alcuni principi affermati in giurisprudenza infatti già in passato si èra statuito in più occasioni che: anche nel caso di dichiarazione di P.U. per implicito, attraverso l’approvazione del progetto di opere pubbliche, sussiste l’obbligo per la P.A. di dare comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7, L. n. 241/1990 (Cons. di Stato,Ad. Plen., 24 gennaio 2000, n. 2; Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 1997, n. 1326). Tale principio venne ripreso dalle modifiche apportate dalle Bassanini del 1998 all’art. 1, 4° e 5° co, L. n. 1/78, di cui si è discusso.

Con la previsione dell’art. 19 T.U., se l’opera da realizzare non dovesse essere più conforme alle previsioni urbanistiche, l’atto di approvazione del progetto definitivo da parte del Consiglio comunale costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico. Un nuovo procedimento di garanzia, tipico del procedimento di approvazione di variante al Prg, viene introdotto, ai sensi dell’art. 19 co. 3, l’apposizione del vincolo si intenderà pienamente operativo solo allorquando diventa efficace la delibera di approvazione della variante al Prg (o agli atti diversi dai piani urbanistici generali di cui all’art. 10), ovvero, nel senso che, in sede di approvazione, se la regione / provincia non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, la variante risulta approvata (salva la ulteriore delibera consiliare che con atto successivo dispone l’efficacia della variante stessa).

La novità sta nello snellimento della fase di approvazione.

Ø La variante di cui all’art. 38 bis legge n. 109 del 1994, introdotto dalla legge n. 166 del 2002. Oltre alla disciplina generale, valevole per la totalità delle opere pubbliche, una disciplina speciale è dettata per la localizzazione e dichiarazione di pubblica utilità delle opere pubbliche di cui all’art. 14 commi 6 e 8 L. 11 febbraio 1994 n. 109 (legge quadro sui lavori pubblici): “…I progetti dei lavori degli Enti locali ricompresi nell’elenco annuale devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti o adottati”. Quindi il vincolo preordinato all’esproprio sorge per effetto dell’approvazione definitiva dello strumento urbanistico generale.

Dispone, infatti, l’art. 9 T.U. n. 327 del 2001: “Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità”.

In aggiunta ai seguenti procedimenti di variante sussiste a carico dell’amministrazione un procedimento di garanzia.

a) Sussistenza di un obbligo di avvio procedimentale:

Perché un piano possa introdurre vincoli preordinati all’esproprio o comunque attraverso una variante porre attenzione circa una situazione mutata, la previsione non sarà legittima se non dopo che si è data ampia partecipazione del privato nelle forme tipiche. L’art. 11 del T.U. delle espropriazioni stabilisce la partecipazione degli interessati: Al proprietario, del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio, va inviato l'avviso dell'avvio del procedimento:

1.             in caso di un variante allo strumento generale per la realizzazione di una singola opera pubblica (entro il termine perentorio di 20 giorni che precedono la delibera consiliare);

2.             nel caso della conferenza di servizi o dell’accordo di programma o dell’intesa, quali atti diversi dai piani regolatori generali e destinati a preordinare i vincoli.

Sarà sempre necessaria la comunicazione di avvio del procedimento nel caso di dichiarazione di pubblica utilità perché frutto di scelte assolutamente discrezionali: di qui una partecipazione del privato, necessaria perché potenzialmente incidente o condizionante la determinazione discrezionale, viceversa per l’occupazione preliminare essendo ormai una mera attuazione di scelte decisionali già consolidate, la partecipazione non sarà necessaria perché improduttiva per mancanza di un senso collaborativo.

b) sussistenza di un inderogabile obbligo motivazionale:

il Cons. di Stato, sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7771 (la massima riguarda diverse pronunce sullo stesso argomento, ove tutte si rifanno agli stessi principi di cui si discute in questa sede) ha ripetutamente statuito che: la variante di un piano regolatore generale che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate necessita di apposita motivazione solo quando le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto, nel senso che deve trattarsi di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un vincolo scaduto.

Le scelte di ordine urbanistico sono riservate alla discrezionalità dell' Amministrazione, alla quale compete il coordinamento di quelle che nella concreta realtà si presentano in modo articolato; pertanto, nell' adozione di un atto di programmazione territoriale avente rilevanza generale, l'Amministrazione non è tenuta a dare specifica motivazione delle singole scelte operate, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano (ex multis Cons. di Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2827; Cons. Stato, IV Sez., 22 maggio 2000 n. 2934, in Cons. Stato 2000, I, 1304).

Lo stesso Cons. di Stato, sez. IV, 23 marzo 2000, n. 1561, ha statuito che: stante la sostanziale identità tra il piano regolatore generale e il programma di fabbricazione, la mancata adozione da parte del Comune del piano regolatore generale, anche quando tale obbligo discenda direttamente dalla legge, non impedisce di adottare una variante al vigente piano di fabbricazione, qualora ciò sia necessario ma l'approvazione di una variante allo strumento urbanistico vigente necessita di una puntuale e specifica motivazione allorquando la variante stessa incida su un determinato fondo (sulla equivalenza fra Prg e p.d.f., cfr. Corte cost. 20 marzo 1978 n. 23 e Cons. Stato, Ap., 8 luglio 1980 n. 28, in “Il Consiglio di Stato” 1978, II, 279, e 1980, I, 828, nonché IV Sez. 17 luglio 1996 n. 860, ivi 1996, I, 1111).

Altre sentenze fanno riferimento al fatto che la motivazione nel caso di variante parziale è adeguata quando fa riferimento alle (situazioni sopravvenute).

Dal 1995, la giurisprudenza aveva individuato con precisione cosa dovesse essere inteso per “situazioni sopravvenute), infatti per ragioni sopravvenute, il TAR Calabria sentenza del 1995, n. 297, statuiva che: va inteso il verificarsi di circostanze non esistenti all’epoca della redazione del piano e ogni diversa giustificata valutazione dei fatti o situazioni non considerati dal piano, ovvero considerati in maniera palesatasi, imperfetta o insufficiente.

È naturale che il Comune ha facoltà, ampiamente discrezionale, di modificare con apposita variante le precedenti previsioni urbanistiche senza obbligo di motivazione specifica ed analitica per le singole zone innovate, ma ciò è possibile: purché fornisca una indicazione congrua delle diverse esigenze che ha dovuto affrontare, e a patto che le condizioni predisposte in funzione del loro soddisfacimento siano coerenti con i criteri d’ordine tecnico-urbanistico stabili per la formazione del Prg (Cons. di Stato, 13 febbraio 1995, n. 741; Procedendo a ritroso, il Tar Marche Ancona, 18 marzo 1985, n. 89, il Comune ha piena discrezionalità di rivedere le previsioni urbanistiche in sede di disciplina del proprio territorio, ma tale potere si arresta di fronte all' utilizzazione già realizzata od in atto sulla base di regolare licenza edilizia rilasciata secondo il vigente strumento urbanistico; pertanto, ove siano stati ingenerati precisi affidamenti sulla edificabilità del proprietario dell' area, sulla base di previgenti prescrizioni, è illegittima la variante che modifica quelle previsioni senza una circostanziata motivazione sulle particolari ragioni di pubblico interesse che hanno reso necessario incidere sulle posizioni giuridiche del privato costituitesi con l'avallo dell'Amministrazione, e senza una congrua comparazione tra i vari interessi in conflitto (Cons. Stato, IV Sez., 13 aprile 1984 n. 243, in Cons. Stato 1984, I, 386; infine, Cons. Stato, Ap., 15 settembre 1999 n. 14, in Cons. Stato 1999, I, 1297, chiarisce che: l’art. 1 comma 5 L. 3 gennaio 1978 n. 1 prevede che la variante urbanistica implicita venga approvata con le modalità previste dagli artt. 1 e segg. L. 18 aprile 1962 n. 167; pertanto, la variante stessa entra in vigore con l' approvazione regionale, ed è solo in quel momento che la modifica della destinazione urbanistica dei suoli interessati acquista efficacia, mentre la sola adozione della variante non è idonea a far conseguire gli effetti di dichiarazione di pubblica utilità del progetto dell' opera approvata, né a sorreggere gli ulteriori atti della procedura ablativa, quale il decreto di occupazione d' urgenza.

L'obbligo di dare la comunicazione dell'avvio del procedimento sussiste anche in caso di dichiarazione di pubblica utilità, posto che questa non è un subprocedimento espropriativo ma un procedimento autonomo, che si conclude con un atto provvedimentale, autonomamente lesivo.

Restando al tema delle varianti parziali il Cons. di Stato ha da sempre ritenuto che: sono varianti parziali tutte quelle che comprendono modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione ovvero che non incidono sui criteri informatori del piano stesso.

Tali incombenti prima richiamati non sussistono per le cosiddette varianti generali del Prg, esse costituiscono veri e propri nuovi Prg, in quanto, sempre secondo il Consiglio di Stato “le scelte urbanistiche per la disciplina del territorio comunale se considerate nella loro globalità”, come nel caso di variante generale, “non comportano alcun altra motivazione, oltre quella che si possono evincere da criteri di ordine tecnico urbanistico seguiti per la redazione del progetto; per tanto una variante generale non ha bisogno di specifiche motivazioni, quanto alle singole destinazioni di zona (Cons. di Stato, sez. IV, 27 luglio 1994, n. 636).

Infine, nella sua Adunanza Generale del 4 e 29 marzo 2001, il Cons. di Stato, Parere sul nuovo T.U. delle espropriazioni, precisa che: in materia di espropriazione per pubblica utilità, l'imposizione del vincolo preordinato all' esproprio attiene alla programmazione urbanistica e può realizzarsi con lo strumento urbanistico generale (piano regolatore, programma di fabbricazione ) o una sua variante, oppure con un atto di natura equivalente (accordo di programma, intesa, atto adottato in conferenza di servizi, programma dei lavori pubblici); mentre per la variante generale ad un piano urbanistico non occorre la trasmissione al proprietario dell' area da espropriare della comunicazione di avvio del procedimento, in caso di variante per la realizzazione di una singola opera pubblica tale avviso va inviato, in coerenza coi principi generali sul procedimento amministrativo.

4. Varianti previste dalla L. R. 16/04.

La normativa regionale campana disciplina in modo autonomo i procedimenti di variante a rispettivi Ptr, Ptcp e Puc. Naturalmente le varianti speciali di cui si è discusso prima essendo prevalenti per disposizioni di legge statale sono consentite secondo la propria disciplina (nel caso in cui si dovesse trattare di un opera riguardante un’amministrazione statale), altrimenti gli Enti locali una volta dotati dei propri strumenti urbanistici dovranno seguire le relative procedure previste dagli artt. 16, 21 e 24 L. R. Campania n. 16/04.

Per le varianti (i cui termini di approvazione risultano sempre dimezzati), al piano territoriale regionale è previsto che: “ art. 16, le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Ptr sono sottoposte al procedimento di formazione di cui all’articolo 15, con i termini ridotti della metà”.

Una volta adottata la variante i termini risultano essere di trenta giorni per la pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione Campania.

Entro i trenta giorni successivi alla conclusione della conferenza di pianificazione (se si dovesse rendere necessaria una conferenza di servizi), la giunta regionale valuta le osservazioni e le proposte di modifica acquisite dalla conferenza, adotta la variante e la trasmette al consiglio regionale per l’approvazione.

La variante approvata è pubblicata sul bollettino ufficiale della regione Campania. Dell’avvenuta approvazione è data contestualmente notizia mediante avviso da pubblicarsi sulla gazzetta ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, la variante acquista efficacia.

“l’art. 16 prosegue … 2. Le variazioni tecniche degli elaborati del Ptr necessarie al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali immediatamente operative sono approvate con delibera di giunta regionale.

La giunta regionale, con cadenza quinquennale, e comunque entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio regionale, verifica lo stato di attuazione del Ptr e propone al consiglio le eventuali modifiche necessarie all’aggiornamento dello stesso”.

Per quanto concerne il procedimento di variante al Ptcp l’articolo 21 stabilisce che:

“Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Ptcp sono sottoposte al procedimento di formazione di cui all’articolo 20, con i termini ridotti della metà, ad eccezione dei termini di quindici giorni di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 20”.

Il procedimento risulta più articolato rispetto all’art. 15, ove i termini circa la conferenza di servizi co. 6 e 14 art. 20 non sono ridotti alla metà perché gia di trenta giorni. Inoltre è previsto un approfondimento di valutazioni delle osservazioni presentate dalle rappresentanze che hanno partecipato alla conferenza di servizio.

“La proposta di variante è depositata per quindici giorni presso la segreteria dell’amministrazione provinciale. Del deposito è data notizia con avviso pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania e su due quotidiani a diffusione regionale. Contemporaneamente alla pubblicazione la proposta è trasmessa ai comuni della provincia, agli enti locali e alle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali di livello provinciale, così come individuate con delibera di giunta regionale, che possono presentare osservazioni entro quindici giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 4.

Al fine di approfondire la valutazione delle osservazioni formulate ed elaborare le relative proposte di modifica allo schema di variante la giunta provinciale, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 5, indice una conferenza alla quale invita a partecipare i comuni della provincia, gli enti locali e le organizzazioni indicate al comma 5. La conferenza conclude i lavori entro trenta giorni dalla convocazione.

L’istruttoria tecnica è rimessa all’area generale di coordinamento governo del territorio presso la giunta regionale. La verifica di compatibilità è conclusa entro novanta giorni dalla data di ricezione del piano, corredato dagli allegati previsti dalla vigente normativa. Trascorso tale termine, la verifica di compatibilità si intende positivamente conclusa.

Se la verifica di compatibilità non ha avuto esito positivo, la Regione, nei quindici giorni successivi alla scadenza di cui al comma 8, convoca una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare il presidente della provincia, o un assessore delegato, e i dirigenti delle strutture regionali e provinciali competenti. La conferenza è presieduta dal presidente della regione o da un assessore delegato.

…Il Presidente della conferenza, se ne ravvisa l’opportunità, nel rispetto del principio di flessibilità di cui all’articolo 11 e nei limiti ivi indicati, trasmette la variante al consiglio regionale per la variazione del Ptr, limitatamente alle parti incompatibili con il piano approvato dalla provincia. Il consiglio regionale provvede entro quarantacinque giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine le proposte di variazione si intendono respinte”.

La giunta provinciale, con cadenza quinquennale, verifica lo stato di attuazione del Ptcp e propone al Consiglio le modifiche necessarie all’aggiornamento dello stesso.

Per le varianti al Puc l’articolo 24, stabilisce che:

La giunta comunale, predispone la proposta di variante. La proposta, è depositata presso la segreteria del comune e delle circoscrizioni.

Del deposito è data notizia sul bollettino ufficiale della regione Campania e su due quotidiani a diffusione provinciale.

Nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione chiunque può presentare osservazioni. Entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, il consiglio comunale esamina le osservazioni, adegua, la proposta ed adotta la variante.

La variante adottata è trasmessa alla provincia per la verifica di compatibilità con gli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati e di conformità con la normativa statale e regionale vigente.

La verifica è affidata all’assessorato provinciale competente nella materia dell’urbanistica, ed è conclusa entro quarantacinque giorni dalla data di ricezione della stessa variante, corredata di tutti gli allegati previsti dalla normativa vigente. Trascorso tale termine, la verifica si intende positivamente conclusa.

In caso di esito negativo della verifica, il Presidente della provincia, nei quindici giorni successivi alla scadenza di cui al comma 5, convoca una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare il sindaco, o un assessore da lui delegato, e i dirigenti delle strutture provinciali e comunali competenti. La conferenza è presieduta dal presidente della provincia o da un assessore da lui delegato.

La conferenza apporta, ove necessario, modifiche al Puc, al fine di renderlo compatibile con gli atti di pianificazione territoriale sovraordinati e conforme alla  normativa statale e regionale vigente. La conferenza conclude i lavori nel termine di trenta giorni dalla convocazione.

Il Presidente della conferenza, se ne ravvisa l’opportunità, e nel rispetto del principio di flessibilità di cui all’articolo 11 e nei limiti ivi indicati, trasmette il Puc al consiglio provinciale o al consiglio regionale per la eventuale variazione, rispettivamente, del Ptcp, del Ptr, dei Psr e dei Psp, nelle parti in cui sono incompatibili con il piano adottato dal comune a seguito della variante. Il consiglio provinciale e il consiglio regionale provvedono entro quindici giorni dalla trasmissione degli atti. Decorso tale termine, le proposte di variazione si intendono respinte.

Nelle ipotesi di cui al comma 8, il termine di trenta giorni per la conclusione dei lavori della conferenza di cui al comma 6 rimane sospeso.

Gli esiti della conferenza di cui al comma 6 sono ratificati dal consiglio comunale entro dieci giorni dalla loro comunicazione, pena la decadenza dei relativi atti.

Il Puc e la sua variante è approvato con decreto del presidente della provincia, previa delibera di giunta provinciale, ed è pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania. Della pubblicazione è data notizia mediante avviso su due quotidiani a diffusione provinciale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Puc entra in vigore ed acquista efficacia a tempo indeterminato.

Le disposizioni di cui al comma 12 si applicano anche alle varianti di adeguamento del Puc, agli strumenti di pianificazione paesaggistica previsti dal decreto legislativo 42/04, articolo 145, comma 5. Le proposte di variante sono trasmesse alla competente soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio, che esprime il parere entro il termine stabilito per l’adozione delle varianti stesse.

Altra procedura di variante è prevista dall’art. 12 che tratta degli accordi di programma che comportano la variazione degli strumenti pianificazione, anche di portata sovracomunale, l’avviso di convocazione della conferenza di servizi è affisso all’albo pretorio del comune o dei comuni interessati dalle opere, dagli interventi o dai programmi di intervento, ed è pubblicato su due quotidiani a diffusione regionale e sul sito internet della regione.

L’avviso di convocazione della conferenza è trasmesso per conoscenza ai proprietari interessati dall’intervento, se in numero inferiore a cinquanta.

Acquisita l’approvazione della conferenza, l’accordo è sottoscritto dai rappresentanti, o dai loro delegati, dei soggetti di cui al comma 1 ed è approvato con decreto del presidente della giunta regionale pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Campania.

L’approvazione dell’accordo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste, produce gli effetti dell’intesa di cui al D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, articolo 81, e al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, e determina le conseguenti variazioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, anche settoriali, comunali e sovracomunali. La dichiarazione di pubblica utilità cessa di avere efficacia se le opere non hanno inizio entro cinque anni dalla data di approvazione dell’accordo.

Le variazioni degli strumenti di pianificazione di cui al comma 13 sono ratificate entro trenta giorni, a pena di decadenza, dagli organi competenti all’approvazione delle stesse.

Infine, l’art. 45 relativo al regime transitorio prevede che le varianti ai Prg già adottate e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente, anche in ordine alla ripartizione delle competenze relative alla loro approvazione. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle varianti ai Prg già adottate al momento dell’entrata in vigore della presente legge.

                                         

      

Bibliografia essenziale

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Cassetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2001.

Maruotti, Commento all’art. 19 T.U. n. 327 del 2001.

Di Mario, La partecipazione al procedimento di imposizione del vincolo espropriativo, in Urb. e app. 2004, 873-886.

I. Franco, Strumenti di tutela del privato nei confronti della pubblica amministrazione, Padova,1999.