I. La ristrutturazione edilizia

L’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, qualifica  gli “interventi di ristrutturazione edilizia” quelli volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Secondo la giurisprudenza anteriore al nuovo testo unico sull’edilizia, il concetto di ristrutturazione edilizia, come qualificato dall’art. 31 comma 1 lett. d) della L. 5 agosto 1978 n. 457, comprende anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, con l’unica condizione che la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto, con la conseguente possibilità di pervenire, in tal modo, ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, purché la diversità non dia luogo alla realizzazione di nuovi volumi o ad una diversa ubicazione.(1)

Acquisizioni giurisprudenziali recpite anche nel  T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia l’art 3 comma I lett d) del predetto testo Unico ricomprende esplicitamente anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione, purché ciò avvenga con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. Quindi si conferma anche nel nuovo testo sull’edilizia che la demolizione e ricostruzione è classificabile come ristrutturazione solo a condizione del mantenimento delle caratteristiche planovolumetriche dell’edificio da ricostruire (2)

Per converso, la lett.e) del medesimo articolo classifica come “interventi di nuova costruzione” quelli di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti, procedendo quindi ad una elencazione per tipologie edilizie(cfr. dec. cit.).

L’’art. 10 individua gli interventi subordinati al ”permesso di costruire” (già concessione edilizia) ricomprendendo in essi: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle

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(1) Cons. St., V sez., n. 476/04

     Cons. St. n. 5310/03

    Cons. di St.  n, 4593/03

    Cons. di  St., II Sez., n. 2687/04

 (2) Cons. di St. 2687/04

     Cons. di St. V sez., n. 1246 del 2001

zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso (3).

Ciò che le disposizioni citate non prevedono è il limite in cui possono essere effettuate le modifiche del nuovo fabbricato affinché questo sia compatibile con il criterio di ristrutturazione, senza debordare nella nuova costruzione diversa dalla precedente e come tale soggetta a valutazione alla luce degli strumenti urbanistici vigenti al momento del rilascio del titolo (4).

II.  Modifiche al nuovo fabbricato compatibili con il criterio di ristrutturazione

La problematica delle modifiche ad un nuovo fabbricato in ristrutturazione edilizia riveste una importanza particolare per la diversa ammissibilità di una ristrutturazione rispetto ad una nuova edificazione.

Il Consiglio di Stato, recentemente, ha affermato che la modifica del precedente manufatto deve essere tale da non alterare la sua compatibilità con lo strumento in vigore al momento della demolizione (5).

Nell’ipotesi di ristrutturazione edilizia, trattandosi di interventi su edifici, non occorre che vi sia la perfetta conformità con il piano regolatore generale e ciò in ragione del fatto che la successione nel tempo degli strumenti urbanistici non può interferire sulla legittimità delle opere eseguite in precedenza e con il diritto del proprietario di eseguire quelle opere funzionali al mantenimento e alla conservazione dell’edificio stesso, nonché a renderlo compatibile con le esigenze eventualmente sopravvenute.

Pertanto la natura di per sé sfumata del concetto di compatibilità dovrebbe essere resa più certa dalla previsione, in sede regionale, dei limiti specifici della ristrutturazione e ciò in quanto, ove si ricada nell’ipotesi di nuova

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(3) Secondo una costante interpretazione della disposizione all’epoca vigente – l’art. 31, comma 1, lett. d), della l. 5 agosto 1978, n. 457 –, il concetto di ristrutturazione edilizia è comprensivo anche della demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, ma la ricostruzione deve assicurare la piena conformità di volume, sagoma e superficie tra vecchio e nuovo fabbricato (V Sez. 18 dicembre 1997, n. 1581; 24 febbraio 1999, n. 197; 28 marzo 1998, n. 369; 9

edificazione, deve sussistere necessariamente la conformità con lo strumento urbanistico, con la conseguenza che l’edificio oggetto dell’intervento dovrebbe essere adeguato alle prescrizioni vigenti al tempo dell’intervento medesimo (6).

III. Ristrutturazione edilizia nel caso di vincolo di rispetto stradale del P.R.G.

La problematica relativa alla successione nel tempo degli strumenti urbanistici soventemente si ripropone in caso di ristrutturazione per un edificio che in base ai lievi scostamenti volumetrici si trovi ad invadere un vincolo di rispetto stradale per strada di progetto.

E' noto, infatti, che l'art. 32 comma 2 D.P.R. 380/01, consente la sanatoria, tra le altre ipotesi, delle opere abusive «in contrasto con le norme del D.M. 1 aprile 1968... sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico » (lett. c), quando esse siano «... insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione…».

Occorre rammentare che il vincolo di inedificabilità inerente la costruzione dell'opera edilizia nella fascia di rispetto stradale, in violazione delle disposizioni del d.m. 1 aprile 1968 n. 1404, ha natura « relativa » o « assoluta », ai fini della sanatoria edilizia, a condizione che il manufatto sia stato realizzato, rispettivamente, prima o dopo l'imposizione del medesimo, dovendosi ammettere solo nel primo caso la possibilità di sanatoria, previa acquisizione del parere previsto dall'art. 32 legge cit., che resta invece esclusa nella seconda ipotesi, ai sensi del successivo art. 33 comma 1 lett. d) (7). Ancora si è statuito che il vincolo di rispetto stradale di cui al D.M. 1 aprile 1968 n. 1404, previsto dall'art. 33 L. 28 febbraio 1985 n. 47, a differenza di quello di inedificabilità relativa previsto dall' articolo 32 legge n. 47 del 1985 cit., che può essere rimosso a discrezione

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ottobre 2002, n. 5410; 8 agosto 2003, n. 4593; 18 settembre 2003, n. 5310; IV Sez. 30 giugno 1998, n. 994, VI Sez. 7 agosto 2003, n. 4568). La ristrutturazione, in sintesi, non può comportare, secondo la norma in esame, un’alterazione della tipologia edilizia e della volumetria preesistenti.

(4) Cons. di St.  n. 5867/04

(5) Cons. di Stato IV sez. n. 5792/06. La recente giurisprudenza del Consiglio di

dell'Autorità preposta alla cura dell' interesse tutelato, contiene un divieto di edificazione di carattere assoluto che comporta la non sanabilità dell'opera abusiva realizzata dopo la sua imposizione, trattandosi di vincolo per sua natura incompatibile con ogni manufatto (8).

IV. Perimetro interno ed esterno al centro abitato: problematiche connesse all’esatta applicazione delle norme del T.U. Edilizia

Una ulteriore problematica si può incontrare nel caso in cui la futura ristrutturazione dovrà avvenire all’interno del perimetro del centro abitato e insista il vincolo di rispetto stradale per strada di progetto non ancora realizzata.

In tal caso il vincolo sussiste o meno asseconda se siano trascorsi i cinque anni dall’approvazione dello stesso, ovvero, nel caso in cui non sono trascorsi ancora i termini di decadenza troveranno applicazione alternativamente l’art. 4 D.M. 1 aprile 1968 n. 1404 (esterno del perimetro abitato) o l’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 (interno del detto perimetro), nonché, la richiamata ristrutturazione, dovrà rivestire, tout court i caratteri di cui all’art. 3, co. 1, Lett. d) del D.P.R. 380/01.

Più complessa risulta la disciplina in caso di vincolo ultraquinquennale in cui la zona diviene libera da ogni disciplina (c.d. zona bianca), ove secondo la normativa novellata pare che la ristrutturazione debba essere totalmente esclusa se l’immobile ricade nel perimetro del centro abitato.

Nella normativa previgente il D.P.R. 380/01, poteva trovare applicazione l'art. 17, L. 765/67 che modificava l'art. 41 quinquies della L. 1150/42. Tale normativa è stata abrogata dall'art. 136, comma 2, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi dell'art. 3, d.l. 20 giugno 2002, n. 122, conv., con modificazioni, in l. 1° agosto 2002, n. 185.

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Stato ha, altresì, chiarito che la ricostruzione (dopo la demolizione) di un immobile diverso per volumi o anche solo per la sagoma (a parità di volumi) dall’immobile preesistente comporta la realizzazione di un immobile nuovo con l’applicazione della disciplina urbanistica prevista per le nuove edificazioni e delle conseguenti limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio del titolo autorizzativi) (V. anche, Sez., dec. n. 5867/04)

(6)  Cons. di Stat., sez. IV, 16 marzo 2007, n. 1276

Attualmente trova applicazione l'art. 9 co. 1 lett. a) del D.P.R. 380/01, ai sensi del quale: “Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;...” (9)

Con chiara esclusione degli interventi di ristrutturazione edilizia.

Un intervento di nuova costruzione o ristrutturazione è ammesso dall'art. 9 citato alla lettera b): “b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà”.

Infatti, il legislatore con il nuovo D.P.R. ha inteso dettare una (restrittiva) disciplina ex lege per tutte le ipotesi in cui il territorio comunale risulti, in tutto o in parte, privo di pianificazione e poiché la normativa indicata presuppone prescrizioni diverse a seconda che le aree ricadano dentro o fuori il centro abitato, solo se l’area considerata è ricompresa nel “centro abitato”, risulta in particolare applicabile l’art. 9, comma 1, lett. a) T.U. n. 380 cit., che, in sostanza, impedisce nuove edificazioni, consentendo solo limitati interventi specificamente indicati.

Viceversa, qualora l’area sia “all’esterno dei centri abitati” (come si esprime l’art. 9, lett. b), ovvero “fuori dal perimetro dei centri abitati” saranno consentite, sussistendone tutti presupposti in fatto e in diritto, limitate, ma nuove, realizzazioni edilizie.

La giurisprudenza oculata non ha mancato di precisare in diverse occasioni che il regime di inedificabilità previsto, per le aree comprese nel perimetro del centro abitato è applicabile non solo al caso di

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(7) T.A.R. Puglia, Bari, 2 settembre 2002, n. 3801

     T.A.R. Salerno, 3 ottobre 1994 n. 528

     T.A.R. Latina 1 marzo 1994 n. 221

     T.A.R. Bari, II Sez., 18 febbraio 2000 n. 616, in Rassegna I TAR, 1994, I, 1367, e 2000, I, 205

(8) T.A.R. Toscana, Firenze, 12 febbraio 2003, n. 277

     T.A.R. Piemonte, 6 dicembre 2000, n. 1283, in Rassegna I TAR 2001, I, 552

     Cons. Stato, IV Sez., 5 luglio 2000, n. 3731, in Cons. Stato 2000, I, 1636

Comuni del tutto privi di strumenti urbanistici generali ma anche nell’ipotesi di piani urbanistici che abbiano solo in parte perduto la loro efficacia (cfr., al riguardo, T. A. R. Napoli, sez. I, 4 agosto 1994, n. 209).

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(9) D.P.R. 06 GIUGNO 2001, N. 380, Articolo 3 Definizioni degli interventi edilizi (vedi appendice)

APPENDICE

NORMATIVA

D.P.R. 06 GIUGNO 2001, N. 380

Articolo 3 (L) Definizioni degli interventi edilizi

(legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 31)

1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:

a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;

e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:

e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);

e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;

e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;

e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;

e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;

e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale;

e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;

f) gli "interventi di ristrutturazione urbanistica", quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.

2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall'articolo 34 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

Articolo 9 Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica - 1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;

b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.

2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo.

Articolo 10 - (Interventi subordinati a permesso di costruire) - 1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

a) gli interventi di nuova costruzione;

b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;

c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività.

3. Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione delle disposizioni regionali emanate ai sensi del presente comma non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44.

LEGGE 05 AGOSTO 1978, N. 457

Articolo 31 (Definizione degli interventi).

Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente sono così definiti:

a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti;

e) interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.

Le definizioni del presente articolo prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Restano ferme le disposizioni e le competenze previste dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni ed integrazioni.

Articolo 32 L. 47/85 Determinazione delle variazioni essenziali

(legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 8)

1. Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;

b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;

c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;

d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;

e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.

Articolo 32 (Opere costruite su aree sottoposte a vincolo).

Fatte salve le fattispecie previste dall'art. 33, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo, ivi comprese quelle ricadenti nei parchi nazionali e regionali, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela dal vincolo stesso. Qualora tale parere non venga reso dalle suddette amministrazioni entro centoventi giorni dalla domanda, si intende reso in senso negativo.

Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino:

a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell'art. 35;

b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purchè non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III, ove esistenti;

c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.

Qualora non si verifichino le condizioni di cui alle precedenti lettere, si applicano le disposizioni dell'art. 33.

Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell'ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l'uso del suolo su cui insiste la costruzione.

Per le costruzioni ricadenti in aree comprese fra quelle di cui all'art. 21 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria è subordinato alla acquisizione della proprietà dell'area stessa previo versamento del prezzo, che è determinato dall'ufficio tecnico erariale in rapporto al vantaggio derivante dall'incorporamento dell'area.

Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal capo I.

Articolo 33 L. 47/85 (Opere non suscettibili di sanatoria).

Le opere di cui all'art. 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse:

a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonchè dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;

b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;

c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;

d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.

Sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima.

Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal capo I.

Articolo 4, Decreto Ministeriale 1 aprile 1968 (in Gazz. Uff., 13 aprile, n. 96). - Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765. Norme per le distanze.

Le distanze da osservarsi nella edificazione a partire dal ciglio della strada e da misurarsi in proiezione orizzontale, sono così da stabilire:

strade di tipo A) - m. 60,00;

strade di tipo B) - m. 40,00;

strade di tipo C) - m. 30,00;

strade di tipo D) - m. 20,00.

A tali distanze minime va aggiunta la larghezza dovuta alla proiezione di eventuali scarpate o fossi e di fasce di espropriazione risultanti da progetti approvati.

Articolo 9 Decreto Ministeriale 2 aprile 1968 (in Gazz. Uff., 16 aprile, n. 97). - Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765. Limiti di distanza tra i fabbricati.

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto: la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.

Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;

ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;

ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.