Agenzia delle Entrate, circolare 2 marzo 2011, n. 8/E

Modalità di effettuazione delle ritenute alla fonte per le somme liquidate a seguito di procedure di pignoramento presso terzi. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 34755 del 03.03.2010. Chiarimenti.

Premessa

L’articolo 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, modificato dall’art. 15, comma 2, del DL 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, stabilisce che “Le disposizioni in materia di ritenute alla fonte previste nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, nonché l’articolo 11, commi 5, 6, e 9 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, devono intendersi applicabili anche nel caso in cui il pagamento sia eseguito mediante pignoramento anche presso terzi in base ad ordinanza di assegnazione, qualora il credito sia riferito a somme per le quali, ai sensi delle predette disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla fonte. In quest’ultima ipotesi , in caso di pagamento eseguito mediante pignoramento presso terzi, questi ultimi, se rivestono la qualifica di sostituti d'imposta ai sensi dell'articolo 23 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, devono operare all'atto del pagamento delle somme la ritenuta d’acconto nella misura del 20per cento, secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate”.

In sostanza, l’art. 15, comma 2, del D.L. 1 luglio del 2009, n. 78, integrando la disposizione di cui all’articolo 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ha specificato che, in caso di somme liquidate a seguito di procedure di pignoramento presso terzi, la ritenuta, ove prevista, deve essere effettuata dal soggetto erogatore che rivesta la qualità di sostituto di imposta, con un’aliquota pari al 20 per cento, rinviando, per le modalità di attuazione, alla emanazione di un successivo provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Detto provvedimento, emanato il 3 marzo 2010 (di seguito il Provvedimento), nel dare attuazione alla disposizione riportata, ha stabilito le modalità di effettuazione della ritenuta alla fonte e gli adempimenti da assolvere a cura dei soggetti interessati.

Con la presente Circolare si forniscono chiarimenti sulle questioni interpretative che potrebbero sorgere in fase di applicazione del suddetto provvedimento.

1. Ritenute alla fonte sui pagamenti effettuati a seguito di pignoramento presso terzi

1.1. Le somme pignorate presso terzi: riferimenti civilistici e processual-civilistici

Prima di entrare nel merito delle disposizioni di carattere fiscale previste dal Provvedimento, è utile introdurre alcuni concetti generali di natura civilistica e processual-civilistica.

In base all’art. 1173 del codice civile (di seguito c.c.), le obbligazioni possono derivare da contratto, da fatto illecito e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle secondo l’ordinamento giuridico (promesse unilaterali, titoli di credito, gestione di affari etc..).

L’art. 2740 del c.c. stabilisce che il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri, salve le limitazioni espressamente stabilite dalla legge.

Se l’adempimento dell’obbligazione non avviene spontaneamente da parte del debitore, il creditore, salvi i casi in cui possieda già un titolo esecutivo (ad es. un titolo cambiario), può agire in giudizio per la tutela dei propri diritti al fine di ottenere una pronuncia giurisdizionale che ne disponga l’adempimento.

In caso di pronuncia favorevole al creditore passata in giudicato, se il debitore non osserva il comando contenuto nella stessa, il creditore può intraprendere l’espropriazione forzata attraverso il pignoramento dei beni del debitore, ai sensi degli articoli 491 e seguenti del codice di procedura civile (di seguito c.p.c.).

Il pignoramento può riguardare beni immobili o mobili. Se ha ad oggetto beni mobili, può essere eseguito presso il debitore medesimo ovvero presso un terzo, a sua volta debitore del debitore; in quest’ultimo caso, a mente dell’art. 543 del c.p.c., il pignoramento può riguardare i crediti del debitore verso terzi o le cose del debitore che sono in possesso di terzi.

Tanto premesso, si osserva che, in base al citato art. 21, comma 15, della legge n. 449 del 1997, in caso di pignoramento presso terzi, le disposizioni sulle ritenute alla fonte devono essere applicate qualora il credito sia riferito a somme per le quali, ai sensi delle medesime disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla fonte.

1.2. Terzo erogatore tenuto ad effettuare la ritenuta

L’articolo 1, comma 1, del Provvedimento stabilisce che in caso di pagamenti effettuati a seguito di pignoramenti presso terzi, il terzo erogatore, ove rivesta la qualifica di sostituto d’imposta ai sensi degli articoli 23 e seguenti del DPR n. 600 del 1973, deve operare, all’atto del pagamento, una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dal creditore pignoratizio.

La norma ha previsto l’applicazione di una ritenuta in misura fissa al fine di mettere il terzo in condizione di effettuare l’adempimento senza dover svolgere indagini sulla tipologia del reddito erogato; l’esigenza di semplificazione, che risponde a quella dell’erario di dare effettiva attuazione al prelievo, comporta che il terzo non sia tenuto a svolgere indagini per verificare se le somme debbano o meno subire la ritenuta. Sarà, pertanto, onere del creditore dimostrare che le stesse attengono ad ipotesi per le quali la ritenuta non deve essere operata, restando inteso che altrimenti il terzo provvederà ad applicarla, come verrà precisato meglio nel paragrafo 1.3 della presente Circolare.

L’articolo 1, comma 2, del Provvedimento specifica che deve trattarsi di somme assoggettabili a ritenuta alla fonte in base alle disposizioni contenute nel titolo III del DPR n. 600 del 1973, nell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge n. 413/1991, nonché nell’art. 33, comma 4, del DPR n. 42/1988.

Pertanto, l’obbligo di effettuare la ritenuta da parte del terzo erogatore sorge quando sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

deve trattarsi di una somma per la quale deve essere operata una ritenuta alla fonte, ai sensi delle richiamate disposizioni;

il creditore pignoratizio deve essere un soggetto Irpef;

il terzo erogatore deve rivestire la qualifica di sostituto di imposta in base a quanto previsto dagli artt. 23 e seguenti del DPR 600/1973; deve, cioè, rientrare fra i soggetti cui la legge tassativamente conferisce l’obbligo di pagare le imposte in luogo d’altri, per fatti e situazioni a questi riferibili.

Il terzo erogatore ha l’obbligo di effettuare la ritenuta anche nell’ipotesi in cui il debitore pignorato non rivesta la qualifica di sostituto di imposta.

In altri termini, l’obbligo della ritenuta sorge per il fatto oggettivo che il credito sia riferito a somme per le quali le disposizioni fiscali prevedono l’applicazione di una ritenuta. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui un professionista vanti un credito nei confronti di un suo cliente (persona fisica non imprenditore) e instauri un giudizio per la soddisfazione di tale credito. Se la sentenza di condanna del cliente esita in una esecuzione forzata comportando il pignoramento delle somme giacenti su un conto corrente acceso dal cliente inadempiente presso un istituto di credito, quest’ultimo (terzo esecutato), rivestendo la qualità di sostituto di imposta in base alle richiamate disposizioni, è tenuto ad effettuare le ritenute sulle somme assegnate al professionista (creditore pignoratizio), anche se, in mancanza di esecuzione forzata, non sarebbe stato operato il prelievo alla fonte da parte del cliente (debitore), in quanto persona fisica non imprenditore.

1.3. Somme soggette a ritenuta da parte del terzo erogatore

L’art. 1, comma 1, del Provvedimento fa riferimento ad una ritenuta alla fonte a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. La ritenuta, pertanto, deve essere effettuata nei confronti dei creditori pignoratizi soggetti IRPEF e non anche nei confronti di enti e società soggetti IRES.

La precisazione, introdotta dal Provvedimento a fronte di una disposizione normativa che menziona genericamente l’obbligo di effettuare una ritenuta d’acconto, intende semplificare gli adempimenti del terzo erogatore in considerazione della marginalità delle ipotesi in cui i soggetti IRES (enti e società di capitali) subiscono ritenute alla fonte.

Pertanto, il terzo erogatore che corrisponda somme in favore di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle società di persone, non è tenuto ad effettuare la ritenuta alla fonte, fermo restando l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei sostituti di imposta i dati del percettore e l’ammontare delle somme erogate; quest’ultimo adempimento, infatti, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lett. d), del Provvedimento, è posto a carico dell’erogatore anche nei casi in cui egli non operi un prelievo alla fonte o perché il creditore pignoratizio non è un soggetto Irpef ovvero perché le somme erogate non hanno natura reddituale (salvo quanto si dirà in seguito in merito alle somme erogate agli Agenti della riscossione) o non scontano ritenute alla fonte in base alle disposizioni richiamate.

Nei confronti dei soggetti IRPEF, invece, ai sensi dell’articolo 1 del Provvedimento, il soggetto erogatore è tenuto ad operare la ritenuta d’acconto nella misura del 20 per cento sulle somme assoggettabili a ritenuta ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo III del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, nell’articolo 11, commi 5, 6 e 7 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 nonché nell’articolo 33, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42. Ne consegue che il prelievo alla fonte non deve essere effettuato se la somma non rientra fra quelle assoggettabili a ritenuta in base alle richiamate disposizioni.

Ad esempio, se il dipendente (creditore pignoratizio), in esecuzione di una sentenza di condanna del datore di lavoro (debitore) al pagamento di retribuzioni arretrate, ottiene il pignoramento delle somme giacenti su un conto corrente bancario del datore di lavoro, l’istituto bancario (terzo erogatore) sarà tenuto ad effettuare la ritenuta del 20 per cento all’atto del pagamento delle somme in favore del dipendente, trattandosi di redditi di lavoro dipendente, per i quali, a norma dell’art. 23 del DPR 600/73, è previsto il prelievo alla fonte.

Ugualmente, sarà tenuto ad operare la ritenuta il terzo che eroga ad un soggetto IRPEF utili o dividendi su partecipazioni sociali per i quali l’art. 27 del DPR n. 600 del 1973 prevede l’assoggettamento ad imposta mediante ritenuta alla fonte.

Ad analoghe conclusioni si perviene nel caso in cui il terzo eroghi somme di cui all’art. 11, commi 5 e 6, della legge n. 413 del 1991 (indennità di esproprio, occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitiva, ecc..) per le quali il successivo comma 7 ne prevede, all’atto della corresponsione, una ritenuta alla fonte nella misura del 20 per cento.

Viceversa, se il locatore di un immobile (creditore pignoratizio), in esecuzione di una sentenza di condanna del locatario (debitore) al pagamento di pigioni di affitto arretrate, riesce a pignorare lo stipendio dell’inquilino presso il suo datore di lavoro (terzo erogatore), quest’ultimo non deve effettuare alcuna ritenuta, in quanto i redditi di fabbricato non rientrano tra quelli che, ai sensi delle disposizioni enunciate, devono essere assoggettati a ritenuta alla fonte.

Analogamente, la ritenuta non andrà effettuata se il terzo eroga somme che costituiscono componenti positive del reddito d’impresa, ad eccezione delle ipotesi in cui anche per tale tipologia di reddito è previsto un prelievo alla fonte, come nel caso di provvigioni inerenti a rapporti di commissione (articolo 25-bis del DPR 600 del 1973) o di corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore (articolo. 25-ter del medesimo decreto).

La ritenuta non deve essere, altresì, operata se le somme siano erogate dal terzo a titolo di risarcimento di un danno emergente, che abbia, cioè, provocato una lesione effettiva e immediata al patrimonio del creditore pignoratizio (art. 6, co. 2, del Tuir).

Il Provvedimento non pone a carico del terzo obblighi di indagine in merito alla qualificazione reddituale delle somme, anzi, nel prevedere una ritenuta in misura fissa, presuppone che il terzo non sia normalmente a conoscenza della tipologia di reddito che sta erogando.

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Provvedimento, infatti, “Il terzo erogatore non effettua la ritenuta se è a conoscenza che il credito è riferibile a somme o valori diversi da quelli assoggettabili a ritenuta alla fonte……. ”.

In un’ottica di semplificazione e al fine di agevolare l’applicazione della ritenuta, il terzo è tenuto ad applicarla sempre, poiché la norma non pone a suo carico obblighi di accertamento.

Tenuto conto dell’esigenza di dare effettività alle condizioni richieste dalla norma e, in particolare, a quelle evidenziate nei punti 1 e 2 del precedente paragrafo 1.2, qualora il creditore pignoratizio attesti mediante dichiarazione da rendersi ai sensi degli artt. 47 e 76 del DPR n. 445 del 2000 l’insussistenza, in tutto o in parte, di tali condizioni, il terzo erogatore è esonerato dall’obbligo di operare la ritenuta. Con la suddetta dichiarazione, il creditore pignoratizio comunica al terzo anche l’ammontare eventualmente corrispondente all’imposta sul valore aggiunto che non deve essere assoggettato a ritenuta.

L’Amministrazione Finanziaria potrà riscontrare la correttezza di quanto dichiarato dal creditore pignoratizio atteso che il terzo erogatore è tenuto a indicare nel proprio modello 770 i dati relativi al pagamento effettuato anche nell’ipotesi in cui non abbia operato la ritenuta in argomento.

In caso di dichiarazione mendace, ferme restando le sanzioni penali, la circostanza che il creditore non indichi nella propria dichiarazione dei redditi le somme percepite, in sede di accertamento dovrà essere valutata come circostanza aggravante ai fini dell’applicazione delle correlate sanzioni.

Nel caso in cui la somma da erogare comprenda crediti di diversa natura, aventi rilevanza reddituale soltanto in parte, il terzo erogatore applicherà la ritenuta solo sulla parte imponibile che il creditore pignoratizio indica nella dichiarazione di cui sopra. Conseguentemente, il terzo erogatore sarà tenuto a indicare nella dichiarazione dei sostituti di imposta i vari importi corrisposti, specificando per quali di essi è stato effettuato il prelievo alla fonte e in che misura.

Se, per esempio, nella somma da corrispondere pari a 100 euro, sono compresi compensi per prestazioni di lavoro autonomo pari a 70 euro, imposta sul valore aggiunto pari a 14 euro (20per cento di 70) e spese anticipate dal professionista in nome e per conto del cliente pari a 16 euro, la ritenuta deve essere effettuata solo sui compensi, pari a 70 euro, in quanto le restanti somme non scontano prelievo fiscale.

Se, invece, nella somma da corrispondere, pari a 100 euro, sono compresi compensi per prestazioni di lavoro autonomo pari a 70 euro, imposta sul valore aggiunto pari a 14 euro e interessi moratori o dilatori pari a 16 euro, le ritenute devono essere applicate sui compensi, pari a 70 euro, e altresì sugli interessi, pari a 16 euro, posto che questi ultimi, a mente dell’art. 6, comma 2, del Tuir, costituiscono redditi della stessa natura di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati.

Infine, qualora dal provvedimento del giudice dovesse risultare che le somme da erogare sono già al netto di ogni ritenuta di legge, il terzo erogatore deve operare il prelievo alla fonte del 20 per cento, ricorrendone le condizioni, se il creditore non è in grado di dimostrare l’avvenuta effettuazione della ritenuta. Ad esempio, se l’ordinanza di assegnazione dispone che le somme (crediti di lavoro) pignorate dal dipendente (creditore pignoratizio) presso la banca (terzo pignorato) del datore di lavoro (debitore) sono già al netto delle ritenute di legge, il dipendente, per non subire l’ulteriore decurtazione del 20 per cento (ritenuta che deve applicare la banca/terzo pignorato), deve dimostrare che il datore di lavoro ha già applicato sulle retribuzioni per le quali è stato attivato il pignoramento le ritenute di cui all’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973.

Rimane fermo, in ogni caso, l’obbligo del terzo erogatore di riportare nel proprio modello 770 le somme erogate con indicazione o meno della avvenuta effettuazione della ritenuta del 20 per cento.

1.4. Doppia ritenuta

Le somme da corrispondere al creditore pignoratizio potrebbero scontare una ulteriore ritenuta rispetto a quella che il terzo erogatore è tenuto ad effettuare in base alla nuova disciplina (art. 21, comma 15, legge n. 449/1997). Come meglio avanti precisato, ciò si verifica, in particolare, nell’ipotesi in cui il terzo erogatore sia anche sostituto d’imposta nei confronti del debitore (per esempio, in qualità di suo datore di lavoro).

Bisogna osservare, infatti, che in caso di pignoramenti presso terzi, coesistono e rilevano due distinti rapporti obbligatori: quello fra il debitore e il creditore pignoratizio, che sfocia nella procedura esecutiva, e quello fra il debitore e il terzo erogatore, a sua volta debitore del primo, che giustifica l’esecuzione presso il terzo medesimo. I crediti oggetto di pignoramento, infatti, sono quelli che il debitore vanta nei confronti del terzo esecutato e che quest’ultimo estingue effettuando il pagamento, anziché nelle mani del proprio creditore (il debitore nel meccanismo del pignoramento), in quelle di un terzo soggetto (il creditore pignoratizio), con effetti liberatori nei confronti del primo (il debitore).

Ne consegue che la somma oggetto di pignoramento potrebbe avere una duplice rilevanza da un punto di vista fiscale ed obbligare il terzo esecutato ad un duplice prelievo alla fonte.

Si pensi all’ipotesi in cui un professionista vanti un credito nei confronti di un suo cliente e instauri un giudizio per la soddisfazione di tale credito. Se la sentenza di condanna del cliente esita in una esecuzione forzata comportando il pignoramento di una quota dello stipendio del cliente presso il suo datore di lavoro, quest’ultimo (terzo erogatore) sarà tenuto ad effettuare una duplice ritenuta alla fonte: quella relativa al reddito di lavoro dipendente in forza dell’art. 23 del DPR n. 600/1973 e quella di cui all’articolo 21, comma 15, della L. n. 449 del 1997, come modificato dall’art. 15, comma 2, del DL n. 78 del 2009.

In tali casi, se il pignoramento ha per oggetto somme considerate al netto della ritenuta relativa al reddito derivante dal rapporto intercorrente fra terzo erogatore e debitore (nell’esempio, quella relativa al reddito di lavoro dipendente), non si pongono particolari problemi, in quanto il terzo (che nell’esempio è anche datore di lavoro) dovrà operare la sola ritenuta ai sensi dell’art. 21, comma 15, della legge n. 449 del 1997, nel presupposto che abbia già operato la ritenuta ordinariamente prevista (nell’esempio, per il reddito di lavoro dipendente).

Particolari problemi potrebbero, invece, sorgere laddove il pignoramento abbia ad oggetto somme considerate al lordo della prima ritenuta, quella cioè, relativa, nell’esempio, al reddito di lavoro dipendente. In tal caso, infatti, posto che:

sulla base del provvedimento di assegnazione del giudice, il terzo è tenuto a corrispondere al creditore l’esatto ammontare delle somme assegnate, al netto della ritenuta prevista dalla nuova disposizione,

il terzo è comunque tenuto ad operare anche la ritenuta ordinariamente prevista per il reddito di lavoro dipendente, qualora le somme disponibili presso il terzo esecutato non siano sufficienti, in tutto o in parte, a garantire l’effettuazione di entrambe le ritenute, il debitore (sostituito) è obbligato a fornire al terzo erogatore (sostituto) le somme necessarie al versamento, fermo restando che il sostituto dovrà comunque versare le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non ha ancora provveduto al pagamento (Circ. n. 326 del 1997, paragrafo n. 3.2).

In tal modo è assicurato l’esatto adempimento da un lato dell’ordine contenuto nel provvedimento giurisdizionale, dall’altro delle disposizioni generali in materia di sostituzione d’imposta.

Peraltro, posto che in sede di espropriazione forzata, assume un ruolo fondamentale l’udienza in cui il terzo è chiamato a comparire e ad asseverare l’esistenza e l’ammontare del debito ai sensi dell’art. 547 del c.p.c., sarebbe opportuno che in detta sede il terzo esecutato rappresenti di essere il soggetto tenuto alla effettuazione anche del prelievo alla fonte in qualità di datore di lavoro, in modo che la somma che costituirà oggetto di pignoramento e di successiva assegnazione sia quella che residua al netto di tale prelievo.

2. Adempimenti a carico del terzo erogatore

Il Provvedimento, al fine di consentire le operazioni di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, prevede, a carico dei soggetti interessati, determinati adempimenti di certificazione, comunicazione e dichiarazione.

In particolare, l’art. 2 del Provvedimento prevede che il terzo erogatore:

operi e versi la ritenuta d’acconto del 20 per cento sulle somme pignorate utilizzando l’apposito codice tributo;

comunichi al debitore l’ammontare delle somme erogate al creditore pignoratizio e delle ritenute effettuate;

certifichi al creditore pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate entro i termini previsti dall’art. 4, comma 6-quater del DPR n. 322/1998;

indichi nella dichiarazione dei sostituti di imposta i dati relativi al debitore e al creditore pignoratizio, nonché le somme erogate e le ritenute effettuate. Detta indicazione deve essere effettuata anche se non sono state operate ritenute.

2.1. Misura e versamento della ritenuta

In relazione al punto n. 1, al fine di semplificare l’adempimento del terzo, è previsto che l’importo della ritenuta è sempre pari al 20 per cento e prescinde dalla categoria reddituale cui è riconducibile la somma erogata o parte di essa. Inoltre, il versamento della ritenuta deve essere eseguito entro il giorno 16 del mese successivo a quello di applicazione della ritenuta ai sensi degli artt. 8 del DPR n. 602/1973 e 18 del D.Lgs n. 241 del 1997, utilizzando il codice tributo n. 1049, istituito mediante Risoluzione n. 18/E del 9 marzo 2010.

Per le Amministrazioni dello Stato di cui all’art. 29, commi 1 e 3, del DPR n. 600 del 1973, che non utilizzano il Modello F-24 per il versamento delle ritenute, continueranno ad applicarsi le disposizioni specifiche relative al versamento della ritenuta diretta.

2.2. Comunicazione al debitore delle somme erogate al creditore pignoratizio

In relazione al punto n. 2, si fa presente che il Provvedimento non prevede particolari termini e formalità per la comunicazione che il terzo erogatore deve inviare al debitore.

Tuttavia, nonostante la mancata previsione di un termine di scadenza, si ritiene che la predetta comunicazione debba essere effettuata nei termini utili affinché il debitore possa riportare i dati nella propria dichiarazione di sostituto d’imposta. In tal modo il debitore può osservare tempestivamente l’adempimento posto a suo carico dal successivo articolo 4, comma 1, del Provvedimento e cioè indicare i dati relativi al creditore pignoratizio e alla natura delle somme oggetto del debito nella propria dichiarazione di sostituto d’imposta.

Si ritiene che i dati possano essere comunicati al debitore anche in un’unica volta in relazione all’intero periodo d’imposta per il quale deve essere presentata la dichiarazione dei sostituti d’imposta.

Per quanto concerne le modalità di trasmissione dei dati, in assenza di indicazioni al riguardo, si ritiene che gli stessi possano essere inviati in forma libera, anche mediante sistemi telematici, purchè se ne possa riscontrare l’avvenuto invio.

Con riferimento, infine, ai destinatari della predetta comunicazione, in caso di liquidazione, trasformazione, fusione, scissione o, se persona fisica, in caso di morte del debitore, i dati devono essere comunicati ai soggetti tenuti agli obblighi dichiarativi ai fini delle imposte sul reddito, in base alle disposizioni di cui agli artt. 5, 5-bis e 5-ter del DPR n. 322/1998.

La comunicazione, inoltre, deve essere effettuata anche nell’ipotesi in cui il debitore non rivesta la qualità di sostituto di imposta e nell’ipotesi in cui il terzo erogatore non abbia operato le ritenute.

2.3. Certificazione della ritenuta nei confronti del creditore pignoratizio

In relazione al punto n. 3, si osserva che l’obbligo di certificare al creditore pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate di cui questi deve tener conto in sede di dichiarazione, deve essere osservato entro l’ordinario termine del 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui le somme sono state corrisposte. La certificazione non è soggetta a particolari formalità e deve riportare le somme erogate e le ritenute effettuate.

Se le somme erogate costituiscono redditi di lavoro dipendente o assimilati, qualora il creditore pignoratizio (lavoratore dipendente o collaboratore) intenda chiedere al proprio attuale datore di lavoro di tenerne conto in sede di conguaglio, ai sensi dell’art. 23, comma 4, del DPR n. 600/1973, il terzo erogatore (ad es. la banca del datore di lavoro inadempiente) dovrà consegnare la predetta certificazione entro 12 giorni dalla richiesta da parte del creditore pignoratizio.

Se l’ordinanza di assegnazione del giudice è riferita a più creditori, il terzo erogatore dovrà rilasciare tante certificazioni quanti sono i destinatari del provvedimento di assegnazione. Così, ad esempio, se il difensore del creditore pignoratizio ha chiesto, in proprio e nella sua qualità di procuratore, l’esecuzione della sentenza di condanna del debitore al pagamento di somme sia nei confronti dell’assistito per i crediti a quest’ultimo riferiti, sia nei propri confronti per le spese distratte in suo favore, il terzo erogatore dovrà consegnare due distinte certificazioni: una al soggetto assistito, per le somme a costui riferibili, e l’altra al difensore, per le somme a costui riferibili; in tal caso, infatti, entrambi i soggetti assumono la veste di creditori pignoratizi.

Se nell’ordinanza non è specificata la misura dell’importo riferibile a ciascun creditore, in mancanza di puntuale indicazione da parte dei creditori interessati, mediante dichiarazione da rendere ai sensi del DPR n. 445 del 2000, il terzo erogatore provvederà ad imputare ai creditori le somme e le ritenute in parti uguali.

2.4. Obblighi dichiarativi del terzo erogatore in qualità di sostituto d’imposta

In relazione al punto n. 4, infine, il terzo erogatore deve indicare nella propria dichiarazione dei sostituti d’imposta (Modello 770) i dati relativi al debitore e al creditore pignoratizio, nonché le somme erogate e le ritenute effettuate. Detto adempimento deve essere effettuato anche se il terzo non ha applicato alcuna ritenuta, ad esempio perché le somme non hanno rilevanza reddituale.

Come detto, la necessità di espletare tale adempimento, a cura del terzo, anche in mancanza di ritenuta, consente all’amministrazione finanziaria di esercitare i dovuti controlli, anche incrociati, al fine di recuperare a tassazione eventuali imponibili non dichiarati dal creditore.

3. Adempimenti a carico del creditore pignoratizio

3.1. Indicazione delle somme nella dichiarazione dei redditi

L’art. 3 del Provvedimento stabilisce che “Il creditore pignoratizio è tenuto a indicare i redditi percepiti e le ritenute subite nella dichiarazione dei redditi anche se si tratta di redditi soggetti a tassazione separata, a ritenuta a titolo di imposta o a imposta sostitutiva”.

Come precisato nelle motivazioni del Provvedimento, nello spirito della norma che prevede in capo al terzo erogatore la effettuazione di una ritenuta alla fonte a titolo d’acconto nella misura del 20 per cento, la tassazione definitiva delle somme è affidata al creditore pignoratizio, anche nel caso in cui le somme erogate configurino redditi soggetti a tassazione separata, o soggetti a ritenuta a titolo di imposta o a imposta sostitutiva.

3.2. Scomputo delle ritenute

Le ritenute subìte dal creditore pignoratizio in forza del Provvedimento potranno essere scomputate dall’imposta risultante dalla dichiarazione. Al riguardo si osserva che se l’ammontare delle ritenute subìte è superiore all’imposta risultante dalla dichiarazione, il creditore pignoratizio avrà diritto, a sua scelta, di scomputare l’eccedenza dall’imposta relativa al periodo di imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi.

Naturalmente, in ipotesi di somme riferite a redditi di lavoro dipendente e assimilati, il creditore pignoratizio potrà richiedere al proprio datore di lavoro di tenerne conto in sede di conguaglio ai sensi dell’art. 23, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, consegnando la certificazione rilasciatagli dal terzo erogatore.

Inoltre, qualora le somme costituiscano reddito di impresa, già tassato secondo i principi di imputazione per competenza, e il terzo erogatore abbia operato la ritenuta, il creditore pignoratizio avrà diritto di scomputare le ritenute subite nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta in cui le somme pignorate sono erogate.

4. Adempimenti a carico del debitore

L’art. 4, comma 1, del Provvedimento stabilisce che “Il debitore tenuto alla presentazione della dichiarazione di cui all’art. 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, deve indicare i dati relativi al creditore pignoratizio e alla natura delle somme oggetto del debito”.

La riportata disposizione prevede che il debitore delle somme debba procedere alla indicazione dei dati relativi al creditore pignoratizio e al rapporto che ha dato origine alla controversia nella dichiarazione dei sostituti d’imposta.

La dichiarazione del debitore in relazione alla natura del debito costituisce un elemento significativo e di grande attendibilità, posto che, nei pignoramenti presso terzi, il debitore è senza dubbio il soggetto che più di ogni altro risulta in grado di fornire all’amministrazione finanziaria informazioni precise e dettagliate in merito alla natura delle somme debitorie al fine di verificarne, in sede di controllo, la corretta qualificazione fiscale.

Inoltre, l’art. 4, comma 2, del Provvedimento prevede che “Il debitore non è tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio, di cui agli articoli 23, 24 e 29, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in relazione alle somme corrisposte dal terzo erogatore”.

Ne consegue che, anche se le somme erogate dal terzo hanno natura di reddito di lavoro dipendente o assimilato, il debitore delle stesse non deve tenerne conto in sede di conguaglio. Occorre considerare, infatti, che il debitore potrebbe risultare estinto o non più operativo.

Nonostante non ricorra alcun obbligo in capo al debitore di effettuare operazioni di conguaglio, resta fermo quanto osservato nel paragrafo precedente in relazione alla possibilità del creditore pignoratizio di richiedere al debitore, ove operativo e sostituto di imposta, di tenerne conto in sede di conguaglio ai sensi del richiamato art. 23, comma 4, del DPR n. 600/1973, consegnando la certificazione rilasciatagli dal terzo erogatore.

5. Spese di lite distratte in favore del difensore del creditore pignoratizio

Con particolare riferimento alle spese di lite distratte in favore dell’avvocato del creditore pignoratizio si osserva che, anche qualora non ricorra l’ipotesi considerata nel paragrafo 2.3 in cui il difensore chiede il pignoramento oltre che nell’interesse del cliente anche nel proprio, le spese processuali distratte in favore del difensore del creditore pignoratizio per il giudizio di esecuzione sono anch’esse soggette alla ritenuta del 20 per cento in quanto indicate nell’ordinanza di assegnazione.

6. La tutela esecutiva azionata dall’agente della riscossione

Con riferimento alle procedure esecutive promosse dall’Agente della riscossione per il recupero dei crediti, si ritiene che non trovino applicazione le norme sul prelievo alla fonte dettate dal Provvedimento, esonerando il terzo erogatore dalla effettuazione di ogni adempimento.

Infatti, in considerazione della ratio che ispira la nuova disciplina, finalizzata al recupero di materia imponibile, evitando di affidarsi all’autotassazione del creditore pignoratizio, nelle suddette ipotesi tale pericolo non ricorrerebbe dal momento che il creditore pignoratizio coincide con l’Agente della riscossione, cioè il soggetto al quale l’Agenzia delle Entrate affida la riscossione dei tributi.

Inoltre, i crediti per i quali si procede, avendo natura prevalentemente tributaria, non potrebbero scontare un ulteriore prelievo fiscale.

Peraltro, posto che l’Agente della riscossione non è un soggetto Irpef, verrebbe meno in capo al terzo erogatore l’obbligo di effettuare la ritenuta alla fonte, in base a quanto precisato nel precedente paragrafo 1.2.

7. La tutela esecutiva degli assegni periodici per il mantenimento del coniuge

Gli assegni periodici corrisposti per il mantenimento del coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva, scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. i), del TUIR, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria; gli stessi assegni, ove corrisposti da un soggetto che rivesta la qualità di sostituto di imposta, sono soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 24 del DPR n. 600 del 1973.

E’ importante rammentare che, per espressa previsione normativa, gli assegni destinati al mantenimento dei figli non costituiscono reddito (art. 3, comma 3, lett. b), del TUIR). Pertanto, qualora il provvedimento del giudice non distingua la quota dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, l’assegno si considera destinato al coniuge per la metà del suo ammontare (art. 3 del DPR n. 42 del 1988).

Tanto premesso, si osserva che l’ordinamento giuridico vigente prevede norme specifiche per garantire al coniuge avente diritto la concreta attuazione del credito periodico di mantenimento. Si tratta, in particolare, di forme di tutela più immediate ed efficaci rispetto a quelle previste, in via generale, per il recupero e l’attuazione dei crediti, in considerazione della speciale delicatezza degli interessi giuridici coinvolti nell’ambito del diritto di famiglia (art. 156, comma 6, del c.c. per la separazione e art. 8 della legge n. 898 del 1970 per il divorzio).

Le procedure contemplate nelle accennate disposizioni, proprio perchè finalizzate ad assicurare al coniuge avente diritto una tutela esecutiva più immediata, non sono scandite dalle fasi che generalmente caratterizzano la ordinaria procedura di pignoramento di cui agli articoli 543 e seguenti del c.p.c..

Il carattere speciale delle procedure esecutive contemplate nell’ambito del diritto di famiglia, unitamente a esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico del terzo erogatore, il quale, peraltro, non è tenuto a individuare la parte dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, comporta che le somme in questione non devono essere assoggettate alla presente ritenuta, fermo restando l’obbligo del terzo erogatore di indicarle nel proprio modello 770, nella sezione I del prospetto SY.

Diversamente, se il terzo erogatore conosce la natura delle somme che sta erogando (ad esempio, perché datore di lavoro del coniuge obbligato), applicherà le ordinarie ritenute previste per tale tipologia di reddito.