L’espropriazione Con l’espropriazione forzata i beni sottratti al debitore vengono convertiti in denaro, per soddisfare il creditore procedente e gli eventuali creditori successivamente intervenuti. Il procedimento esecutivo, articolato in più atti, si svolge sotto la direzione di un organo monocratico rappresentato dal giudice dell’esecuzione. Nello specifico sono previste tre fasi: 1.il pignoramento con il quale i beni, sottratti alla disponibilità del debitore, vengono sottoposti al potere dell’ufficio esecutivo; 2. la liquidazione dell’attivo con cui i beni stessi sono trasformati in una somma di denaro; 3. la distribuzione del ricavato tramite cui si attribuisce la somma ottenuta tra i creditori. A seconda della natura dei beni interessati (immobili, mobili e crediti)e della diversa situazione in cui si trovano (presso il debitore o presso terzi) si modifica la struttura del processo di espropriazione. In via generale, il creditore può scegliere come meglio crede i beni oggetto di esecuzione e di conseguenza il tipo di procedura da adottare. Solo nel caso in cui goda di garanzie reali dovrà provvedere all’espropriazione di questi ultimi. Il debitore, in sede di opposizione in base all’art. 483 c.p.c., può comunque chiedere al giudice dell’esecuzione, di limitare l’azione del creditore quando questa sia eccessiva. Il pignoramento Il pignoramento è il primo atto del processo espropriativo con il quale sono individuati e descritti i beni oggetto dell’esecuzione e viene ingiunto al debitore, da parte dell’ufficiale giudiziario, di astenersi da qualunque atto diretto alla loro sottrazione. Tramite il pignoramento, dunque, i beni stessi sono vincolati a favore del creditore che agisce nonché di quelli che dovessero intervenire nel procedimento. E’ possibile effettuare più pignoramenti con riferimento ai medesimi beni; in questo caso, pur essendo atti tra di loro autonomi, non si determinano altrettanti procedimenti. Si ricorda che l’interesse del creditore trova una maggiore tutela mediante un pignoramento successivo anziché un atto di intervento in un procedimento iniziato da altro creditore pignorante:l’invalidità del pignoramento iniziale colpisce infatti anche l’atto di chi è intervenuto nel medesimo procedimento, mentre non pregiudica gli effetti del successivo pignoramento. Gli atti con i quali il debitore aliena o dispone delle cose pignorate sono inefficaci nei confronti del creditore. Da un punto di vista processuale, il pignoramento perde efficacia se entro il termine perentorio di novanta giorni (termine al quale è applicabile la sospensione feriale) non viene effettuata la richiesta di vendita o di assegnazione dei beni. La conversione e la riduzione Il debitore può liberarsi dal pignoramento se versa una somma di danaro; così può prevenirlo se corrisponde nelle mani dell’ufficiale giudiziario l’importo del credito e delle spese affinché questi lo destini al creditore. Se ci sono più creditori, il debitore dovrà versare una somma pari all’ammontare dei crediti e delle spese. Il procedimento, a questo punto, prosegue concludendosi con la distribuzione della somma fra i creditori stessi. In ogni caso, anche dopo il pignoramento, il debitore può liberarsi da quest’ultimo ed evitare la fase della vendita se corrisponde una somma pari all’ammontare dei crediti e delle spese in sostituzione dei beni pignorati. Non va poi dimenticata la facoltà spettante al debitore stesso di chiedere la riduzione del pignoramento quando questo colpisce beni di valore superiore al credito ed alle spese. L’intervento dei creditori successivi L’espropriazione forzata è un procedimento che prevede la partecipazione di altri creditori, oltre a quello procedente. L’intervento (che non richiede la notifica del precetto visto che la procedura è iniziata da altri) è consentito ai creditori ipotecari, privilegiati e chirografari nonché, nel solo caso di espropriazione immobiliare, i titolari di crediti sottoposti a termine o a condizione. Si fa presente che per essere collocati nel riparto i creditori devono intervenire prima della distribuzione del ricavato. Il creditore pignorante deve sempre segnalare l’esistenza della procedura ai creditori muniti di ipoteca o di privilegio risultanti da pubblici registri; in mancanza, il giudice dell’esecuzione non può provvedere sull’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati. La vendita forzata e l’assegnazione Alla fase rappresentata dal pignoramento segue quella destinata alla conversione dei beni pignorati in danaro, a meno che quest’ultimo non si trovi già nel patrimonio del debitore. Tale finalità si raggiunge generalmente con la vendita forzata anche se è possibile, in presenza di specifiche cautele, che il bene stesso sia assegnato direttamente al creditore a soddisfazione delle sue ragioni. I creditori non possono proporre l’istanza di vendita se prima non sono trascorsi dieci giorni dal pignoramento. La vendita forzata viene effettuata mediante incanto tramite cui si sceglie l’acquirente sulla base di una gara fondata su offerte crescenti. Ovviamente nel caso di vendita a lotti, il raggiungimento della somma necessaria a soddisfare le ragioni dei creditori determina la cessazione della vendita stessa ed i beni invenduti vanno restituiti al debitore. Effetto tipico dell’acquisto in sede di esecuzione è quello purgativo, nel senso che il bene ceduto viene trasferito libero da ipoteche e da pegni. La soddisfazione del credito può ottenersi anche con l’attribuzione diretta del bene pignorato al creditore. In questo caso, occorre determinare il valore per stabilire se il credito possa essere soddisfatto integralmente o parzialmente. L’eventuale differenza che residuasse va restituita al debitore. La distribuzione del ricavato Una volta che i beni pignorati sono stati convertiti in denaro, si deve procedere alla distribuzione del ricavato tra i creditori. A tal fine occorre tener conto dell’ordine nel quale i vari crediti debbono essere pagati. I criteri sono i seguenti: a)le spese processuali hanno la priorità assoluta; b) vanno poi soddisfatti i creditori muniti di privilegi e di ipoteche in base ai rispettivi diritti di prelazione; c) i creditori chirografari che siano intervenuti tempestivamente e ai quali il ricavato si distribuisce in proporzione ai rispettivi crediti; d)l’eventuale residuo viene suddiviso proporzionalmente tra i creditori chirografari tardivamente intervenuti. Infine se avanza ancora qualcosa deve essere consegnata al debitore. La formazione del piano di riparto può dar luogo ad eventuali controversie tra i creditori circa la collocazione dei rispettivi crediti. In questo caso il giudice dell’esecuzione, sospende il procedimento e qualora non sia competente a conoscere queste vertenze, rimette le parti davanti al giudice competente. In ipotesi contraria, una volta emesso il provvedimento di sospensione del pagamento delle quote spettanti ai vari creditori, passa ad esaminare la controversia dando luogo a un procedimento di cognizione che si inserisce all’interno del processo esecutivo.