La comunione legale tra coniugi non rappresenta una normale comproprietà in cui  ciascuno è titolare della quota pari al cinquanta per cento, trattandosi  di  comunione particolare senza  quote  in cui i coniugi  sono proprietari del tutto. Prima della riforma del diritto di  famiglia, in  vigore dal  20/09/1975, il  regime imposto, in  mancanza di  diverso accordo tra i  coniugi, era quello della separazione dei beni; ma per gli immobili  acquistati a partire da tale data si  applica  il regime di  comunione  legale,  a meno  che anche  uno  solo  dei  coniugi,  che abbia contratto matrimonio precedentemente all’entrata in  vigore della riforma,  non  abbia optato,  durante il periodo  transitorio in  vigore fino  al  16/01/1978,  per il regime della separazione dei beni. Tali principi sono importanti  al  fine di  instaurare correttamente la procedura espropriativa immobiliare distinguendo  se l’esecutato  ha acquistato i  beni  da sottoporre a pignoramento  in  comunione legale tra coniugi  o  meno,  con le relative problematiche interpretative connesse.  Infatti, l’art.  179  del  codice civile, prevede  che alcuni beni  non  cadano  nella  comunione legale  tra coniugi:  a)  o perché  acquistati  prima del matrimonio;  b) o perché  provenienti  da successione o  donazione successivamente al matrimonio,  quando  nell’atto  di liberalità,  o  nel testamento  non  sia indicato che sono  attribuiti  alla comunione. Inoltre,   non  costituiscono  oggetto  della comunione e sono beni personali  del  coniuge: c)  quelli di uso strettamente personale  ed i loro accessori; d)  i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge ( tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione ); e)  i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la pensione attinente alla  perdita  parziale,  o totale della capacità lavorativa ed, infine,  come previsto  dalla lettera f del  citato  articolo,  i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati, o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto. L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili quali navi,  aeromobili,  autoveicoli, per i  quali  è  prevista la pubblicità,  effettuato dopo il matrimonio,  è escluso dalla comunione  ai sensi delle lettere c), d) ed f) elencati  quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto, se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge. Un approfondimento particolare merita  la  lettera f dell’articolo in  commento,  in quanto  se la norma   non considera sufficiente,  perché il bene sia personale,  che esso  sia acquistato  con il prezzo  della cessione, ovvero  con lo  scambio  di un bene già personale  richiedendo  che tale circostanza sia oggetto  di  una specifica dichiarazione del  coniuge acquirente, la giurisprudenza ha, di fatto, interpretato in  modo  assai  restrittivo  tale requisito. È  di  assoluto  rilievo, a tal  proposito,  ricordare che la Suprema Corte con  sentenza n.  1556  del  1993  ha  precisato  come sia superflua tale dichiarazione  nel caso in  cui  sia obiettivamente certo  il carattere  personale del  corrispettivo impiegato  per l’acquisto,  come nel caso in  cui uno  dei coniugi  acquisti un bene mediante la permuta di un  bene personale.  Ricorrendo  tale fattispecie,  allorquando i  coniugi  siano  sposati in  regime di  comunione legale dei beni,  ove l’atto  derivativo  sia una permuta con  beni  personali,  non sarà  necessaria la dichiarazione di  cui al  secondo  comma dell’art.  179,  né  tantomeno la presenza dell’altro  coniuge alla stipula del  relativo  rogito, poiché  il bene permutato  ricadrà  nella piena proprietà del  solo  coniuge che ne dispone.