In caso di pignoramento della pensione l’art. 545 cpc, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 27.6.2015, convertito con modificazioni con la L. 6.08.2015, n. 132, prevede un limite che impedisce di pignorare la quota di assegno corrispondente alla misura massima dell’assegno sociale aumentato della metà, che per quest’anno ammonta ad € 679,50.
Questo vuol dire che solo la parte eccedente tale somma può essere pignorata entro i limiti di un quinto.
Se quindi il debitore ad esempio ha una pensione di € 1.000 al mese, il creditore ha la facoltà di pignorare la parte eccedente al cosiddetto minimo vitale, corrispondente a € 320,50, sui quali si applica la quota massima di un quinto, pari a € 64,1.
Tale limitazione, volta a garantire il cosiddetto minimo vitale, viene riconosciuta anche in caso di pagamento di arretrati della pensione.
La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza Civ. Sez. Lavoro dell’11.1.2016, n. 206, ha stabilito che il limite del quinto per le somme oggetto di sequestro, pignoramento o trattenuta non possono superare il quinto della pensione con salvezza del trattamento minimo, e che tale principio opera anche con riguardo agli arretrati di pensione, restando ferma l’impignorabilità anche su tali importi del cosiddetto minimo vitale.
In un passaggio del testo della Sentenza viene enunciata la ragione di tale decisione: Diversamente argomentandoci è condivisibilmente sottolineato, il pensionato che non riceva la pensione nella misura spettante per un periodo più o meno lungo, e che per ciò stesso subisce un danno (potendo essere costretto, al limite, a ricorrere al credito per sopperire alle proprie necessità), verrebbe ad essere ulteriormente danneggiato per il fatto che la somma finalmente riconosciutagli e liquidatagli a titolo di arretrati pensionistici gli potrebbe essere interamente pignorata o trattenuta; nel mentre il pensionato che ha sempre percepito la pensione nella misura corretta potrebbe essere assoggettato a pignoramento o trattenuta della stessa solo nei limiti del quinto e con salvezza del trattamento minimo.”
 
Quanto indicato dalla Corte di Legittimità è stato recepito dall’INPS nel messaggio del 15.1.2019, n. 168, intitolato “Procedura per la gestione dei pignoramenti presso terzi di pensionati debitori ex artt. 543 e ss. cpc – Gestione Privata e Gestione Pubblica”, nel quale stabilisce le attività che le proprie strutture territoriali sono tenute a seguire nei procedimenti esecutivi in cui l’Istituto è citato in qualità di terzo pignorato.
L’INPS, prendendo atto che “in virtù delle innovazioni introdotte dal citato decreto legge n. 83/15, sul trattamento pensionistico oggetto di pignoramento devono essere operate trattenute nei limiti del quinto della quota di pensione eccedente l’ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà”, conferma che il suddetto limite opera anche in caso di arretrati.
“Il limite del quinto è operante anche per le somme da trattenere sugli arretrati di pensione da versare in unica soluzione. In proposito, si fa presente che la Suprema Corte in tema di indebito previdenziale ha affermato che le somme oggetto di sequestro, pignoramento o trattenuta non possono superare il quinto della pensione con salvezza del trattamento minimo e che tale principio opera anche con riguardo agli arretrati di pensione (cfr. Cass. sez. lav. 11 gennaio 2016 n. 206; Cass. sez. lav. 5 giugno 2003 n. 9001). Sul punto deve ovviamente tenersi conto delle nuove modalità di calcolo della quota pignorabile e del minimo intangibile di cui alla recente novella normativa introdotta dal decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83.”
Sempre nello stesso messaggio l’INPS chiarisce che tale criterio deve essere adottato a prescindere dall’identità del creditore, che può essere un privato, una persona giuridica o l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (per intenderci la vecchia Equitalia).
Sulla scorta di quanto indicato dalla giurisprudenza, al fine di evitare una ingiusta discriminazione tra il pensionato che non riceva la pensione per un periodo più o meno lungo, e quello che la riceva regolarmente, in data 17.1.2019 è stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge con la quale si chiede una modifica al settimo comma dell’art. 545 cpc, al fine di precisare che i limiti del pignoramento degli assegni pensionistici siano applicati anche ai ratei riscossi in unica soluzione (gli arretrati).
Alla luce di quanto assunto ritengo che l’INSP in caso di pignoramento degli arretrati della pensione possa limitarsi ad accantonare solo un quinto delle somme eccedenti il cosiddetto minimo vitale, da calcolarsi sul rateo mensile di pensione, non potendo trattenere l’intero importo degli arretrati.