Come è noto, il mercato americano si presenta  molto interessante ed attraente per l’imprenditore italiano che produca un bene che possa essere colà venduto. Infatti la vastità di detto mercato e l’attitudine al consumo degli americani stessi , è tale che una penetrazione  di un qualche prodotto , anche se limitata ad una quota anche modesta o molto modesta della globalità di quel prodotto , è tale che  conquistando anche una modesta  percentuale , l’imprenditore italiano potrebbe raggiungere cifre che per l’azienda italiana  non sarebbero indifferenti.
Si può provare a vendere i propri  prodotti in America attraverso un importatore/distributore o per mezzo di un agente o direttamente , formando una propria corporation in America.
Il metodo forse più noto e diffuso , è probabilmente quello di avere un importatore/ distributore  su quel mercato. Le ragioni sono varie : primo , perché l’importatore/distributore  con buona probabilità saprebbe meglio dell’imprenditore italiano come  muoversi  in  quel mercato , dove ed a chi  andare a proporre quel prodotto.
Secondo, perché così facendo, l’imprenditore italiano , non avrebbe problemi di reperimento  e gestione della clientela. Avrebbe rapporti solo con il distributore il quale  svolgerebbe la attività commerciale   a proprio rischio e pericolo , acquistando  e rivendendo in proprio. L’aspetto negativo di tale soluzione , è che spesso il maggior guadagno è proprio dell’importatore , il quale spesso , rimarrà ad essere il solo a conoscenza del mercato stesso e della clientela.
Ma uno degli aspetti più convenienti di questa soluzione, è che così facendo , il consumatore americano avrebbe un riferimento in loco  cui rivolgersi in caso di necessità, quali spiegazioni , mal funzionamento , garanzie etc.  etc. Questo è un punto da non sottovalutare , poiché il cliente americano è assolutamente restio ad acquistare prodotti  che siano  venduti senza un referente sul posto , ma solo in un paese straniero, che parla un’altra lingua e  di cui  molto spesso lui nulla sa e nulla vuol sapere. Con questo tipo di approccio , si risponde adeguatamente al problema , in America molto sentito , dell ”after sale service”.
Un altro tipo di approccio a questo mercato , è quello di scegliersi un agente  (sales representative)  , che vada in giro a trovare acquirenti del prodotto , essendo remunerato da una commissione , rappresentata da una percentuale sul costo del prodotto.
Questa soluzione , a parere di chi scrive, è non solo più difficile da realizzarsi , se non altro per ragioni logistiche , ma anche quella che presenta più inconvenienti , quali un controllo molto difficile sulla effettiva attività dell’agente , sulla estensione del territorio a lui affidato , la difficoltà frequente ad  incassare il prezzo del prodotto venduto, la infedeltà dell’agente , ma soprattutto il fatto che l’agente  non offrirà mai o quasi mai , spesso per ragioni tecniche ed organizzative , quel servizio di “after sale service “ che è fondamentale per vendere  con successo in America e che il distributore/importatore invece offre o dovrebbe offrire.
 Raramente un agente sarà in grado di coprire un territorio molto esteso (chi abita nell’East  Coast  non andrà a vendere nella West Coast o viceversa o nel Mid West e così via) , ma chiederà sempre l’esclusiva per l’intero territorio americano, che però non coprirà o non potrà coprire.
In entrambe le soluzioni che si vorrà scegliere , sia per mezzo di un distributore/ importatore , sia per mezzo di un agente , sarà sempre molto importante e fondamentale , avere un contratto scritto che preveda una clausola di legge che lo regoli ( governing law ) , sia una che stabilisca quale corte possa avere giurisdizione su di esso ( jurisdiction ) ed avanti la quale poter fare efficacemente valere i propri diritti.
Sarebbe assolutamente errato ed illusorio , pensare che l’assenza di un contratto scritto possa esimere gli interessati da obblighi  giuridici . Un contratto verbale, avrebbe  come unica conseguenza , non l’assenza di obblighi contrattuali , ma solo la carenza di conoscenza dei propri obblighi e  dei propri diritti e  l’incertezza assoluta di dove poterli fare valere e gli uni e gli altri.
 Infine, c’è la possibilità di creare una propria società in America , che svolga le stesse funzioni economiche/commerciali che un importatore farebbe. E’ ovvio che tale soluzione consentirebbe un controllo diretto del mercato ed avrebbe anche il vantaggio di apparire agli occhi del consumatore americano , sempre molto sensibile sotto questo profilo, come una entità statunitense, pronta ad offrire un adeguato  “after sale service” e di facile raggiungimento  per eventuali consigli o reclami.
 Tale soluzione inoltre, consentirebbe anche dei risparmi di carattere economico , consentendo al produttore di allocare i propri  profitti  in un sistema fiscale  meno oneroso di quello italiano , essendo , come è notorio, che il fisco americano è senz’altro meno esigente di quello italiano.
Creare una società in America è una operazione semplice e relativamente  poco costosa, così come è semplice chiudere una eventuale  entità giuridica colà creata , ma  è opportuno richiamare l’attenzione  di chi volesse procedere in questo modo , che  sarà assolutamente necessario essere informati  sulle leggi locali dei vari stati americani ( ce ne sono come è noto ben cinquanta ), per evitare complicazioni e sorprese di carattere fiscale  e di responsabilità dei produttori ( products liability ) .