In particolar modo osserveremo un documento molto utilizzato nella prassi ossia la lettere di intenti.

Il processo di negoziazione di un'operazione commerciale in un contesto internazionale è cosa assai articolata e complessa
: si pensi, ad esempio, allo scambio di corrispondenza di varia natura, spesso in una lingua diversa dalla lingua madre di entrambe le parti, ai vari incontri e riunioni, al reperimento di finanziamenti, alla preparazione della necessaria documentazione.

La lettera di intenti si inserisce proprio in questo fase precontrattuale attraverso la quale le parti non intendono di regola prendere un impegno vincolante. Questi accordi nella prassi hanno varie nomenclature, infatti, possiamo trovare, letter of intent, memorandum of under standing, heads of agreement o simili. Tutti i termini più sopra citati coprono situazione a volte molto differenti che spesso lasciano margini d’incertezza nella loro interpretazione giuridica. Gli operatori, solitamente, con la lettera di intenti desiderano siglare degli accordi non vincolanti, in altre parole le parti fissano i principi in virtù dei quali verranno negoziate le condizioni, i termini e le modalità del rapporto commerciale. Erroneamente, le parti che siglando questi accordi credono di vincolare la controparte senza per forza vincolare se medesimi. Come vedremo, nel corso del nostro approfondimento, la lettera di intenti non è sempre di facile interpretazione, infatti, possono crearsi situazioni in cui si crede di non essere vincolati ed in verità, sotto il nome della lettera di intenti, si cela un vero è proprio contratto con relativi obblighi e responsabilità.

Innanzi tutto è doveroso portare a conoscenza dell’operatore la distinzione, svolta da autorevole dottrina in materia contrattuale, sulle varie tipologie di lettere di intenti. La dottrina ne ha individuato tre, quali:

1.      Lettere di intenti non vincolanti in cui l’oggetto si sostanzia nella reciproca conferma di proseguire nelle trattative dell’affare. Solitamente questo documento viene stilato affinché i management delle rispettive aziende possano valutare l’interesse a contrarre.

All’interno delle lettere di intenti non vincolanti possiamo farvi rientrare anche quelle in cui si precisano le trattative con gli enti pubblici. Esse vengono stilate più per creare una pressione psicologica in capo all’ente che un vero e proprio vincolo giuridico.

In tutti questi casi ci si potrà domandare, sempre in un contesto di responsabilità precontrattuale, se le parti intendono obbligarsi e non rimettere in discussione i punti già concordati desiderano semplicemente prendere atto del raggiungimento di un certo risultato, con l’inconveniente che ove una parte rimetta in discussione un punto già concordato l’altra potrà farle rilevare la scorrettezza del suo comportamento e, se del caso approfittarne per rimettere a sua volta in discussione altri punti. Si deve evidenziare in questo primo gruppo di lettera di intenti che se c’è la certezza dell’assenza di responsabilità contrattuale, non possiamo dire lo stesso per la responsabilità precontrattuale. È evidente che sotto questo profilo potrà essere determinante solo la legge applicabile, considerando le notevoli differenze di disciplina in materia di culpa in contrahendo.

 

2.      Lettere riconducibili ad un vero contratto in cui si specifica che il contratto futuro sarà efficace al verificarsi di un evento. A rigor di logica questi accordi non dovrebbero essere inclusi nelle lettere di intenti, ma nella prassi gli operatori (soventi non giuristi) sono portati ad inserire il contratto a condizione sospensiva nella lettera di intenti.

Diverso è il caso in cui si preveda di negoziare ulteriori aspetti del contratto in seguito al verificarsi dell’evento futuro.

Un caso particolare può verificarsi quando l’efficacia dell’accordo venga subordinata all’approvazione degli organismi societari delle parti. Qui la dottrina è divisa se classificarlo come contratto già concluso o sottoposto a condizione sospensiva (che renderebbe nullo il contratto ove lo si consideri condizione meramente potestativa), o piuttosto come accordi non ancora formati, in quanto una parte si è riservata di dare il proprio consenso dopo l’approvazione del consiglio di amministrazione.

 

3.      Situazione intermedia: tra l’accordo non vincolante ed il contratto condizionato troviamo una varietà di situazioni intermedie rispetto alle quali è difficile decidere se vadano ricondotte ad un vero e proprio accordo vincolante o, piuttosto, ad un’intesa rientrante nella fase precontrattuale. La questione ha notevole rilevanza, soprattutto nel caso in cui una parte non dia seguito agli accordi presi. Infatti, se l’intesa viene qualificata come contratto, la controparte potrà chiederne l’esecuzione o il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento, mentre nell’altro caso si dovrà far riferimento ai principi sulla responsabilità contrattuale. Tra queste situazioni intermedie l’ipotesi più vicina al contratto definitivo è quella in cui la lettera di intenti contenga tutte le condizioni contrattuali, prevedendo in ogni caso la successiva redazione di un testo finale del contratto, o la sua firma in occasione di una cerimonia ufficiale. In quest’ultimo caso potrà configurarsi in linea di principio già nel documento denominato lettere di intenti un contratto vincolante.

L’operatore deve porre particolare attenzione nell’eventualità in cui in una lettera di intenti venga inserita la clausola “subject to contrat”, in quanto può essere oggetto di diverse interpretazioni a seconda dell’ordinamento in cui essa si inerisce. Ad esempio, un giurista inglese interpreterebbe la clausola come una volontà delle parti di non assumere un impegno contrattuale fino a quando non vi sarà la stesura di un contratto formale. Tale interpretazione viene temperata dalla giurisprudenza americana che in alcuni casi, anche se la lettera di intenti contiene la clausola “subject to contrat”, evince la volontà delle parti di vincolarsi contrattualmente.

Altra ipotesi difficile da inquadrare è quando si inserisce nella lettera di intenti i termini essenziali della transazione mentre si rinviano ad una successiva definizione gli elementi accessori. La giurisprudenza italiana, ad esempio, oscilla tra due orientamenti: quello maggioritario secondo il quale il contratto si considera formato quando sono definiti tutti gli elementi dello stesso, sia essi principali che accessori; mentre quello minoritario ritiene sufficiente per la formazione del contratto la previsione dei soli elementi essenziali.

 

Dall’analisi fin qui condotta è emerso come tre siano, sostanzialmente, i parametri di valutazione dell’efficacia giuridica: il contenuto della lettera, l’ordinamento di riferimento (legge applicabile), i risultati della trattativa. E’ comunque possibile stabilire che anche quando sussiste una certa sicurezza circa il fatto se il documento sia finalizzato esclusivamente a ordinare e organizzare le trattative, il rispetto del generale dovere di buona fede può preservare da potenziali contestazioni e pretese. 
L’ambiguità che spesso caratterizza detti documenti ci porta, pertanto, a suggerire agli operatori particolare cautela nell’esaminare o nel redigere il testo del documento. In altri termini, resistete alla tentazione di pensare “…..nessun problema, è solo una lettera di intenti!…