Con il decreto legislativo n. 111 del 28 giugno 2012, i proprietari delle grandi navi, dunque, dovranno stipulare un’assicurazione obbligatoria sulla “responsabilità armatoriale”, la responsabilità, cioè, derivante dall’esercizio della nave.
Le assicurazioni dovranno coprire i danni derivanti da:
- morte o lesioni personali, perdita o danni ai beni, compresi opere portuali, bacini e canali navigabili e ausili alla navigazione;
- ritardi nel trasporto marittimo di carico, passeggeri o del loro bagaglio;
- violazione di diritti diversi dai diritti contrattuali, che si verifichino in connessione diretta con l’esercizio della nave o con le operazioni di salvataggio;
nonché i crediti:
- relativi al recupero, rimozione, demolizione o volti a rendere inoffensiva una nave che sia affondata, naufragata, incagliata o abbandonata, compresa ogni cosa che sia o sia stata a bordo di tale nave;
- relativi alla rimozione, distruzione o volti a rendere inoffensivo il carico di una nave;
- fatti valere da una persona diversa da quella responsabile, relativamente a provvedimenti presi al fine di prevenire o ridurre le conseguenze dannose degli eventi di cui alle lettere da a) ad e) e gli ulteriori danni causati da tali provvedimenti.
Rimangono invece esclusi i danni per inquinamento da idrocarburi, che continuano ad essere regolati dalle disposizioni della Convenzione internazionale sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi, conclusa a Bruxelles il 29 novembre 1969 (recepita dall’Italia con Legge n. 185 del 6 aprile 1977), la quale, oltre a prevedere la responsabilità del proprietario per ogni danno di inquinamento causato dalla nave, impone un’assicurazione o altra idonea garanzia finanziaria per le navi che trasportino più di 2000 tonnellate di idrocarburi alla rinfusa.
Sono soggette all’obbligo di assicurazione le navi di stazza lorda pari o superiore alle 300 tonnellate, battenti bandiera italiana o estera, che entrano nei porti o transitano nelle acque territoriali italiane, con esclusione delle navi militari, navi da guerra ed altri navi di cui sia proprietario lo Stato.
A prescindere dall’obbligo di assicurazione previsto dal decreto legislativo sopra citato, in ragione della natura del credito e della inerenza a una specifica nave, è attribuito al titolare del “claims” un diritto di privilegio, ovvero il diritto di essere pagato con preferenza rispetto agli altri creditori in fase di distribuzione del ricavato della vendita forzata. Si tratta di una speciale prelazione che prevale su ogni altro tipo di gravame e sugli altri privilegi generali e speciali previsti dalla legge nazionale.
 
I crediti marittimi assistiti da privilegi secondo un espresso riconoscimento della normativa uniforme sono elencati all’art.4 della Convenzione MLM del 1993. E si tratta di:

  1. Crediti per salari ed emolumenti spettanti al comandante e agli componenti dell’equipaggio, in relazione al loro impiego, inclusi i costi di rimpatrio e di assicurazione sociale; credito che trova il suo privilegio nel contratto di arruolamento o di lavoro nautico. Si intende come equipaggio tutto il personale di bordo (compreso quello alberghiero e quello medico). Si tratta di crediti cd. prededucibili, ovvero che vengono pagati  prima di procedere alla distribuzione del ricavato dalla vendita forzata;
  2. Crediti per morte o lesioni personali. Si tratta di crediti di natura extracontrattuale sorti a seguito di evento che ha provocato la morte o la lesione di passeggeri o componenti dell’equipaggio a terra o in mare, purché in diretta connessione con l’esercizio della nave, ovvero non solo gli eventi accidentali causati dalla nave ma anche quelli che siano conseguenza diretta del suo esercizio, ad es. evento dannoso causato da una gru sulla banchina per le operazioni di carico e scarico delle merci;
  3. Crediti per compensi di soccorso. Essi hanno priorità rispetto a tutti gli altri maritime claims, anche se di grado superiore, sorti anteriormente alla conclusione delle operazioni di soccorso. Ciò per incentivare e rendere la giusta importanza all’opera di salvataggio in mare. Il concetto di “salvage” adottato dalla Convenzione comprende le nozioni di soccorso, assistenza e salvataggio, escludendo quelle di rimorchio e recupero del relitto poiché queste ultime sarebbero esuli dall’imminenza del pericolo al momento della prestazione e interverrebbero nel momento in cui il danno si è già verificato;
  4. Crediti per diritti portuali e compensi di pilotaggio che comprendono tutti i diritti portuali, ovvero tasse per approdo, ricovero, assistenza e strettamente connessi all’esercizio della nave e non alla sua utilizzazione commerciale. La natura di credito privilegiato deriverebbe dalla garanzia della sicurezza della navigazione nei porti;
  5. Crediti per danni alle cose. Si tratta anche in questo caso di crediti sorti da responsabilità extracontrattuale da atto illecito alle cose per perdita o avaria in mare o a terra, purché sempre in connessione con l’esercizio della nave. Sono stati esclusi i crediti per danni causati al carico, ai containers e agli effetti personali dei passeggeri poiché generalmente soggetti a copertura assicurativa, ora, appunto, obbligatoria. Sono stati esclusi, altresì, i crediti derivanti da danni da trasporto di idrocarburi o sostanze pericolose, soggetti anch’essi a forme di assicurazione obbligatoria o altre forme di garanzia previste dalla Convenzione di Bruxelles del 1969.

 
Caratteristica essenziale dei privilegi marittimi sia nazionali che internazionali è il diritto di seguito (ius sequelae), ovvero l’esercizio del privilegio anche su bene che nel frattempo possa essere passato di proprietà a un terzo per mutamento di proprietà, nazionalità o bandiera e in pregiudizio dei diritti posteriormente acquisiti da terzi, anche in buona fede.
Si delinea così la natura particolare dei “maritime liens” nella prelazione ad essi accordata congiunta a un diritto reale di garanzia che, nel nostro ordinamento, è stata riconosciuta ai privilegi speciali previsti dall’art.2746 ss. cc.
I privilegi si estinguono oltre che per il venir meno del “claim” anche per il decorso del termine stabilito dalla legge che per i privilegi internazionali consiste in un anno dal momento del sorgere del credito mentre per quelli nazionali in sei mesi dalla data della loro creazione. Naturalmente, se la garanzia (sequestro o pignoramento) dovesse venire effettuata vengono meno le circostanze dell’estinzione. In ogni caso, l’esercizio della garanzia non è sufficiente a impedire l’estinzione dellien poiché è necessario che esso conduca alla vendita forzata, la quale ultima realizza una fattispecie estintiva a efficacia generale, facendo venir meno tutte le garanzie che assistono la nave.
Altra causa di estinzione dei “maritime liens” si trova nell’istituto della limitazione di responsabilità per crediti marittimi. In questo caso, il principio accolto sia dalla Convenzione di Bruxelles del 1957, sia dalla Convenzione di Londra del 1976, è quello della ripartizione del fondo di limitazione in proporzione dei crediti, senza il rispetto dei diritti di prelazione, fatto salvo il mancato accordo tra creditori per cui si procede alla ripartizione secondo le rispettive cause di prelazione.
I “maritime liens”, oltre a essere strumenti di garanzia del credito, attribuiscono al titolare del diritto di procedere a sequestro conservativo della nave, diritto che è connotato dal gravame stesso senza necessità del c.d. “periculum in mora”, poiché il pericolo è considerato in re ipsa . Pertanto, per procedere al sequestro di nave è sufficiente esibire l’allegazione di un credito marittimo. La differenza della disciplina tra mezzo conservativo nel diritto comune e  nel diritto della navigazione sta nel fatto che il sequestro di nave è al tempo stesso strumento di conservazione e di attuazione dei privilegi marittimi: nel primo caso per impedirne l’estinzione, nel secondo per procedere a pignoramento a seguito si una sentenza esecutiva di condanna.
Ma cosa si intende per sequestro di nave? Già la Convenzione di Bruxelles del 1952 sull’Unificazione del Diritto Marittimo lo definisce come “qualunque restrizione di movimento di una nave in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria competente per garantire un credito marittimo, con esclusione di qualsiasi altro diritto di credito”. La funzione conservativa viene, invece, associata a quella cautelare nel testo della Conferenza di Lisbona del 1985, dove il concetto di “arrest” comprende più ampiamente sia la misura conservativa sia il procedimento speciale di esecuzione del privilegio, finalizzato anche a stabilire la giurisdizione di merito nel distretto in cui è presente la nave sequestrata. Concetto che subisce ancora un’evoluzione nella Convention of Arrest of Ships, adottata a Ginevra nel 1999, in cui l’ “arrest” viene definito come “qualunque detenzione o restrizione del movimento di una nave, attuata su autorizzazione di un giudice per garantire un credito marittimo, con esclusione del pignoramento della nave in esecuzione di una sentenza”.
Dalla disamina delle varie nozioni di “arrest” emerge un dato chiaro: il sequestro è collegato a un credito marittimo, con esclusione dei crediti di diversa natura, ciò per riservare la nave alle esigenze di natura cautelare che abbiano con essa un effettivo collegamento. Ma che succede per i crediti marittimi privilegiati? La distinzione non ha senso nella Convenzione del 1999 che elenca quali crediti marittimi quelli assistiti anche da “maritime liens” ai quali è  esteso l’esercizio dello “arrest”.
 
E’ ammesso anche il sequestro di nave a persona diversa dal proprietario, ovvero il conduttore a scafo nudo, purché quest’ultimo abbia contratto un debito in relazione a quella nave (es. nei voyage o time charter) e si tratti di crediti marittimi privilegiati. Condizione che è stata resa più elastica dalla Convenzione del 1999 che consente il sequestro anche nei confronti del manager o operator e, fuori dai casi suddetti, anche in assenza di un credito privilegiato, purché il credito possa essere soddisfatto con la vendita giudiziaria o forzata della nave, in virtù di un titolo esecutivo. A differenti condizioni, non sarebbe possibile esercitare il sequestro nei confronti di una nave appartenente a soggetto diverso da quello responsabile del credito marittimo.
Il sequestro di nave a persona diversa dal proprietario comporta la diversificazione tra due momenti: quello del debito e quello della responsabilità. Mentre il sequestro, infatti, viene esercitato anche nei confronti del non proprietario, l’espropriazione forzata viene esercitata necessariamente nei confronti del proprietario anche se non è parte del rapporto obbligatorio e che, quindi, assume la veste di soggetto passivo sul piano processuale, così come prevede anche l’art.670 c.n. Si attuerebbe, in sostanza, un’espropriazione contro il terzo proprietario che si vedrebbe costretto a subire la vendita forzata della nave anche se responsabile del debito rimane comunque il solo debitore.
Si può affermare, dunque, che il rapporto diretto con la cosa supera e prevale su quello della proprietà per il semplice fatto che il proprietario, consentendo ad altri soggetti l’impiego della nave, ne permette tacitamente l’utilizzazione a garanzia dei crediti che possano sorgere da tale utilizzo. Pertanto, il credito sorge nei confronti della nave, ciò che consente l’ “arrest” anche nei confronti del non proprietario.