1.       L’usucapione in generale.

L’usucapione è una fattispecie complessa che ha per effetto l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale su di un bene. Elementi costitutivi sono il possesso (e non la mera detenzione) e la durata.

Ai sensi del 1141 c.c. il possesso si presume in colui che esercita il potere di fatto sulla cosa e quindi l’onere della prova grava sulla controparte che deve dimostrare che tale potere è iniziato come detenzione.

Ai fini dell’usucapione il possesso deve essere qualificato. Deve infatti essere continuato (esercitato con costanza), pacifico (acquistato in modo non violento o clandestino) ed ininterrotto. Ai fini dell’accertamento della continuità del possesso occorre fare riferimento alla destinazione del bene: sono quindi idonei anche atti intermittenti quando hanno carattere di normalità rispetto la destinazione del bene.

L’acquisto per usucapione si perfeziona con il decorso del termine previsto dalla legge. Tale termine ha una durata diversa a seconda della natura del bene (mobile od immobile), della sussistenza della buona fede al momento dell’inizio del possesso nonché se esiste o meno un titolo astrattamente idoneo all’acquisto trascritto. Il termine comincia a decorrere dal giorno in cui ha avuto inizio il possesso utile ai fine dell’usucapione; tuttavia ai sensi dell’art.2963 c.c. deve computarsi a partire dal giorno successivo a quello in cui l’interessato ha acquistato il possesso.

Oggetto di discussione è la questione sulla retroattività o meno dell’acquisto per usucapione.

Tale problematica ha importanti riflessi ai fini della soluzione da adottare per numerose fattispecie. Qualora infatti si reputasse che l’acquisto abbia effetti retroattivi (quindi ex tunc) dovrebbero considerarsi inefficaci gli atti di disposizione del diritto compiuti medio tempore; optando invece per la tesi della irretroattività, si dovrebbero ritenere inefficaci gli atti compiuti dal possessore prima del perfezionamento dell’usucapione.

Bisogna sottolineare che ciò che rileva consiste nella circostanza di verificare se eventuali atti di disposizione prima del decorso del termine abbiano modificato il potere di fatto sul bene. Di per sé infatti gli atti di disposizione a favore di terzi non incidono sul possesso ad usucapionem (in tal senso anche Cass. 1530/00).

Secondo un primo orientamento l’usucapione sarebbe retroattiva perché, in caso contrario, non si potrebbe attribuire efficacia agli atti dispositivi del possessore compiuti medio tempore. Secondo una seconda tesi invece il decorso del termine per usucapire costituisce un requisito di efficacia che sopravviene all’atto dispositivo, analogamente a quando accade nell’ipotesi di vendita di bene altrui; pertanto sarebbe preferibile ritenere che l’acquisto abbia efficacia irretroattiva (ex nunc).

2.       Acquisto per usucapione e  Cass. 2485/07

Risulta utile riportare la massima di Cass. 2485/2007 per meglio comprendere i termini del problema: “non è nullo il contratto di compravendita con cui viene trasferita la proprietà dell’immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per tempo sufficiente al compimento dell’usucapione, ancorchè l’acquisto della proprietà non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario”.

La Cassazione interviene quindi sulla controversa questione relativa alla legittimazione dell’immobile da parte di chi dichiara di aver acquistato per usucapione non accertata giudizialmente, escludendo la nullità del contratto.

Nel 1996 la Corte stessa era giunta all’opposta conclusione, ossia di escludere la possibilità di un trasferimento immobiliare senza un preventivo accertamento giudiziale della compiuta usucapione, dopo aver preliminarmente affrontato, e risolto negativamente, la problematica della possibilità della vendita del possesso.

Allo stato attuale, mentre è da tener ferma l’impossibilità di configurare una vendita del solo possesso, dal momento che è possibile solo trasferire diritti e non posizioni di fatto come il possesso, si discute circa la possibilità di stipulare un trasferimento immobiliare, e quindi con rogito notarile, senza la preventiva sentenza di accertamento di avvenuta usucapione.

Si ricorda che il possesso è infatti il potere sulla cosa che si manifesta attraverso una attività che corrisponde all’esercizio della proprietà od altro diritto reale (1140), e l’attività non può formare oggetto di vendita.

Da questo assunto, nel 1996, la Corte traeva l’ulteriore conseguenza che “gli effetti del possesso protratto nel tempo non sono ancora un diritto: l’esercizio del possesso per il numero di anni stabilito dalla legge costituisce infatti solo il presupposto per ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà sulla cosa posseduta, mentre l’acquisto di tale diritto per effetto dell’usucapione, per poter esser fatto valere e quindi costituire oggetto di un contratto di compravendita deve prima essere accertato e dichiarato nei modi di legge”.

Oggi invece la Corte sottolinea come il problema relativo alla possibilità che oggetto di una vendita possa essere solo il possesso in quanto tale, è cosa diversa rispetto alla situazione di chi vuole trasferire il diritto di proprietà acquistato per usucapione. Oggetto del trasferimento non è pertanto il possesso ma la proprietà, acquistata a titolo originario, mediante usucapione.

3.       Requisiti di validità dell’atto di trasferimento

Secondo quindi questo nuovo orientamento giurisprudenziale inagurato nel 2007, ai fini della validità dell’atti di trasferimento immobiliare non sarebbe più necessaria la preventiva sentenza di accertamento di avvenuta usucapione. In senso contrario infatti “si verificherebbe la strana situazione per cui chi ha usucapito sarebbe proprietario ma non potrebbe disporre del bene fino a quando il suo acquisto non fosse accertato giudizialmente”.

In senso favorevole a quest’ultimo orientamento è anche gran parte della dottrina, per cui subordinare la trasferibilità del bene ad una sentenza che accerti la titolarietà del diritto in capo al venditore a titolo originario comporterebbe una limitazione dei poteri spettanti al proprietario, del tutto estranea alla disciplina del c.c., in quanto determinerebbe l’ingiusta compressione di una facoltà fondamentale del diritto reale.

Questa impostazione ha in realtà origini profonde in quanto già nella Relazione al Re sul C.c. si poteva leggere che è da escludere che “colui che ha acquistato per usucapione abbia un onere in base al quale sarebbe costretto, per avere la piena disponibilità di fatto del suo diritto, a provare l’accertamento giurisdizionale dell’acquisto”.

Si sottolinea infatti che l’effetto acquisitivo si realizza ex lege, e consegue automaticamente per effetto del possesso continuato e qualificato per il tempo necessario, mentre la sentenza giudiziali, non a caso “di accertamento”, ha efficacia dichiarativa e non costitutiva del diritto, perché già esistente.

Il riconoscimento della validità del trasferimento dell’immobile usucapito in assenza del relativo accertamento giudiziale ha importanti riflessi sulla attività notarile e per i notai chiamati a rogare i relativi atti, i quali ai sensi dell’art.28 L.N. non possono ricevere atti contrari alla legge. E’ tuttavia da sottolineare come, anche dopo la sopra commentata sentenza, un recente studio del Consiglio Nazionale del Notariato consigli prudenza a tutti i Notai chiamati a rogare atti in assenza della pronuncia di accertamento giurisdizionale e sconsigli la stipula di siffatti atti se non a) rendendo edotte le parti, ed in particolare all’acquirente, di tutte le conseguenze cui va incontro stipulando l’atto senza il preventivo vaglio giurisdizionale; b) cercando di limitare la stipula di siffatti atti solo nelle situazioni con meno profili di problematicità (ad es. trasferimenti tra padre e figlio) oppure quando, a causa delle lungaggini processuali cui si andrebbe inevitabilmente inoltro ed a causa del ridotto valore economico del bene in oggetto, risolta inopportuno intraprendere la via giudiziale.