In tema di assoggettabilità della
tariffa igiene ambientale ad i.v.a.
Ottanta interessati ricorrenti, proprietari o utilizzatori di immobili siti nel Comune di Rimini; in tale veste, sono stati destinatari, negli anni che vanno dal 2001 al 2012, di “bollette Hera”, recanti causale “tariffa di igiene ambientale” (cd. “TIA1”) ex art. 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. “decreto Ronchi”), abrogata dal 1/1/13 e sostituita dalla “Tariffa Rifiuti e Servizi” (cd. “TARES”).   
Tali risultano interamente pagate a Hera s.p.a.;  tale ente pubblico/privato riveste duplice veste pubblicistica:
da una parte esso è
  1. concessionario unico del servizio pubblico di spazzamento strade, del servizio pubblico di raccolta, gestione e smaltimento rifiuti;
dall’altra è
  1. concessionario unico della riscossione del relativo prelievo.
Per una di quelle inesplicabili tortuosità della vita giuridica che tanto tormentano la vita giuridica italiana, la tariffa è sempre stata applicata e riscossa con l’aggiunta di  “I.V.A.”, come se si trattasse di un servizio a domanda individuale, fornito direttamente al fruitore dell’immobile; cioè come se vi fosse, da parte del cittadino, l’acquisto di un servizio privato di smaltimento rifiuti, per così dire, “a misura”, secondo il principio “tot chili, tot prezzo”.
E’ invece chiaro che, ad onta della impropria denominazione di “tariffa”, la cd. “TIA1” (così d’altra parte come la cd.“TIA2”, sostanzialmente identica) era una vera e propria “imposta” stabilita per la “copertura integrale dei costi (globalmente considerati n.d.r.) dei servizi (unitariamente considerati n.d.r.) relativi alla raccolta e gestione dei rifiuti urbani”. Il fatto che tale imposta venisse riscossa mediante concessionario privato, non mutava ovviamente la natura del prelievo, che rimaneva di tipo tributario come definitivamente acclarato con autorità invincibile e irrefragabile dalla Corte Costituzionale (24-07-2009, n. 238) e dalla Corte di Cassazione (Sez. V, Sent., 09-03-2012, n.3756).
Anche prima di tali doverosi pronunciamenti, la natura tributaria della “TIA1” era chiara e univoca, per la compresenza di vari indici: l’obbligatorietà del versamento, la forzosità del prelievo, la commisurazione legata unicamente a parametri e coefficenti presuntivi, il collegamento con una spesa pubblica per un servizio pubblico reso a una collettività indifferenziata.
Nonostante tale evidenza, sin dai primi anni di applicazione della TIA1, presso gli enti impositori (comuni) ed esattori (di solito  concessionari del servizio smaltimento come la convenuta HERA s.p.a.) si formava la convinzione, del tutto singolare, di poter configurare il prelievo come il “corrispettivo” di una prestazione resa a singoli utenti del servizio pubblico, con la conseguenza di “appiccicarci” l’IVA.  Tale convinzione veniva appoggiata da conformi pronunciamenti dell’Agenzia delle Entrate, la cui tortuosità e farraginosità palesava, meglio di qualsiasi altra cosa, la difficoltà logica di poter configurare il prelievo come “corrispettivo”
Poiché la natura tributaria del prelievo TIA1, quantomeno a seguito dei suddetti pronunciamenti definitivi e dei supremi organi giurisdizionali, è divenuta nozione incontroversa, gli odierni attori nel corso del 2012 hanno diffidato Hera s.p.a., ente riscossore quale mandatario del Comune di Rimini, a restituire gli importi riscossi a titolo di i.v.a. nel corso dei dieci anni precedenti alla diffida (cfr. diffide per gruppi di utenti, da marzo ad agosto 2012 con interessi, e con preghiera di quantificare, ricorrendo al sistema informativo interno, gli importi di cui i vari diffidanti andavano creditori.
Solo il comune di Rimini rispondeva, con lettera del 5/4/12, ma con una posizione meramente attendista, mentre Hera s.p.a.,  non si curava ne’ di pagare, ne’ di spiegare agli oltre 100 diffidanti, i motivi per cui riteneva di nulla dovere.  Rimaneva altresì inascoltato anche l’invito a trasmettere la copia delle bollette interessate, o solo l’estratto digitale.
L’argomentazione di Hera, secondo cui gli importi richiesti a titolo di IVA non sarebbero restituibili in quanto “l’iva è già stata versata all’erario”, asserisce una circostanza abbastanza ovvia, ma non spiega perché quanto indebitamente riscosso, non debba essere restituito al solvens, secondo le norme ordinarie (art.2033 c.c.), salvo naturalmente il regresso nei confronti  dell’erario per l’indebito, quando si possa dimostrare di aver effettuato tale versamento. Il problema delle restituzioni alla fine graverà infatti sull’erario, non su Hera: non si capisce dunque il motivo di tale ostinazione nell’absurdum juridicum.
La tesi invece (negata dai supremi collegi) che vorrebbe far passare il tributo come un “corrispettivo”, cozza contro un fatto molto semplice: il servizio “smaltimento e trattamento rifiuti” è reso a una collettività indifferenziata, a prescindere sia dalla effettiva domanda individuale, sia dall’effettiva produzione di rifiuto. In altri termini, il fornitore del servizio (contrattualmnente vincolato all’ente mandante) non ha alcun obbligo nei confronti dei cittadini, i quali non possono esonerarsi dall’imposta ne’ in caso di “inadempimento” del concessionario (non c’è inadempimento quando non c’è un obbligo ad personam), ne’ in caso dimostrino di non produrre, de facto, alcun rifiuto.   Ci sarebbe “corrispettivo” solo quando ci fosse un sistema di prelievo commisurato all’effettiva produzione di rifiuto (sistemi possibile laddove esistono sistemi di pesaggio al momento del conferimento).  Poiché invece il prelievo è forfettario/presuntivo, e commisurato esclusivamente alla metratura dell’immobile, il prelievo è qualificabile come imposta sulla “detenzione qualificata” di immobili.  
Che poi possano eccezionalmente esistere casi, in deroga alle norme generali, di “IVA su tributi” (pedaggi, accise,  ecc), sarà anche vero, ma ciò non riguarda il caso che ci occupa, sia perché l’eccezione non è prevista espressamente dalla Legge, sia perché la TIA, al contrario di tutti gli altri casi, non è commisurata a un effettivo “consumo”, ma alla disponibilità di metri quadrati. 
Una volta constatata l’assenza di un titolo giuridico che potesse giustificare il prelievo (non della T.I.A., quanto dell’IVA sulla T.I.A.), la concessionaria ha l’obbligo di restituire a mera richiesta quanto “erroneamente” riscosso; in mancanza, la Giustizia ordinaria può senz’altro, accertato il quantum, ordinare all’ente debitore l’immediata restituzione dell’indebito, con interessi, a coloro che l’abbiano versato solo in quanto tratti in inganno dalla configurazione privatistica del prelievo (“bolletta per igiene ambientale”), e ciò a prescindere dalla negligenza, incompetenza tecnica, malafede o altro stato soggettivo dell’ente esattore.
Atteso quanto sopra, constatata la giurisdizione ordinaria stante che il prelievo dell’IVA è avvenuto jure privatorum e in assoluta carenza di potere impositivo), gli 80 ricorrenti hanno diritto alla restituzione, ex art.2033 c.c., delle somme indebitamente versate a titolo di IVA sulla Tariffa di igiene ambientale, a ritroso per 10 anni dalle diffide o dalla domanda a favore di ciascun attore litisconsorte ex art. 103 c.p.c., con interessi e rivalutazione monetaria;
Avv.Enrico Gorini