Con il contratto preliminare le parti si obbligano a stipulare in un momento successivo un contratto cosiddetto definitivo. Solo alla stipulazione di quest'ultimo conseguiranno gli effetti giuridici tipici del contratto prescelto. Dal contratto preliminare scaturisce unicamente un obbligo di contrarre. Detta tipologia contrattuale trova largo impiego nel commercio immobiliare. È frequente nella prassi che venditore e compratore di un bene immobile, pur concordando sul trasferimento della proprietà del bene e sul corrispettivo prezzo, si determinino a dilazionare la stipulazione del contratto definitivo di vendita giacché, per fare dei casi pratici, il promissario acquirente non ha ancora la disponibilità finanziaria per l'acquisto ovvero il promittente venditore non ha ancora reperito la documentazione necessaria per il rogito. Sicché il preliminare - volgarmente ed erroneamente detto "compromesso" - nel caso or ora censito non sortisce l'effetto del trasferimento della proprietà, sibbene obbliga promittente venditore e promissario acquirente a perfezionare un contratto definitivo di alienazione.

Le intese provvisorie e progredenti che si dipanano nel corso delle trattative sino al perfezionamento del preliminare possono trovare sfogo nelle cosiddette “minute” o “puntuazioni”. Si tratta di note che documentano gli stadi provvisori degli accordi raggiunti ma, differentemente dal contratto preliminare, non vincolano le parti: non sono che dei promemoria.

Ma quando si è dinanzi incontrovertibilmente a un contratto preliminare? Di certo la terminologia "promette di vendere o di acquistare" non è per ciò stesso univocamente indicativa dell'indole preliminare del contratto. E’ d’uopo, allora, avere riguardo all'intento delle parti trasfuso nella scrittura: ove esso volga al trasferimento della res l'accordo, integrerà gli estremi di un contratto di compravendita; ove esso, al contrario, dia vita ad un rapporto obbligatorio bisognoso di un manifestazione di volontà preordinata al trasferimento della proprietà, allora l’accordo potrà qualificarsi come contratto preliminare.

L'articolo 1351 cod.civ. prescrive il requisito di forma cui soggiace il contratto preliminare sotto pena di invalidità. Perché il contratto preliminare non risulti nullo deve rispettare la stessa forma prescritta dalla legge ad substantiam per il contratto definitivo: nell'esempio sopra riportato, il preliminare di compravendita dell'immobile deve osservare la forma scritta. E’ logicamente argomentabile, invece, in quanto non espressamente enunciato in sede di disciplina speciale del contratto preliminare, un requisito di contenuto afferente alla determinatezza dell’oggetto contrattuale: affinché il preliminare non sia invalido per indeterminatezza e vaghezza, in esso deve specificarsi il contenuto del contratto definitivo, id est dovranno essere dettagliate le prestazioni a cui una (promessa o preliminare unilaterale) o ambedue le parti saranno tenute.

Ma quid juris in caso di inadempimento dell'obbligo di contrarre sorgente dal preliminare? Detto altrimenti, quali rimedi sono dati alla parte non inadempiente ove - nel nostro esempio – il promittente venditore ovvero il promissario acquirente si determinino a non sottoscrivere il definitivo? Orbene, la parte diligente potrà richiedere giudizialmente l'emanazione di una sentenza che prenda il luogo del contratto definitivo non concluso che sia produttiva dei medesimi effetti (sentenza costitutiva). Un tale provvedimento giurisdizionale mette capo all'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto in forza dell'art. 2932 cod.civ. Nel nostro esempio guida, dalla sentenza de qua scaturirebbe il passaggio della proprietà del bene in capo al compratore e, del pari, e la costituzione a suo carico dell'obbligo di pagare il prezzo pattuito nel preliminare. L'asserita sentenza, valendo quale titolo di proprietà, andrà trascritta. Ma la parte non inadempiente ha innanzi a sé una ulteriore possibilità: domandare la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento con la contestuale condanna dell'inadempiente al risarcimento del danno.

Ai sensi dell'art. 2645-bis cod.civ., sono trascrivibili i contratti preliminari aventi ad oggetto la stipulazione di definitivi i quali trasferiscano la proprietà, costituiscano o trasferiscano diritti di usufrutto, superficie ed enfiteusi, diritti di comunione, diritti di servitù prediali, uso e abitazione relativamente a beni immobili. La novella, introdotta con la legge n. 30 del 1997, sopperisce ad una lacuna normativa in precedenza presentata dal nostro ordinamento giuridico. La trascrizione è subordinata alla forma del contratto preliminare, la quale deve sostanziarsi nell'atto pubblico o nella scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.

Come può il promissario acquirente mettersi al riparo dal rischio che il promettente venditore, dopo avergli promesso la vendita e aver incassato l’acconto (o l’intero prezzo), alieni a un terzo il bene? La trascrizione dell'atto pubblico di vendita, difatti, ben può precedere nel tempo la sentenza costitutiva del trasferimento di proprietà non spontaneamente realizzato. E’ in tal caso che opera il cosiddetto "effetto prenotativo" della trascrizione del preliminare di vendita: quest'ultima prevale sulle trascrizioni eseguite contro il promittente alienante successivamente ad essa purché sia successivamente trascritto il contratto definitivo o la sentenza che accoglie la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica del preliminare. Ciò non senza limiti temporali apprestati dal terzo comma dell'art. 2645-bis cod. civ.: il trattamento privilegiato costituito dal dispositivo della prevalenza trova spazio a condizione che la trascrizione del definitivo o della domanda giudiziale atta a provocare la sentenza costitutiva del trasferimento di proprietà abbia luogo "entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione" del preliminare (terzo comma della disposizione ultima citata).

Largamente riscontrabile è la fenomenologia giuridica della vendita di appartamenti non ancora edificati: la cosiddetta vendita "in pianta". Le circostanza che i contratti preliminari non sortiscano effetti reali, vale a dire traslativi della proprietà, bensì unicamente obbligatori, porta con sé che, in caso di fallimento del promittente venditore e costruttore dell'immobile, i promissari acquirenti i quali abbiano corrisposto anticipi o l'intero prezzo del bene si vedano trattati alla stregua di meri creditori chirografari. Quali, dunque, gli strumenti giuridici a presidio delle garanzie dei promissari acquirenti? Il primo lo abbiamo sopra censito ed è il cosiddetto "effetto prenotativo", la cui applicabilità al preliminare di vendita di "edifici da costruire o in corso di costruzione", è posto dall'art. 2645-bis, comma 4 cod.civ.. Tuttavia, onde scongiurare che la posizione del promissari acquirenti titolari del diritto alla restituzione dell'acconto o del prezzo pagato, sia parificata a quella dei meri creditori chirografari, il legislatore è intervenuto a mezzo dell'articolo 2775-bis cod. civ. costituendo "privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare" purché la risoluzione del preliminare sia domandata giudizialmente prima di tre anni dalla trascrizione del preliminare. Tali disposizioni di favore verso i promissari acquirenti di beni immobiliari sono subordinati ad alcuni dati: a) che l'acquirente sia una persona fisica; b) che il contenuto del contratto preliminare contenga una serie di dati indicanti all'articolo 6 del decreto legislativo n. 122 del 2005. Ancora a presidio di chi promette l'acquisto dell'immobile erigendo vi è l'obbligo a carico del costruttore di prestare fideiussione rilasciata da un istituto di credito ovvero da una compagnia di assicurazione a garanzia della restituzione dei gli importi corrisposti dagli acquirenti.