IL  PROCESSO ESECUTIVO

IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI
 

A) IL PROCEDIMENTO

La Legge n° 52/2006 ha introdotto importanti modifiche in materia di pignoramento presso terzi, innovandone soprattutto il procedimento. La forma dell'atto di pignoramento è, infatti, rimasta in gran parte invariata: ricordiamo che tale forma di pignoramento si concreta in un atto predisposto dal creditore e sottoscritto dall'ufficiale giudiziario il quale provvede alla sua notificazione ai sensi degli artt. 137 e ss. cpc personalmente al debitore e al terzo.

L' atto in questione dovrà contenere, ex art. 543 2^ comma cc,:

1) l'indicazione del creditore e del credito per il quale si procede

2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute dal terzo all'esecutato e l' intimazione, rivolta al terzo, di non disporne senza ordine del giudice

3) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio del creditore nel comune in cui ha sede il Tribunale (luogo di residenza del terzo).

La novità riguarda la previsione di cui al n. 4: il contenuto dell'atto di citazione a comparire all'udienza ex art. 547 c.p.c. varia a seconda del caso in cui il pignoramento abbia ad oggetto crediti derivanti da rapporti da lavoro (somme dovute da privati a titolo di stipendio, salario, o altre indennità) ovvero da altro rapporto. Solo per i primi, infatti, la citazione si accompagna alla formulazione obbligatoria dell'invito rivolto al terzo a comparire all'udienza all'uopo indicata al fine di rendere la dichiarazione di debito, mentre in tutti gli altri casi la citazione dovrà contenere l'invito, sempre rivolto al terzo, di comunicare la detta dichiarazione al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo di lettera raccomandata.

Sul punto si ricorda che prima della riforma l'invito era rivolto ad entrambi, senza distinzioni di sorta in relazione alla natura del credito pignorato: la novità risponde all'esigenza di snellire il procedimento.

L'aspetto decisamente più importante della riforma riguarda, tuttavia, la precisa individuazione dell'oggetto del pignoramento quando questo è costituito da un credito: il legislatore ha, infatti, stabilito all'art. 546 c.p.c., che dal giorno in cui l'atto è notificato, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. In tal modo, la legge detta esplicitamente il limite entro il quale il pignoramento vincola il debitore e il terzo, tutelando sia l'interesse del debitore a

conoscere in quale misura i suoi beni sono vincolati, sia quello del terzo pignorato il quale viene reso edotto dei limiti entro i quali ha l'obbligo di esercitare i doveri di custodia che la legge pone a suo carico (art. 548 cpc). Ciò concretamente significa che, da un lato, il terzo sarà obbligato a rendere dichiarazione positiva solo nei limiti indicati e che, dall'altro, il GE non potrà assegnare un credito superiore a quello corrispondente all'importo del credito precettato aumentato della metà atteso che il pignoramento per l'eventuale eccedenza dovrebbe ritenersi inefficace.

Ma tale previsione tutela anche l'interesse del creditore in quanto, nell'ipotesi in cui la somma così individuata dovesse rivelarsi insufficiente, il creditore potrà sempre ricorrere allo strumento dell'estensione del pignoramento, istituto che il legislatore della riforma ha esteso a tutte le forme di pignoramento, cioè potrà indicare ai creditori legittimati all'intervento, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili.

L'art.546 cpc, inoltre, prevede un ulteriore strumento di tutela per il debitore nel caso in cui il pignoramento eseguito presso più terzi, risulti eccessivo: in tal caso, infatti, può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti a norma dell'art. 496 cpc, ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi e il Ge, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre 20 giorni dall'istanza.

Pertanto, sebbene oggi, alla luce della riforma, ciascun terzo sia tenuto a vincolare i beni del debitore nei limiti del credito precettato aumentato della metà, potrebbe, tuttavia, verificarsi l'ipotesi in cui vengano vincolate somme eccedenti rispetto alla misura del credito per cui si agisce, proprio per la presenza di più terzi: in tali casi il debitore potrà chiedere al GE di chiudere la procedura esecutiva relativamente alla posizione di un terzo dichiarando la inefficacia del pignoramento per alcuni dei crediti pignorati, per la parte eccedente il limite legislativo, ovvero ridurre proporzionalmente il vincolo su ciascuno dei crediti aggrediti.

B)LA DICHIARAZIONE DEL TERZO

Si è già detto che, relativamente alla dichiarazione di debito, la riforma ha previsto due modalità differenti in cui la stessa può essere resa e cioè, con dichiarazione all'udienza, se il credito pignorato deriva da un rapporto di lavoro, ovvero a mezzo di lettera raccomandata da inviarsi al creditore procedente entro 10 giorni successivi alla notificazione dell'atto di pignoramento, in tutti gli altri casi.

Sul punto la dottrina precisa che qualunque sia la modalità della dichiarazione, il GE dovrà comunque svolgere l'udienza innanzi a sé atteso che la citazione a comparire ex art. 547 cpc resta valida, a prescindere dal tenore dell'invito al terzo: in tale udienza, infatti, il

GE o raccoglierà la dichiarazione del terzo comparso personalmente, ovvero verificherà il contenuto della dichiarazione trasmessa a mezzo racc.ta al creditore.

L'art. 547 cpc prevede, altresì, che tale dichiarazione, qualunque sia la modalità del caso, possa essere resa dal terzo personalmente, a mezzo di procuratore speciale, ovvero a mezzo del difensore munito di procura speciale.

Alla luce di tali innovazioni alcune perplessità sorgono soprattutto in relazione alla necessità di garantire la autenticità della provenienza della dichiarazione: se, infatti, la dichiarazione può, nei casi previsti, essere " ricevuta" in udienza, è ragionevole pensare che il terzo debba inviare tale dichiarazione con firma autenticata, ovvero fare autenticare la firma del procuratore speciale ove si avvalga di quest'ultimo.

Nel caso in cui la dichiarazione venga sottoscritta dal difensore, è sufficiente che questi completi l'atto con a margine una procura speciale che gli conferisca il potere di rendere la dichiarazione.

L' esatta individuazione del soggetto che rende la dichiarazione è estremamente importante in quanto nei casi di dichiarazione negativa, anche in parte, il creditore potrà citare il terzo pignorato instaurando il giudizio di accertamento del suo obbligo nei confronti del debitore; è evidente, perciò, il rischio di esporre il terzo ad un giudizio in relazione ad una dichiarazione resa da un soggetto non autorizzato.

Alla luce di tali innovazioni, ci si interroga su alcune ipotesi facilmente ipotizzabili:

a) se il terzo non dovesse inviare al creditore la raccomandata contenente la dichiarazione nel termine stabilito ma in ritardo e decidesse comunque di recarsi in udienza dichiarando di volerla rendere davanti al giudice: in tal caso si ritiene che l'eventuale ritardo non pregiudichi la facoltà per il terzo di rendere la dichiarazione in udienza poiché solo in quel momento, constatata la mancata dichiarazione, il creditore può introdurre il giudizio di accertamento del debito.

b) la stessa conclusione dovrà essere accolta nel caso in cui il terzo sia del tutto inadempiente rispetto a tale previsione, in quanto non invii affatto la dichiarazione; in tal caso, gli deve essere garantita la possibilità di rendere la dichiarazione evitando il giudizio di accertamento a suo carico.

c) potrebbe accadere che il terzo dichiari di non essere debitore ovvero affermi la inesigibilità del credito, ovvero ancora (anche se questa sembra un'ipotesi difficilmente realizzabile) dichiari una situazione che al momento della ricezione della lettera potrebbe mutare: in tutti questi casi si ritiene che il creditore possa ottenere la convocazione del terzo per precisare il contenuto della dichiarazione ovvero eventualmente modificarla, sperando in un esito a sé favorevole.

L'alternativa sarebbe, infatti, per il creditore quella di dover instaurare il giudizio di accertamento per contestare il contenuto della dichiarazione contenuta nella lettera, in quanto il terzo avrebbe assolto al proprio obbligo dichiarando una situazione esistente al momento dell'invio della lettera.