Congedo parentale e/o astensione facoltativa

Entrambi i genitori hanno diritto al congedo parentale retribuito al 30% dello stipendio.
Nell’astensione facoltativa rientrano i congedi per malattia dei figli.
L’astensione facoltativa (successiva e separata dall’astensione obbligatoria per maternità o paternità) è prevista nell’arco dei primi otto anni di ciascun figlio e può essere continuativa o frazionata:
  • Il padre e la madre possono fruire di un periodo di 10 mesi complessivi di astensione dal lavoro. Qualora solo uno dei due genitori ne facesse ricorso, il limite massimo di questo congedo è di 6 mesi;
  • per favorire il rapporto paterno la legge prevede: se il padre si assenta dal lavoro per un periodo continuativo superiore ai 3 mesi, i mesi di congedo di cui potrà fruire passeranno da 6 a 7. In questo caso, qualora i congedi fossero usufruiti contemporaneamente da entrambi i genitori, il limite massimo complessivo diventa di 11 mesi (7 per il padre e 4 per la madre).
  • Se il genitore è l’unico affidatario, ha diritto ad un periodo complessivo non superiore ai 10 mesi.
    Facciamo qualche esempio (congedi non fruiti contemporaneamente):
    Mamma dipendente 6 mesi e Padre dipendente 7 mesi
    Mamma casalinga 0 mesi e Padre dipendente 7 mesi
    Mamma autonoma 3 mesi e Padre dipendente 7 mesi
    Mamma dipendente 6 mesi e Padre autonomo 0 mesi
    Questo tipo di congedo è valido anche in caso di adozioni o affido, per bambini non superiori ai 6 anni. Se il bambino in affido o adottato ha tra i 6 e i 12 anni, il congedo è fruibile nei primi 3 anni dall’ingresso in famiglia del minore.
    Nel caso di pubblici dipendenti nell’ambito del periodo di astensione facoltativa dal lavoro (art. 32 comma 1 lett. a del dlgs. 151/2001), per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi 30 giorni di assenza, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato sono retribuiti per intero al 100%.

Congedi per malattia di un figlio
Se tuo figlio sta male e ha meno di 3 anni, hai diritto a rimanere a casa per tutta la durata della malattia, oppure per un massimo di 5 giorni all’anno se tuo figlio ha tra i 3 e gli 8 anni.
Le assenze per malattia del figlio non sono retribuite a livello economico ma sono coperte a livello previdenziale; ma se sei un dipendente pubblico tuttavia è possibile usufruire di un periodo di 30 giorni ogni anno, cumulativi tra padre e madre se ambedue pubblici dipendenti, a retribuzione intera, quando il bimbomalato non abbia superato il terzo anno di età (art. 15 CCNL integrativo 8 giugno 2000).
La malattia del bambino e l’eventuale ricovero ospedaliero intervenuti durante il godimento delle ferie, ne interrompono il decorso, se richiesto.
Devi presentare al tuo datore di lavoro il certificato del pediatra o di uno specialista e non sarai sottoposto a visita fiscale.
La richiesta può essere effettuata da un solo genitore che deve presentare un’autocertificazione in cui si dichiara che l’altro genitore non sia assente dal lavoro per gli stessi motivi.
Fino all’età di 8 anni di ciascun figlio, è comunque possibile convertire il congedo parentale in congedo per malattia dei figli e viceversa. La differenza sostanziale è che, con il congedo parentale/astensione facoltativa, entrambe i genitori possono sottrarsi contemporaneamente dal lavoro. Altra importante differenza è che il congedo parentale viene retribuito, mentre il congedo per malattia no.
  • Cosa sono i congedi frazionati e come funzionano
    Nei congedi vengono conteggiati anche i giorni festivi e quelli non lavorativi. La frazionabilità consente di non far conteggiare questi giorni. Come avviene? Se richiedi il congedo dal lunedì al venerdì, dovrai tornare al lavoro il lunedi successivo, altrimenti verranno conteggiati come congedo anche il sabato e la domenica o i giorni festivi e/o non lavorativi che ricadono all'interno del periodo richiesto.
    Altre informazioni utili sui congedi
    Qualora insorgesse la malattia del genitore durante il periodo di congedo parentale, si dovrà inviare il certificato medico e comunicare esplicitamente la volontà di sospendere il congedo per la durata della malattia ed eventualmente spostare l’utilizzo del congedo.
    Il preavviso di qualunque tipo di congedo si intenda prendere, salvo oggettiva impossibilità, deve essere effettuato almeno 15 giorni prima del periodo richiesto.
    Per i periodi di assenza facoltativa o per malattia dei figli, dove la retribuzione è ridotta drasticamente o nulla, è possibile richiedere l’anticipo sul TFR per sostenere le spese durante questi congedi.
    Documenti utili da presentare
    Questi sono i documenti che vanno presentati in caso di congedi per maternità e paternità:
  • Certificato di nascita (o dichiarazione sostitutiva) dalla quale risulti la paternità o la maternità (i genitori adottivi o affidatari sono tenuti a presentare il certificato di stato di famiglia che includa il nome del bambino ed il provvedimento di affidamento o adozione);
  • Dichiarazione non autenticata (autocertificazione) di responsabilità dell'altro genitore, da cui risulti il periodo di congedo eventualmente fruito per lo stesso figlio; nella dichiarazione occorre indicare il proprio datore di lavoro o la condizione di non avente diritto al congedo;
  • Analoga dichiarazione non autenticata di responsabilità del genitore richiedente relativa ai periodi di astensione eventualmente già fruiti per lo stesso figlio;
  • Impegno di entrambi i genitori a comunicare le variazioni successive.
    N.B.:tutti i permessi anche quelli obbligatori, si intendono “a richiesta”.
    Questa guida è un breve riassunto a carattere puramente illustrativo delle leggi attualmente in vigore per la tutela dei diritti alla paternità (dipendenti pubblici e privati):
    - l. n. 1204 del 30 dicembre 1971;
    - l. n. 53 del 8 marzo 2000;
    - d. lgs. n. 151 del 26 marzo 2001
    - dell'art. 6 della legge n.903/1977
    Verificare sempre eventuali altre norme previste dai propri contratti di lavoro, variazioni di Legge, Circolari etc.
    Le leggi considerano i soggetti aventi diritto i congedi e/o permessi, i “genitori” in quanto tali o i “tutori legali” dei minori. I genitori non devono essere necessariamente sposati o conviventi. Il padre però, deve aver riconosciuto come proprio figlio, il minore.
 
 
 
 
Permessi per l'assistenza a familiari disabili, modificata la L.104/92
Pagina modificata il 9 marzo 2011. Ultimo aggiornamento del 9 giugno 2011.
Tra le molte novità introdotte nell’ordinamento dalla L. 183/2010, c.d. “Collegato lavoro alla manovra di finanza pubblica”, entrata in vigore il 24 novembre 2010, varie modifiche alla disciplina dei permessi per l’assistenza alle persone con disabilità in situazione di gravità.
E’ stata, quindi, parzialmente innovata la disciplina dettata dalla Legge n. 104/92,  Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate,  e dal decreto legislativo n.151/01 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
Tra le principali novità, la restrizione dei soggetti legittimati a fruire dei permessi, l’eliminazione del requisito della convivenza, la previsione della decadenza nel caso di insussistenza dei requisiti per la fruizione delle agevolazioni e la istituzione della banca dati presso il Dipartimento della funzione pubblica.
Chiarimenti sulle nuove norme arrivano dalle circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica (n. 13 del 6 dicembre 2010), e dell’INPS (n. 155 del 3 dicembre 2010 e n. 45 del 1° marzo 2011).
Soggetti aventi diritto
I lavoratori legittimati a fruire dei permessi sono:
  • il dipendente in situazione di disabilità grave;
  • i dipendenti genitori che assistono figli di età inferiore ai tre anni in situazione di disabilità grave;
  • il dipendente, per assistere ciascun familiare in situazione di disabilità grave, compresi i dipendenti genitori che assistano figli di età superiore ai tre anni.
Hanno diritto ai permessi retribuiti per assistere un soggetto in situazione di disabilità grave, oltre il coniuge, i parenti e gli affini entro il 2° grado.
Rispetto alla disciplina previgente, la nuova disposizione menziona espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa;  inoltre si passa dal terzo al secondo grado di parentela.
Solo in particolari condizioni le agevolazioni possono essere estese ai parenti e affini di terzo grado delle persone da assistere. Queste eccezioni sono rappresentate dai casi in cui il coniuge o i genitori della persona in situazione di disabilità grave:
  • abbiano compiuto i sessantacinque anni di età;
  • siano affetti da patologie invalidanti;
  • siano deceduti o mancanti.
Le circolari  chiariscono  che l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità
giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.
Altro concetto chiarito è quello di “patologia invalidante”, che consente l’estensione dal secondo al terzo grado di parentela o affinità.
In base al decreto interministeriale 278/00, si possono considerare invalidanti:   
  • le patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale
  • le patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici
  • le patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.
Condizione essenziale per accedere ai permessi retribuiti è che il soggetto disabile sia in possesso della certificazione di disabilità con connotazione di gravità. L'istanza per il riconoscimento della disabilità va inoltrata al Direttore della sede Inpsdi appartenenza, per via telematica, direttamente o tramite i patronati, dopo il rilascio, da parte del medico di base o altro medico certificatore, dell'attestazione dell'invio della certificazione finalizzata alla domanda di riconoscimento della disabilità grave.
Le Pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo, introdotto dalla  legge n. 183/2010, di comunicare entro il 31 marzo di ogni anno al Dipartimento della Funzione Pubblica i dati relativi ai permessi fruiti.
Disponibili, dal 1° giugno 2011, sul sito del ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, i dati relativi ai permessi di cui hanno usufruito i dipendenti pubblici in base alla L. n.104/92, nel corso del 2010: tra questi, oltre al numero di dipendenti, la tipologia ( personale o per assistenza a parente o affine),  i diversi gradi di parentela tra il disabile e i lavoratori interessati.
Dai dati, pubblicati in modo da garantire il rispetto della privacy, si deduce che le scuole sono tate tra le amministrazioni più solerti nell'ottemperare alla nuova legge: hanno infatti trasmesso i loro dati ben 9.703 istituti su 11.232, per un totale di 103.471 dipendenti dichiarati fruitori e di 1.404.859 giornate lavorative. Una risposta puntuale al monitoraggio è arrivata anche delle Aziende sanitarie locali: a oggi la banca dati raccoglie le schede trasmesse da 209 amministrazioni, per un totale di 34.985 dipendenti fruitori dei permessi e di 882.328 giornate lavorative. Per quanto riguarda invece i Ministeri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i dipendenti fruitori risultano essere 16.968 per un totale di 437.511 giornate lavorative.
Fonti: Circolare Inps n.155/2010 e n.45/2011, Circolare Funzione Pubblica n. 13/2010, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione
 
  • Viene precisato, modificando l’art.33 D. lgs. 151/01, che per ogni minore con handicap grave, la lavoratrice madre, o in alternativa il lavoratore padre, anche adottivi, hanno diritto di fruire entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino del congedo parentale, in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. 
 
  • Permessi per assistenza ai soggetti portatori di handicap grave

  • viene ristretta la platea dei dipendenti che ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave: il dipendente potrà  assistere il coniuge, o un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, solo se i genitori o il coniuge della persona con handicap grave abbiano compiuto i 65 anni di età oppuresiano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.La modifica riguarda l’art. 33 della L. n.104/92.
Modalità di fruizione dei permessi
Le modalità di fruizione dei permessi sono riassunte nella Circolare n.45 che l'Inps ha diramato il 1° marzo 2011. Questi alcuni dei punti principali.
Il dipendente in situazione di disabilità grave ha la possibilità di fruire alternativamente in ogni mese di:
  • 2 ore di permesso al giorno per ciascun giorno lavorativo del mese;
  • 3 giorni interi di permesso al mese;
  • 18 ore mensili da ripartire nelle giornate lavorative secondo le esigenze personali, frazionabili e fruibili per un tempo pari o superiore ad un’ora; le predette ore, se fruite per l’intera giornata, comporteranno un abbattimento dell’orario teorico giornaliero (pari a 7 ore e 12 minuti).
Il dipendente per l’assistenza a ciascun familiare in situazione di disabilità graveha la possibilità di fruire alternativamente di:
  • 3 giorni interi di permesso al mese;
  • 18 ore mensili da ripartire nelle giornate lavorative secondo le esigenze personali, frazionabili e fruibili per un tempo pari o superiore ad un’ora; le predette ore, se fruite per l’intera giornata, comporteranno un abbattimento dell’orario teorico giornaliero (pari a 7 ore e 12 minuti).
Il dipendente deve comunicare al Direttore della struttura di appartenenza, all’inizio di ciascun mese, la modalità di fruizione dei permessi, non essendo ammessa la fruizione mista degli stessi nell’arco del mese di riferimento ed è tenuto altresì a comunicare, per quanto possibile, la relativa programmazione.
 
Le nuove norme non precludono la possibilità per lo stesso dipendente di assistere più persone in situazione di disabilità grave: se ne ricorrono tutte le condizioni, il medesimo lavoratore potrà fruire di permessi anche in maniera cumulativa per prestare assistenza a più disabili.
Le nuove norme, inoltre, non precludono ad un lavoratore in situazione di disabilità grave di assistere altro soggetto che si trovi nella stessa condizione e, pertanto, in presenza dei presupposti di legge, tale dipendente potrà fruire dei permessi per se stesso e per il familiare disabile che assiste.
Qualora il dipendente fruisca dei benefici in argomento per assistere un familiare disabile lavoratore, è necessario che l’assistito non sia impegnato in attività lavorativa nella stessa giornata in cui è richiesto il permesso.
Fonte: Circolare Inps n.45/2011