Dal 1° gennaio entra in vigore la riforma delle pensioni, contenuta nel decreto legge 201/2011 (legge 214). Pensioni di vecchiaia con requisiti più elevati, assegni determinati con il contributivo anche per coloro che avevano conservato il più vantaggioso metodo retributivo, sostanziale cancellazione per le pensioni di anzianità: sono i principali capitoli della riforma voluta dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero. L'effetto delle misure previdenziali contenute nella manovra è quello di unificare l'età di uscita dal lavoro, che a regime (nel 2022) sarà per tutti di 67 anni, con la sola eccezione delle persone che hanno lavorato oltre 41-42 anni (pensione anticipata) o che hanno svolto lavori usuranti (che potranno andare in pensione con le "vecchie" quote per le anzianità. Vediamo di seguito le novità principali.

Dalla pensione di anzianità alla pensione anticipata
Secondo la disciplina vigente prima della riforma Fornero (e cioè la legge 247/2007), la pensione di anzianità poteva essere conseguita se − sommando età anagrafica e anzianità contributiva − si raggiungeva un coefficiente minimo (la "quota"). Il valore della quota era destinato a crescere progressivamente negli anni, fino a stabilizzarsi nel 2013 a 97 (per i dipendenti) e 98 (per gli autonomi). L'unico caso in cui la pensione di anzianità poteva essere conseguita senza alcun collegamento con l'età anagrafica era quello in cui il lavoratore aveva maturato 40 anni di contribuzione.

 

La riforma ha modificato in profondità questo sistema, cancellando la possibilità di andare in pensione col sistema delle quote, e introducendo la pensione anticipata, che consente di andare in pensione prima dell'età di vecchiaia solo se si superano i 41 anni e un mese di contributi (per le donne) e i 42 anni e 1 mese (per gli uomini).Il requisito è destinato a crescere di un mese nel 2013 e nel 2014 ed aumenterà con il miglioramento della speranza di vita. In ogni caso, ci sono penalizzazioni sulla pensione per chi sceglie il pensionamento anticipato prima dei 62 anni. La quota dell'assegno calcolata sui contributi accumulati entro il 2011 viene infatti tagliata dell'1% l'anno. Se si opta per andare in pensione prima dei 60 anni, la forbice sarà del 2% l'anno.

Pensione di vecchiaia
Prima della riforma, l'età per accedere alla pensione di vecchiaia era fissata a 65 anni per gli uomini, quale che fosse il settore di attività, mentre per le donne si applicava un requisito differenziato in funzione del settore lavorativo.

La riforma stabilisce che, dal 1° gennaio 2012, l'età di pensionamento è fissata per tutti i lavoratori dipendenti e autonomi e per le dipendenti del settore pubblico all'età di 66 anni.