Il Fondo di Garanzia istituito con Legge 29 maggio 1982, n. 297 presso l'INPS e gestito dall'Istituto medesimo, ha la funzione di assicurare ai lavoratori, nel caso di insolvenza del datore di lavoro, ossia di fallimento o di soggezione ad altra procedura concorsuale, l’ effettiva soddisfazione effettiva dei propri crediti di lavori, tra i quali deve essere contemplato anche il trattamento di fine rapporto.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, che con sentenza n. 19702 del 24 settembre 2007 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale consolidatosi sul punto con sentenza n. 1885 del 1 febbraio 2005.

La vicenda sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi la S.C. ha origine nell’opposizione promossa dall'INPS avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Massa Carrara per il credito di lavoro vantato da un lavoratore nei confronti di
Secondo l’assunto dell’INPS le somme richieste dal lavoratore, a titolo di TFR, risultava eccessivo rispetto ai pochi mesi di lavoro prestato presso una s.r.l. di cui era stato dichiarato il fallimento. L’opposto affermava, inoltre, che la pretesa del lavoratore doveva ritenersi infondata in quanto si riferiva anche ad un precedente rapporto di lavoro svolto alle dipendenze della s.p.a. Fe, che non era stata dichiarata fallita. Ciò escludeva l’applicabilità della disciplina di cui alla Legge n. 297 del 1982, articolo 2 che, come detto, presuppone lo stato d'insolvenza del debitore.
Il lavoratore, da parte sua, si difendeva sostenendo di aver pattuito con la s.r.l. una estromissione liberatoria, che non avendo carattere novativo aveva mantenuto la natura originaria del credito per t.f.r.
La tesi dell’opposto veniva ritenuta fondata sia dal Pretore, investito dell’opposizione, che dal Tribunale di Massa Carrara, avanti al quale l’INPS aveva proposto gravame sostenendo l’applicabilità dell'articolo 2112 c.c., atteso che il lavoratore disponendo del proprio credito al di fuori della procedura di cui al comma 2 di tale disposizione, aveva rinunciato a farlo valere nei confronti dell'effettivo datore di lavoro, in vista dell'assunzione da parte di una società da considerarsi terza o continuatrice della precedente.
L’Istituto sosteneva, inoltre, l’infondatezza della Pretesa attorea e l’erroneità della pronuncia del giudice di prime cure atteso che l’art. 2 della L. n. 297 del 1982, facendo espresso riferimento al datore di lavoro e non al cessionario o al preteso espromissore, non poteva essere derogato pattiziamente dai privati.
Tuttavia anche il giudice del gravame non ha ritenuto di poter accogliere le eccezioni dell’INPS, anzi facendosi carico dell'obiezione secondo cui la Legge n. 297 del 1982, articolo 5, nel prevedere l'intervento sostitutivo del fondo di garanzia, fa riferimento al "datore di lavoro" e non anche a cessionari o espromissori, osserva che in realtà la norma non esclude l'intervento del fondo di garanzia ai fini del pagamento del t.f.r. maturato di il lavoratore nel corso dell'intera vita lavorativa (e quindi nella specie per la parte del t.f.r. relativa al periodo in cui il lavoratore era stato dipendente della Fe.), nell'ipotesi di espromissione liberatoria, quale quella configurabile nella specie, giusta la qualificazione già operata dal giudice di primo grado e rispondente alle previsioni del codice civile.

La sentenza della Cassazione non fa che confermare l’assunto dei giudici di merito.
La S.C., infatti, ha richiamato la direttiva Cee 20 ottobre 1980, n. 80/987, in applicazione della quale venne istituito con la citata Legge n. 297/1982 il Fondo di Garanzia.
Secondo la direttiva gli Stati Membri avrebbero dovuto attivarsi al fine di adottare le misure necessarie per assicurare il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati relativi alla retribuzione degli ultimi tre mesi del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro, nell'ambito di un periodo di sei mesi.
Ne risulta, quindi, stabilito che l'applicazione della direttiva sia subordinata alla soggezione del datore di lavoro a fallimento oppure ad altra procedura concorsuale, con analoga finalità liquidatoria del patrimonio del debitore .
Tuttavia, in applicazione del principio del favor praestatoris, nel dare attuazione alla predetta direttiva il legislatore italiano ha inteso assicurare al lavoratore anche il diritto alla corresponsione del TFR.
Ne risulta, quindi, stabilito che il Fondo di Garanzia - nelle prospettate ipotesi di insolvenza del datore di lavoro - "si sostituisce" al datore di lavoro anche nel pagamento del trattamento di fine rapporto con conseguente accollo cumulativo ex lege in via solidale e, ad un tempo, sussidiaria (dovendosi preventivamente agire nei confronti del debitore principale) della medesima obbligazione del datore di lavoro, rimasta inadempiuta per insolvenza del medesimo.
Ne consegue, prosegue la Corte, l’obbligo dell’ INPS di intervenire nel fallimento o nella procedura concorsuale cui è soggetto il datore di lavoro, con conseguente insinuazione del credito, vantato dal lavoratore nei confronti del Fondo di Garanzia, nello stato passivo del fallimento (o di altra procedura concorsuale) del datore di lavoro.