IL BLOCCO DELLA PEREQUAZIONE AUTOMATICA DELLE PENSIONI ANTICOSTITUZIONALITA’

La legge 297/82 oltre ad introdurre un nuovo e omogeneo  sistema di indennità di fine rapporto nel lavoro privato ex art. 2120 c.c. , ha previsto all’art. 3 anche un diverso sistema di adeguamento delle pensioni al costo della vita finanziato, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti iscritti all’assicurazione generale obbligatoria INPS, con un contributo dello 0,50% da applicarsi sugli imponibili retributivi annui.

Tale contributo risulta a carico dei datori di lavoro che esercitano però un diritto di rivalsa sugli accantonamenti del TFR (su una retribuzione lorda media di 30.000 euro il contributo in rivalsa ammonta a 150 euro annui).

Trattandosi quindi di un contributo previdenziale, cioè un premio assicurativo, il sistema di adeguamento pensionistico di cui alla citata legge avrebbe dovuto rimanere inalterato almeno per i lavoratori dipendenti, essendo i soli a contribuire per tali adeguamenti.

La disciplina della perequazione automatica ha subito però post legge 297/82 notevoli modifiche, con la conseguente riduzione, anche sensibile, del valore delle pensioni.

Infatti già l’art. 21 della legge 730/83, poi l’art. 34 della legge 448/98 per finire con l’art. 69 della legge 388/2000 (legge finanziaria 2001) hanno determinato una riparametrazione della rivalutazione pensionistica del tutto insufficiente rispetto all’aumento del costo della vita, soprattutto per le pensioni eccedenti 3 e 5 volte il trattamento minimo cui va aggiunto il drenaggio fiscale degli aumenti per indicizzazione.

La Corte Costituzionale con la nota sentenza 30/2004, nel riconoscere alla pensione la natura di retribuzione differita, pur non rilevando un principio costituzionale che possa garantire l’adeguamento costante delle pensioni al successivo trattamento economico dell’attività di servizio corrispondente conclude “Il perdurante necessario rispetto dei principi di sufficienza ed adeguatezza delle pensioni impone al legislatore, pur nell’esercizio del suo potere discrezionale di bilanciamento tra le varie esigenze di politica economica e le disponibilità finanziarie, di individuare un meccanismo in grado di assicurare un reale  ed effettivo adeguamento dei trattamenti di quiescenza alle variazioni del costo della vita (...). Con la conseguenza che il verificarsi di irragionevoli scostamenti dell’entità delle pensioni rispetto alle effettive variazioni del potere di acquisto della moneta, sarebbe indicativo della inidoneità del meccanismo in concreto prescelto ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e dignitosa nel rispetto dei principi e dei diritti sanciti dagli articoli 36 e 38 della Costituzione»”.

Nonostante il pronunciamento costituzionale, il legislatore con la legge 24.12.2007 n. 247, ha bloccato per l’anno 2008, la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici eccedenti 8 volte il trattamento minimo INPS e precisamente quelli di importo superiore a 3542,88 euro.

La Corte, con sentenza n. 316 del 3 novembre 2010, pur dichiarando la norma costituzionale in quanto la mancata perequazione per un solo anno sulle pensioni alte non incide sull’adeguatezza delle stesse, segnala anche che “ la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”.

Cioè la Corte Costituzionale ritiene il blocco della perequazione automatica sulle pensioni alte conforme ai dettati della Carta purché non venga reiterato.

Ora, con la manovra salva Italia di cui alla legge 214 del 22 dicembre 2011, non solo le pensioni elevate, ma anche quelle di importo lordo superiore a 1405 euro mensili vengono bloccate per gli anni 2012 e 2013.

Appare evidente che il legislatore ha travalicato i limiti imposti dalle sentenze della Corte Costituzionale sopra richiamate. Del resto il blocco della perequazione automatica produce i suoi effetti in modo permanente, non essendo prevista alcuna forma di recupero negli anni successivi.

La mancata rivalutazione delle pensioni per ben due anni consecutivi incide in modo significativo sulla proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso della vita lavorativa, alterando, tra l’altro, quel principio di adeguatezza previsto dal secondo comma dell’art. 38 della costituzione.

Non solo, ma appare anche evidente che, il blocco delle pensioni  medie e medio-basse, viola l’art. 3 e 36 della Costituzione, determinando una ingiusta discriminazione tra i percettori di pensioni superiori ed inferiori a 1405 euro lorde mensili, dove i primi sono esposti al rischio inflattivo, con conseguente perdita economica significativa nel rapporto di proporzionalità costituzionalmente garantito.

La legge di stabilità per il 2013 ipotizza la continuazione per il terzo anno consecutivo del blocco della perequazione automatica per i trattamenti pensionistici superiori a circa 3000 euro lordi, se le disponibilità finanziarie non risultano sufficienti a far fronte al problema della tutela degli “esodati”.  Si tratta della paralisi del sistema perequativo, ove viene di fatto introdotta una imposta permanente nei confronti di alcune categorie di pensionati del tutto in contrasto con i principi costituzionali dettati dalla sentenza della Corte  n. 316/2010,