L’art. 26 della l. 30 marzo 1971 n. 118 (congedo per cure), prevede che ai lavoratori mutilati ed invalidi civili, cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa inferiore ai due terzi, può essere concesso ogni anno un congedo straordinario per cure non superiore a trenta giorni.

Tale norma è stata, poi, abrogata dal d.lgs. 2011/119 il cui art. 7 (congedo per cure per gli invalidi) ha testualmente statuito:

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 42, della legge 24 dicembre 1993, n.537, e successive modificazioni, i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacita' lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.

2. Il congedo di cui al comma 1 e' accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessita' della cura in relazione all'infermita' invalidante riconosciuta.

3. Durante il periodo di congedo, non rientrante nel periodo di comporto, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Il lavoratore e' tenuto a documentare in maniera idonea l'avvenuta sottoposizione alle cure. In caso di lavoratore sottoposto a trattamenti terapeutici continuativi, a giustificazione dell'assenza può essere prodotta anche attestazione cumulativa.

L'articolo 3, comma 42, della legge 24 dicembre 1993, n.537 aveva statuito che salvo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 37 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, sono abrogate tutte le disposizioni, anche speciali, che prevedono la possibilità per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, di essere collocati in congedo straordinario oppure in aspettativa per infermità per attendere alle cure termali, elioterapiche, climatiche e psammoterapiche.

Le norme sopra richiamate sono senz’altro applicabili al Pubblico impiego.

In proposito va detto che non trova applicazione l’art. 2 del d.lgs. 165/2001 sulla derogabilità delle norme di legge in forza di successivi contratti o accordi collettivi – poiché le norme di fonte primaria rubricate non riguardano soltanto i dipendenti delle pubbliche amministrazioni il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente, ma si riferisce anche ai lavoratori del settore privato. Alla luce dei principi generali (art. 1418 c.c.) si deve quindi affermare che le norme pattizie non possono derogare tali norme ma possono invece introdurre ulteriori regole attuative e non contrastanti con la ratio della norma ravvisabile nell’esigenza di assicurare agli invalidi civili in possesso dei requisiti di potere beneficiare delle garanzie fornite dalla legge.

Per Giurisprudenza pacifica, peraltro, il datore di lavoro non ha alcuna discrezionalità nella concessione del “congedo”: deve limitarsi ad accertare l’esistenza di tutti i presupposti di legge e, in particolare, della autorizzazione della ASL; in tal senso la Corte di Cassazione con sentenza della Sez. lav., 20 gennaio 1983, n. 555: “Il congedo straordinario, di durata non superiore a trenta giorni… è del tutto estraneo il datore di lavoro. Di conseguenza questo non può esercitare relativamente a tale beneficio i poteri conferitigli dalla normativa ordinaria (art. 2109 c.c.) con riferimento al congedo ordinario, ma deve limitarsi a prendere atto dell'avvenuta concessione attraverso l'informativa che il prestatore di lavoro ha l'onere di fornirgli per essere, con questo solo atto, legittimato al godimento del riposo, sempre che della sua qualità di invalido, quale presupposto logico giuridico, cui la legge automaticamente ed immediatamente ricollega un insieme di particolari provvidenze, il datore di lavoro sia comunque venuto a conoscenza”.

Da quanto sopra discende, peraltro, che la P.A. non potrà procedere alla decurtazione dello stipendio a titolo di malattia in applicazione dell’art. 21 del CCNL Enti locali del 6.7.1995, qualora il dipendente avesse usufruito dei trenta giorni di congedo previsti dalle norme vigenti.