Il MAE, adottato nel 2002, sostituisce il sistema dell'estradizione imponendo ad ogni autorità giudiziaria nazionale (autorità giudiziaria dell'esecuzione) di riconoscere, ipso facto, e dopo controlli minimi, la domanda di consegna di una persona formulata dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro (autorità giudiziaria emittente). La decisione quadro è entrata in vigore il 1° gennaio 2004 e ha sostituito i testi esistenti in materia. La decisione quadro definisce il "mandato d'arresto europeo", come ogni decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell'arresto o della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini: dell'esercizio di un'azione penale; dell'esecuzione di una pena; dell'esecuzione di una misura di sicurezza privativa della libertà. L’attuazione del mandato d’arresto europeo nell’ordinamento italiano è avvenuto con la legge 22 aprile 2005, n. 69, recante: “Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri”. Nell’art.1 della l. n. 69/2005, il mandato di arresto europeo viene definito come una “decisione giudiziaria” emessa da uno Stato membro (di “emissione”) in vista dell’arresto e della consegna di una persona da parte di un altro Stato membro (“di esecuzione”). L’art. 2 della legge indica le garanzie di ordine costituzionale che debbono essere osservate nell’esecuzione del mandato d’arresto europeo. La norma rinvia a un insieme di diritti fondamentali, principi e regole in materia di giusto processo, libertà personale, diritto di difesa, principio di eguaglianza, responsabilità penale e qualità della sanzione penale, contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e nella Costituzione italiana, e la cui concreta verifica può rendere necessaria una richiesta di “idonee garanzie” allo Stato membro di emissione (comma 2). Competente a giudicare, per il procedimento di consegna passiva, è la Corte d’Appello competente per territorio  nell’ordine, del luogo di residenza, dimora o domicilio dell’imputato o condannato, nel momento in cui il mandato di arresto europeo è ricevuto dall’autorità giudiziaria italiana. Quando la competenza non può essere determinata in base a tali criteri è competente la corte di appello di Roma. Una deroga è prevista nei casi, statisticamente frequenti, in cui la persona ricercata viene arrestata sul territorio italiano per effetto di una richiesta di arresto introdotta nel sistema informativo Schengen, ai sensi dell’art.95 della relativa convenzione (CAAS, Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, ratificata dall’Italia con legge 30 settembre 1993, n.388); in questi casi, è competente la corte d’appello nel cui distretto si è verificato l’arresto da parte della polizia giudiziaria. Nell’ambito della procedura passiva di consegna, una significativa variazione procedimentale può essere determinata dal consenso alla consegna che la persona può prestare a seguito del suo arresto. Il consenso alla consegna può essere manifestato in tutte le fasi del procedimento, anche mediante dichiarazione al direttore della casa di reclusione (che deve immediatamente trasmetterla al presidente della corte di appello, anche a mezzo telefax) o con dichiarazione resa nel corso dell’udienza davanti alla corte e fino alla conclusione della discussione; in questi casi, come per l’estradizione consensuale, ha luogo una procedura semplificata (art. 13 della decisione quadro); a seguito del consenso alla consegna, infatti,  la corte di appello decide sulla esecuzione del mandato di arresto europeo con ordinanza emessa senza ritardo e, comunque, non oltre dieci giorni (termine mutuato dall’art.17, par.2, della decisione quadro), dopo avere sentito il procuratore generale, il difensore e, se comparsa, la persona richiesta. L’ordinanza è ricorribile per cassazione.

L’art. 18 della legge  n°69/2005 elenca venti motivi di rifiuto obbligatorio della consegna. Ulteriori motivi sono previsti nell’art. 6, co. 6 (quando l’autorità straniera non dà corso alla trasmissione  degli atti e documenti richiesti); art. 7, co. 1 (mancanza della doppia punibilità); art.8, co. 3 (consegna del cittadino italiano in relazione a un fatto non previsto come reato dalla legge italiana, quando ricorre ignoranza incolpevole sulla norma penale dello Stato di emissione).

Sono motivi di rifiuto quelli previsti nell’art. 8 co. 3, cit., e nell’art.18, lettera b) (se il diritto è stato leso con il consenso di chi, secondo la legge italiana, può validamente disporne); lettera c) (se per la legge italiana il fatto costituisce esercizio di un diritto, adempimento di un dovere ovvero è stato determinato da caso fortuito o forza maggiore); lettera d) (se il fatto è manifestazione della libertà di associazione, della libertà di stampa o di altri mezzi di comunicazione); lettera e) (se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva); lett. S) (sia madre di prole di eta’ inferiore a tre anni). In presenza di tali circostanze, adeguatamente provate, la Corte d’Appello dovrebbe negare la consegna, la decisione è assunta con sentenza.