Nel nostro ordinamento giuridico è di fondamentale importanza la distinzione tra persona offesa (cioè il titolare del bene giuridico che è stato leso dalla commissione del reato) e danneggiato (cioè il soggetto che, a seguito della commissione del reato, ha riportato un danno patrimoniale o morale).

In particolare la persona offesa è identificata come la vittima del reato, il cui ruolo è studiato da una specifica branca della criminologia (vittimologia), molto attenta a spostare l’attenzione dal reo a colui che ha subito le conseguenze pregiudizievoli del reato stesso.

Ricordiamo che la persona offesa esercita poteri di sollecitazione nei confronti del Pubblico Ministero p.es. in tema di incidente probatorio, in quanto può richiedere l’intervento della Pubblica accusa affinchè, ai sensi dell’art. 394 c.p.p., essa promuova, innanzi al Giudice per le indagini preliminari, la richiesta di anticipazione della fase di formazione della prova.

Inoltre, non va dimenticato che la persona offesa, nel caso in cui presenti un atto di denuncia-querela, richiede sempre, in base al disposto di cui all’art. 408 c.p.p., di essere informata di un‘eventuale richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero.

Se quest’ultimo sulla base delle investigazioni difensive, ritiene infondata o non provata la notizia di reato, ha l’onere di provvedere alla notifica della richiesta di archiviazione alla persona offesa; in caso contrario, la stessa persona offesa può proporre ricorso in Cassazione lamentando la mancata notifica del provvedimento, in quanto trattasi di erronea applicazione della legge processuale penale.

Nel corso dell’udienza preliminare (o al più tardi entro il termine di apertura del dibattimento), la persona offesa, per il tramite di un suo difensore e procuratore speciale, può costituirsi parte civile richiedendo il risarcimento dei danni al responsabile del reato.

A tal proposito l’art. 78 c.p.p. stabilisce in maniera assolutamente rigorosa, a pena di inammissibilità, tutti i requisiti necessari per l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, che elenchiamo di seguito per chiarezza espositiva:

a) indicazione delle generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione/ente con indicazione del nominativo del legale rappresentante;

b) indicazione delle generalità dell’imputato a carico del quale viene richiesto il risarcimento dei danni;

c) il nome ed il cognome del difensore con l’indicazione della procura che può essere apposta in calce o a margine dell’atto stesso;

d) l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda al fine di poter individuare con chiarezza la pretesa fatta valere in giudizio.

La giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto sufficiente in determinati casi il mero richiamo al capo di imputazione affinchè venga soddisfatto tale requisito (p.es. reati di danneggiamento, ingiuria o minaccia), anche se la soluzione più logica richiede di verificare caso per caso la pretesa civilistica di risarcimento danni.

e) la sottoscrizione del difensore, elemento assolutamente indispensabile in quanto la rappresentanza della parta processuale richiede la presenza del difensore munito di regolare procura.

In assenza della sottoscrizione, il Giudice dichiara l’inammissibilità dell’atto di costituzione di parte civile a causa dell’inosservanza di una modalità di forma espressamente prevista dalla legge, che non consente alcun tipo di deroga.

Il codice di procedura penale stabilisce che la costituzione di parte civile può essere depositata nella cancelleria del giudice che procede (cioè il giudice assegnatario del procedimento) o presentata direttamente in udienza.

E’ bene precisare che, qualora la parte civile intenda citare propri testi, dovrà rispettare il termine previsto dall’art. 468 c.p.p. e, quindi, provvedere al deposito della lista testimoniale entro il termine perentorio di sette giorni antecedenti la data fissata per il dibattimento.

In questo caso la parte civile sarà tenuta a notificare la propria costituzione alle altre parti (Pubblico Ministero ed imputato), al fine di favorire appieno il contraddittorio che il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. mira a realizzare compiutamente.

Sulla parte civile grava l’onere, nel momento in cui deve effettuare la notifica dell’atto di costituzione, di accertare con assoluta diligenza il luogo ove ha eletto domicilio l’imputato; in caso contrario, infatti, il Giudice dichiara con ordinanza l’inammissibilità della costituzione per mancata notifica all’imputato con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di richiesta prove ed esame testimoniale.

In merito alla possibile esclusione della parte civile dal processo penale, la relativa richiesta deve essere presentata, con obbligo di motivazione, dal Pubblico Ministero, dall’imputato e dal responsabile civile (cioè il soggetto tenuto a rispondere in sede civile dei danni cagionati dall’imputato come ad es. l’impresa di assicurazione o i genitori per i figli minori).

Le ragioni più frequenti per le quali viene esclusa la parte civile sono dovute alla tardività della costituzione (costituzione presentata dopo che sia stato dichiarato aperto il dibattimento) o al mancato rispetto di requisiti formali della costituzione (mancanza di sottoscrizione da parte del difensore).

Nel caso in cui l’esclusione della parte civile venga disposta durante l’udienza preliminare, la pretesa risarcitoria può essere ripresentata nuovamente innanzi al Giudice del dibattimento, provvedendo a sanare eventuali difetti della costituzione.

La parte civile può altresì revocare la propria costituzione di parte civile mediante una dichiarazione presentata in udienza o depositare l’atto di revoca presso la Cancelleria del giudice procedente, notificandolo a tutte le altre parti interessate.

Un’applicazione pratica del nostro discorso si verifica qualora la parte civile abbia ottenuto dall’imputato o dal responsabile civile il risarcimento dei danni; in questo caso, la parte civile, per il tramite del proprio difensore e procuratore speciale, deposita la dichiarazione di remissione della querela ai sensi dell’art. 340 c.p.p. con contestuale accettazione da parte dell’imputato.

La persona offesa, costituita parte civile, viene esaminata in dibattimento alla stregua di qualsiasi altro testimone; pertanto, essa ha l’obbligo di dire la verità e le sue dichiarazioni dovranno essere valutate con molta attenzione dal Giudice, in quanto è portatrice di un interesse contrapposto a quello dell’imputato.

Al termine del processo, il difensore della parte civile rassegna le proprie conclusioni chiedendo la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni nonché alla rifusione delle spese legali, mentre è il Giudice che decide la quantificazione totale, pronunciando la sentenza di condanna nei confronti dell’imputato.

Se il Giudice non è in grado di quantificare il danno, rimette le parti innanzi al Giudice civile innanzi al quale la parte civile dovrà, utilizzando la sentenza di condanna di primo grado, rivolgersi per ottenere il pieno soddisfacimento dei propri interessi.

Infine, nel caso in cui il Giudice pronunci sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, il querelante, in base all’art. 427 c.p.p., si espone al rischio di essere condannato al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato.