Il tribunale in sede di appello, nel rigettare il gravame e condannare l'appellante alle spese del grado, osservava che il primo giudice aveva specificato in motivazione le gravi ed eccezionali ragioni per le quali aveva ritenuto di compensare integralmente le spese di lite; che le aveva individuate nella complessità della problematica sollevata, relativamente alla regolamentazione delle aree destinate alla sosta oraria a pagamento.
Peraltro, per il giudice di appello la compensazione delle spese di lite costituisce esplicazione del potere discrezionale del giudice del merito, potere nella fattispecie correttamente e motivatamente esercitato.
A.F. ricorre quindi in Cassazione, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 2° comma c.p.c: per il ricorrente, se il giudice vuole compensare le spese di lite, deve dimostrare, sulla base di un dettagliato ragionamento, di ravvisare nel caso concreto la sussistenza di gravi ed eccezionali motivi.
La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, chiarisce che:
 A) alla fattispecie in esame si applica il seguente dettato dell'art. 92, comma 2, c.p.c.: "se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti";
B) l'ipotesi de qua fuoriesce dall'ambito della "reciproca soccombenza", che implica - anche in relazione al principio di causalità - una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l'accoglimento parziale dell'unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell'accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo;
C) peraltro le "gravi ed eccezionali ragioni" - da indicarsi esplicitamente nella motivazione - che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente, per derogare il principio della soccombenza, il mero riferimento alla "peculiarità della materia del contendere";
4) va quindi condivisa la prospettazione della ricorrente secondo cui il riferimento operato dal primo giudice alla "complessa problematica sollevata" si risolve in una clausola di mero stile o in una motivazione del tutto "apparente", che ricorre quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico - giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito.