Tale previsione fornì finalmente, dopo anni di vuoto legislativo a riguardo, una vera e propria integrazione ad uno dei pilastri più importanti della nostra civiltà giuridica, quello romanistico per cui audiatur et altera pars (si ascolti anche l’altra parte), principio che spesso era minato dall’impossibilità economica e, di conseguenza, inficiava l’esercizio stesso del diritto di difesa.
Per essere ammessi bisogna dichiarare d’avere un reddito imponibile non superiore a € 10.766,33 annui e, nel caso in cui l’interessato conviva con il coniuge od altri familiari, la somma dei redditi dei conviventi non deve superare la detta somma. Nelle cause aventi ad oggetto diritti della personalità o nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi si tiene, invece, conto del solo reddito personale.
Di particolare rilievo è l’articolo 119 del decreto in esame, in quanto garantisce, ai fini del patrocinio a spese dello Stato, l’equiparazione sostanziale tra cittadino italiano, cittadino straniero ed apolide.
È tuttavia molto importante notare che questa equivalenza vale solamente tra cittadini e stranieri che siano regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato e ciò comporta, di fatto, l’esclusione di quei soggetti che non siano in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità.
La norma si estende, da ultimo, anche alle associazioni e agli enti, posto che queste persone giuridiche non perseguano fini di lucro e, più generalmente, non esercitino un’attività prettamente economica.
Qualora la parte ammessa al cosiddetto gratuito patrocinio dovesse soccombere, tuttavia, non potrà giovarsi di tale ammissione per promuovere l’impugnazione della sentenza avversa, ferma restando l’impossibilità di continuare ad avvalersi del diritto in esame nei successivi gradi di giudizio. Appello e ricorso per Cassazione, quindi, non potranno essere addebitati a spese dello Stato, bensì ricadranno in capo al soggetto che aveva usufruito dell’istituto de quo nella fase processuale appena chiusa.
Avv. Giorgio Bianco
Dott. Fabio Spina