Le “ridondanze processuali” vanno a morire: “quodcumque inutile, etiam damnosum”.
E ridondante è senz’altro l’ “l’attestazione di consegna dell’atto” (cd. “relata”) contenuta nella pec che veicola l’atto da notificare; attestazione voluta dal legislatore (art.3bis c.5 della L.53/94), ma destinata a rientrare nel museo degli “oggetti giuridici” del passato.
In effetti, se c’è una cosa che la p.e.c. sa fare bene, è proprio quella di attestare, senza possibilità di errore, che un atto, proveniente da una certa persona, è stato consegnato a una certa casella di posta. Le buste informatiche di consegna e accettazione costituiscono pienamente “relata”, con una blindatura addirittura tecnologica e quindi superiore a qualsiasi altra forma analogica; dalla “triade” digitale (p.e.c. /busta consegna /busta accettazione) si desumono perfettamente tutti gli elementi dell’art.3 bis, mentre la cd. “relata” umana è meramente ripetitiva e quindi inutile. La p.e.c. fa già prova piena dell’avvenuta consegna (informatica), in quanto rende certa la consegna, l’orario, il destinatario, l’emittente, e in più anche il contenuto testuale dell’atto.
La relata contenente la “dichiarazione ideologica” del difensore (“ho notificato, con impronta ash xyz, rif.temporale ….”) è un “quid minoris” perchè è suscettibile di errore (involontario) e di “falso ideologico” (volontario), quindi di prova contraria; ma soprattutto è tautologica rispetto a quanto già attestato irrefragabilmente dalla p.e.c.; ne’ essa aggiunge nulla che non sia già contenuto nella p.e.c.
D’altra parte, se mai fosse dubitabile la “conoscenza piena” dell’atto veicolato dalla p.e.c., allora sarebbe ugualmente dubitabile anche la conoscenza piena della relata, che è stata veicolata con lo stesso identico strumento. Dovremmo allora fare la “relata della relata”, e così via all’infinito!. Quindi la relata dentro alla p.e.c. è sovrabbondante. Un grazioso orpello.
Evidentemente, l’art.3 bis L.53/94 ha natura “ordinatoria”, e la carenza determinerebbe una mera irregolarità formale. Ma quand’anche si volesse dare credito ai fautori del formalismo processuale, e tacciare di “nullità” una notifica digitale senza la cd. “relata”, sarebbe agevole affermare la validazione dell’atto grazie al principio del “raggiungimento dello scopo” (artt.156 c.2 e 160 c.p.c.). Infatti se il destinatario asserisce di non aver ricevuto l’atto, si potrà provare il contrario mediante perizia; se asserisce di averlo ricevuto, ma senza l’allegato, di fatto confessa la piena conoscenza dell’atto, e convalidando quindi la notifica. Infatti, lo “scopo della norma” (cui comparare l’effettività della notifica) è la conoscenza dell’atto contenuto nella p.e.c., e non la conoscenza della relata (la relata è ancillare rispetto all’atto, e la prova della conoscenza del secondo, rende inutile la prima. Sempre che la p.e.c. sia munita delle due buste, di accettazione, e di consegna.
avv. Enrico Gorini
Foro di Rimini
civilista
La “relata di notifica” contenuta nella p.e.c.: un mammùt in attesa di estinzione
Se la p.e.c. è regolare, la "relata" dell'avvocato non serve
Avv. Enrico Gorini
di Rimini
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