Anche chi si rivolge per la prima volta ad un legale, per esempio al fine di recuperare un credito, sa di dover anticipare, oltre al compenso del difensore, numerose spese, ma la natura delle stesse non è sempre di così facile comprensione.
Per esempio, sono piuttosto intuitive le voci relative alle spese postali e di notifica, un po’ meno quello relative ai diritti di copia.
Due copie autentiche di atti da sei pagine costano € 26,96 più i costi delle fotocopie?
Sì, è il D.M. 07.05.2015 che lo prevede (e che prontamente esibisco ogni volta).
Un po’ più oscure restano altre tipologie di uscite, come il contributo unificato e la relativa marca da € 27,00 ex art. 30 T.U. spese di giustizia per le anticipazione forfettarie.
Per quel che riguarda il primo gruppo, fortunatamente si tratta di esborsi ora riducibili o addirittura azzerabili attraverso l’utilizzo del processo telematico, il potere di certificazione dell’Avvocato e le notifiche a mezzo PEC.
Quanto al contributo unificato la reazione che normalmente noto è di pacifica rassegnazione.
Reazione ben diversa da quella che posso osservare ogni volta devo introdurre l’argomento “imposta di registro”.
Torniamo al creditore che vuole instaurare una procedura monitoria nei confronti del debitore per ottenere il pagamento di quanto dovuto. Diligentemente verrà avvisato che il decreto ingiuntivo ottenuto, una volta esecutivo, verrà inviato all’Agenzia delle Entrate che liquiderà quindi l’imposta di registro.
Silenzio e smarrimento.
Ma come?
Si può richiamare l’intera normativa di settore, si può spiegare che l’importo corrispondente andrà ad aumentare l’esposizione del debitore, ma cambia davvero poco.
Il creditore, sapendo che in sostanza dovrà anticipare anche questi importi e che vi sarà comunque un margine di rischio per cui anche queste somme potrebbero non essere rifuse, nel migliore dei casi scuoterà la testa e si lamenterà.
Mesi dopo l'Avvocato, nel preventivare costi e spese per l’esecuzione – magari un pignoramento del quinto dello stipendio – dovrà nuovamente affrontare l’argomento.
Come sopra, ma con più enfasi.
Un’altra imposta di registro?
Siamo fortunati, possiamo procedere con una forma di pignoramento piuttosto sicura, per cui al Magistrato faremo specificare che entrambe le imposte di registro, sul decreto ingiuntivo e sull’ordinanza di assegnazione, dovranno essere rimborsate dal debitore e dal terzo.
Quasi ci siamo. Se va tutto bene abbiamo tranquillizzato il nostro creditore che alla fine della pratica tirerà un sospiro di sollievo e sarà rientrato di tutti i costi anticipati.
Ma chi tranquillizza me quando ricevo una PEC dal Tribunale che mi avvisa di aver trasmesso una sentenza di divorzio all’Agenzia delle Entrate per la liquidazione dell’imposta di registro?
Nessuno.
Due coniugi, entrambi economicamente autosufficienti, nessun mantenimento, nessun trasferimento, nessuna disposizione se non la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Verifico eventuali novità in materia (che non trovo, non esistono).
Rileggo l’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa“.
Rievoco nozioni apprese in tema di imposta di registro, ma ne ricavo solo la sentenza n. 154/1999 della Corte Costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 19 “nella parte in cui non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi” e che quindi non fa che rafforzare le mie idee.
Mi sfugge qualcosa?
Sto per chiamare una Collega quando ricevo una nuova PEC dallo stesso Tribunale per la medesima posizione: c’è stato un errore da parte della Cancelleria.
La sentenza di divorzio non doveva essere trasmessa all’Agenzia delle Entrate ed è stata richiamata.
Il sospiro di sollievo questa volta è il mio.