Premessa
 
La peculiarità dell’origine dell’ordinamento sportivo italiano e del processo evolutivo dei rapporti con l’ordinamento statuale[1] si riflette nella creazione spontanea di un autonomo modulo organizzativo, che ha trovato nell’associazionismo e nel volontariato le assi portanti dell’intero movimento[2].
La sua spiccata originalità, invero, ha reso difficile una piena identificazione con un modello liberista o con un modello interventista[3] al punto che la dottrina ha creato un c.d. tertium genus, noto come “modello Italia”, che ha rappresentato per molti anni l’unico sistema di come uno Stato, grazie al sistema dell’autofinanziamento, abbia “affidato per legge al movimento sportivo il compito di rispondere alla domanda di sport, interpretando le esigenze dei cittadini, e di esplicare così un’attività integrativa alla propria per assicurare la salute de il benessere dei cittadini”[4] .
Il fenomeno associativo rappresenta, dunque, l’elemento chiave sul quale la diffusione della pratica sportiva si fonda e la cui caratteristica fondamentale consiste nell’ampia autonomia sia economica sia normativa.
 
 
Le novità introdotte dalla Riforma della Giustizia Sportiva
 
La stagione 2014/2015 vedrà finalmente alla luce la riforma della giustizia sportiva. La modifica prende le mosse dall’abolizione, da un lato, dell’Alta Corte di Giustizia del CONI e, dall’altro, del Tribunale Nazionale Arbitrale dello Sport[5].
I nuovi organi della giustizia sportiva sono due: Il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura Generale dello Sport.
La ratio che emerge in modo evidente dagli obiettivi dei nuovi organi di giustizia è quella di controllo e supervisione da parte del CONI nei confronti delle Federazioni Sportive.
Sul punto, sembra di poter affermare che la nuova funzione degli organi di giustizia sportiva si concreti non più, esclusivamente, in un arco temporale ex-post quale organo di terzo ed ultimo grado di giustizia ma, soprattutto, ex-ante, a sostegno dell’attività delle procure federali, utilizzando in casi gravi il potere di avocazione.
Nello specifico, è stato previsto che il Collegio di Garanzia dello Sport abbia due funzioni: una, giurisdizionale e, l’altra, consultiva.
Esso avrà competenza “su tutte le decisioni non altrimenti impugnabili emesse dagli organi di giustizia sportiva federale ad eccezione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico – sportive di durata inferiore a 90 giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti.”
Per quanto concerne la funzione giurisdizionale, nell’ipotesi in cui il Collegio di Garanzia non dichiari l’inammissibilità del ricorso promosso, e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, esso decide in tutto o in parte la controversia[6] (questo in virtù del principio di celerità proprio dell’ordinamento sportivo); altrimenti, nella denegata ipotesi, rinvia all’organo di giustizia federale competente che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi definitivamente, entro sessanta giorni, applicando il principio di diritto dichiarato dal Collegio.
Nell’ipotesi in cui, invece, eserciti la funzione consultiva di cui al comma 5 dell’art. 12bis dello Statuto del CONI[7], esso si costituisce in sezioni definite dal Regolamento[8]. In tal caso, la relativa istanza è proposta dal CONI o, suo tramite, dalle Federazioni.
La Procura Generale dello Sport rappresenta, invece, la novità assoluta del nuovo sistema. Essa ha il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali e dal Procuratore generale, eletto dal Consiglio Nazionale su proposta della Giunta, tra i professori ordinari in materie giuridiche, gli avvocati abilitati all’esercizio della professione dinanzi alle magistrature superiori, gli avvocati dello Stato, i magistrati ordinari e amministrativi in servizio o a riposo, gli alti ufficiali delle forze di polizia, in servizio o a riposo.
I procuratori nazionali dello sport sono nominati dal Presidente del CONI su proposta dello stesso Procuratore generale dello sport, in numero non superiore a trenta, tra i professori e i ricercatori in materie giuridiche, gli avvocati e i dottori commercialisti con almeno cinque anni di iscrizione all’ordine o tre anni di servizio nell’ambito degli organi di giustizia sportiva, gli avvocati dello Stato, i magistrati in servizio o a riposo, i funzionari delle forze di polizia, in servizio o a riposo.  Al fine di consentire l’esercizio della vigilanza, il capo della procura federale deve assicurare un costante flusso di informazioni alla Procura generale dello sport.
Quest’ultima, anche su segnalazione di singoli tesserati e affiliati, può invitare il capo della procura federale ad aprire un fascicolo di indagine su uno o più fatti specifici.
Altra rilevante novità consiste nel c.d. potere di avocazione in forza del quale la Procura generale dello sport può, con provvedimento motivato, avocare l’attività inquirente dei singoli Procuratori Federali, ove si verifichi un superamento dei termini entro i quali le indagini devono concludersi, ovvero ove si presenti una richiesta – irragionevole – di proroga dei termini medesimi per l’indagine.
Tale potere potrà altresì essere esercitato dal Procuratore generale dello sport nei casi in cui si accertino omissioni nell’attività di indagine da parte dei singoli procuratori federali, tali da poter pregiudicare l’azione disciplinare ovvero, infine, nei casi in cui le richieste di archiviazione dei singoli procuratori federali possano ritenersi irragionevoli.
 
 
L’incidenza della riforma sulle esigenze dell’ordinamento sportivo
 
In merito alla riforma approvata, occorre verificare, a nostro avviso, se le previsioni introdotte nel nuovo sistema di giustizia sportiva contemperino oppure no le esigenze di celerità del sistema sportivo, del diritto di difesa e, infine, dell’autonomia delle singole Federazioni Sportive.
In merito al requisito di celerità si evidenzia che i tempi di giudizio saranno certi e uniformi per tutti gli ordinamenti federali: 90 giorni per il I grado e 60 giorni per il II grado (a far capo dalla nascita del procedimento alla pronuncia). Inoltre, sulla tempistica di ciascun processo, si rappresenta che l’iscrizione dei fatti avrà una data certa e il termine di decorrenza è fissato a 40 giorni con un massimo di due proroghe, concesse dal superprocuratore.
Per quanto riguarda il diritto di difesa va sottolineata la possibilità di ricorrere al patteggiamento, sia a fronte di una ipotesi di deferimento, sia già durante la fase delle di indagini. Sotto tale profilo un’altra novità è costituita dalla previsione della difesa tecnica, ovvero la previsione che ogni tesserato o affiliato dovrà essere assistito da un avvocato nei processi, eventualmente anche attraverso il gratuito patrocinio.
Si evidenzia l’introduzione, inoltre, della condanna al pagamento delle spese processuali per la lite temeraria ove si ravvisasse una pretesa palesemente infondata.
Profilo più controverso, infine, riguarda l’analisi del terzo requisito, quello relativo all’autonomia delle singole Federazioni Sportive.
 
 
L’autonomia delle Federazioni Sportive Nazionali rispetto al CONI
 
Com’è noto, le Federazioni sportive nazionali sono nate prima dell’istituzione del CONI e, anzi, sono stati i rappresentanti delle stesse a dar vita al CONI quale organismo permanente nel lontano 1914 su impulso dell’onorevole Carlo Cantù.[9]
La loro originaria qualificazione fu quella di associazioni private di secondo grado volte a riunire le associazioni e le società sportive che operavano sul territorio nazionale; soltanto successivamente, con la nascita delle moderne olimpiadi, esse sono divenute anche articolazioni delle corrispondenti Federazioni sportive Internazionali[10].
Va, peraltro, sottolineato come l’evoluzione storica e giuridica delle federazioni sportive nazionali sia strettamente connessa a quella del CONI[11]. La legge istitutiva del CONI, fortemente permeata del pan-pubblicismo proprio dell’epoca, attribuiva infatti a quest-ultimo una competenza universale in ordine al fenomeno sportivo “comunque e da chiunque esercitata”.
Il decreto legislativo 242/99, meglio noto come Decreto Melandri, al secondo comma dell’art. 15 qualifica le Federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI quali “associazioni con personalità giuridica di diritto privato”, disciplinate dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del codice medesimo. Tale esplicito riferimento alle associazioni riconosciute derivava dall’aver reciso il rapporto organico che in precedenza legava detti enti con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano. La soluzione adottata dal legislatore per ridefinire i rapporti tra CONI e Federazioni sportive conduce ad alcune considerazioni che impongono di mitigare gli effetti della “privatizzazione”.
Invero, già il primo comma del citato articolo 15 riconosce “valenza pubblicistica” a specifici aspetti dell’attività delle Federazioni. Tale affermazione, confermata anche dal quarto comma dell’art. 20 dello statuto del CONI, viene riempita di contenuti all’art. 23 dello stesso articolato là dove si chiarisce che il Consiglio nazionale del Coni: “emana indirizzi in ordine ai profili pubblicistici dell’attività delle Federazioni sportive nazionali, con particolare riferimento all’affiliazione……ai tesseramenti…”.
Ad ogni modo il riconoscimento a livello legislativo della natura privatistica delle Federazioni dovrebbe, in via definitiva, indurre a ritenere non corretta la configurazione di un rapporto organico tra CONI e Federazioni[12].
Infatti, costruire il rapporto tra CONI e Federazioni in tal senso pare una forzatura tenuto conto che le federazioni hanno natura di persone giuridiche di diritto privato[13], ed il loro rapporto con il CONI non ha natura organica se non indirettamente[14], considerato quanto espressamente previsto dall’art. 23 dello Statuto CONI, che elenca le attività federali[15] (funzioni e servizi) aventi valenza pubblicistica[16], stabilendo al comma 1 bis che la valenza pubblicistica di tali attività non modifica, tuttavia, l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse[17].
Infine, appare del tutto superflua ogni considerazione sulla pretesa natura mista delle federazioni tenuto conto che l’interesse pubblico e quello privato non sono scissi tra di loro ma, al contrario, “in una società come quella attuale diventa difficile individuare un interesse privato che sia completamente autonomo, indipendente, isolato dall’interesse della collettività o c.d. pubblico”[18].
Peraltro, deve evidenziarsi che le federazioni sportive nazionali sono gestite da regole autonome, prodotto del corpo sociale di cui la federazione o la disciplina sportiva associata è espressione e riferimento. Esse, dunque, sono associazioni aventi personalità giuridica di diritto privato e sono soggette alla disciplina del codice civile che, com’e’ noto, prevede che gli statuti delle associazioni debbano contenere le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione, quelle riguardanti i diritti e gli obblighi degli associati, le condizioni della loro ammissione e, eventualmente, quelle relative all’estinzione dell’ente e alla devoluzione del patrimonio (articolo 16, commi primo e secondo del codice civile).
 
 
Riforma della giustizia sportiva e l’autonomia Federale
 
L’autonomia delle federazioni consiste nel fatto che esse godono di discrezionalità con particolare riguardo alla regolamentazione della propria organizzazione e alla determinazione delle regole sportive dell’attività cui fanno riferimento, che attendono alla vita interna della federazione, ai rapporti tra le società sportive e tra le società stesse e gli atleti. Tra le norme delle quali le singole federazioni sportive si dotano, rilevanza particolare assumono quelle relative all’organizzazione della giustizia endo-federale.
Sul quest’ultimo punto si evidenza che uno degli obbiettivi della riforma de quo sarebbe quello di garantire e di preservare proprio l'autonomia delle singole Federazioni nell'amministrazione della giustizia, responsabilizzando il più possibile gli organi endo-federali[19]. In realtà le nuove previsioni circa l’introduzione della Procura Generale nonché del Collegio di Garanzia dello Sport, quale Corte di legittimità, giustificate dal perseguimento di interessi di valenza pubblicistica[20], sembrano – a parere dello scrivente – celare un’intromissione da parte del CONI nell’ambito dell’autonomia delle singole federazioni.
Dall’esame delle nuove disposizioni emerge, invero, come il legislatore sportivo abbia voluto fortemente ribadire ed affermare il potere di vigilanza e di coordinamento attribuito al CONI – attraverso i poteri riconosciuti alla Procura Generale ed al Collegio di Garanzia – nei confronti delle singole Federazioni, con la motivazione di garantire il rispetto del principio di lealtà e di trasparenza nell'ordinamento sportivo.
In tal senso occorre, a nostro avviso, verificare se l’intervento di riforma del CONI possa costituire oppure no un’indebita ingerenza nella libertà di autoregolamentazione – quest’ultima propria delle associazioni di diritto privato – delle singole federazioni[21]. Ove tale verifica fosse positiva, saremmo dinanzi non già ad un’autonomia federale pienamente originaria e compiuta ma, piuttosto, ad una autonomia “condizionata” e “assistita” [22], tale da smentire o, comunque, da porre fortemente in discussione l’intera configurazione di stampo privatistico della giustizia sportiva[23].
 
    [1] Cesarini-Sforza La teoria degli ordinamenti giuridici e il diritto sportivo, in Foro It. 1933, I, 1381, nonché quello di Giannini, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi , in Riv. Dir. Sport. 1949, 10. Cfr. altresì, Piacentini, Sport, in Dizionario amministrativo, a cura di Guarino, II, Milano 1983, 1147; Perez, Disciplina statale e disciplina sportiva nell’ordinamento dello sport, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, Milano 1988, pag. 509; Morbidelli, Gli Enti dell’ordinamento sportivo, in Dir. Amm. 1993, 302; Giannini, Ancora sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. Trim. dir. Pubbl. 1996, 671; Fracchia, Sport, in Dig. Disc. Pubbl., vol. XIV, Torino 1999, 467 e ss; Sanino, Sport, in Enc. Giur. Treccani, Vol. XXX, Roma; Frascaroli, Sport,in Enc. Dir., vol LXIII, Milano 1990, 513; Frattarolo, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano 1995; Caprioli, L’autonomia normativa delle federazioni sportive nazionali nel diritto privato, Napoli 1997; Tortora- Izzo- Ghia, Diritto Sportivo, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commeciale, Fondata da Bigiavi, Torino, 199[2] Lo sviluppo di tale fenomeno sociale è iniziato a partire dalla seconda metà dell’800, periodo nel quale si assiste ad un primo processo di autonormazione e disciplina dello sport, indirizzata esclusivamente a migliorare l’esercizio dell’attività ludico-sportiva ed il risultato agonistico degli atleti.[3] Martinelli, Romei, Russo “l’Ordinamento Sportivo” ed SdS 2012[4] Giacomazza, Gli ordinamenti sportivi nei Paesi Europei” in lo sport e le sue leggi, commento ed annotazioni, 1993.[5] Quest’ultimo organo, è stato al centro di una vivace polemica per avere assunto alcune decisioni in controtendenza rispetto all’orientamento seguito dalla giustizia endo-federale. La contraddizione in termini che ha sempre contraddistinto il lavoro del Tnas, che, da Cassazione (del calcio), avrebbe dovuto giudicare solo la correttezza di un procedimento sportivo, e quindi la legittimità di un’eventuale sentenza, ma non entrare nel merito delle sentenze stesse, modificandole quando non ribaltandole. Il Tnas, non a caso è stato ribattezzato "scontificio" dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, il primo propugnatore della riforma.[6] Art. 62 – Decisioni 1. Se non dichiara l’inammissibilità del ricorso, il Collegio di Garanzia dello Sport provvede all’accoglimento a norma dell’art. 12 bis, comma 3, Statuto del Coni, decidendo la controversia senza rinvio solo quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto ovvero le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale.[7] Art. 12 bis comma 5 statuto CONI: “Il Collegio di Garanzia dello Sport svolge anche funzioni consultive per il CONI e, su richiesta presentata per il tramite del CONI, per le singole Federazioni sportive. Per lo svolgimento delle funzioni consultive, il Regolamento di cui al comma 8 assicura adeguate forme di distinzione e separazione dagli organi cui sono attribuite le funzioni giudiziali”.[8] Articolo 3 Competenza della sezione consultiva 1. La competenza della sezione consultiva è determinata ai sensi del comma 5 dell’art. 12 bis dello Statuto del Coni ed in applicazione del comma 3 dell’art. 56 del Codice della Giustizia Sportiva. 2. La sezione consultiva si compone del Presidente di sezione e di 20 componenti, di cui 10 afferenti alla sezione consultiva generale e 10 afferenti alla sezione consultiva speciale. I pareri sono formulati da collegi composti da un numero compreso tra 5 e 7 componenti. Il Presidente di sezione, ricevuto il provvedimento di assegnazione, designa il collegio per la formulazione del parere, nel rispetto delle competenze di cui al comma successivo.3. La sezione consultiva generale esprime i pareri relativi agli schemi di atti normativi richiesti dal Coni e, per suo tramite, dalle Federazioni nonché decide sulle istanze di ricusazione di cui al comma 3 dell’art. 56 del Codice della Giustizia Sportiva. La sezione consultiva speciale esprime i pareri richiesti dai Comitati regionali del Coni, per il tramite del Segretario Generale del Coni che ne abbia valutato la rilevanza per l’ordinamento sportivo. 4. Il Presidente di sezione assume la presidenza del collegio che formula il parere o che decide; in mancanza, designa quale presidente il componente più anziano. 5. Ai fini di cui al comma 5 dell’art. 12 bis dello Statuto del Coni, i componenti assegnati alla Sezione consultiva non possono essere assegnati ad altra sezione per l’intera durata del proprio incarico.[9] Marani Toro, Gli ordinamenti sportivi, Giuffrè, Milano, 1977[10] Alvisi, Il diritto sportivo nel contesto nazionale ed europeo, Giuffrè, 2006[11] La legge 426 del 1942 qualifica le federazioni alla stregua di «organi» del CONI, dando vita alla querelle sulla natura giuridica delle federazioni. Un primo orientamento giurisprudenziale piuttosto risalente ha ritenuto che il termine «organi» valesse a individuare un vero e proprio «rapporto di compenetrazione»o «rapporto organico» tra CONI e Federazioni, le quali sarebbero meri uffici di questo. Gli indici da cui si traeva il suddetto rapporto organico erano dati dal fatto che i presidenti federali fanno parte di diritto del Consiglio del CONI, che alcuni provvedimenti delle Federazioni sono ricorribili dinanzi alla Giunta del CONI, che spetta al CONI determinare le modalità dei controlli delle federazioni sulle società sportive nonché ratificare gli statuti ed i regolamenti federali. Lo Statuto del CONI del 1964 ribadiva che le federazioni sono organi propri. Il successivo art. 2 del d.p.r. 28 marzo 1986, n. 157 aggiungeva che «le federazioni sportive nazionali sono organi del Comitato relativamente all’esercizio delle attività sportive ricadenti nell’ambito di rispettiva competenza» a fronte del fatto che l’ art.14, l. n.91 del 1981 stabiliva che «le federazioni sportive nazionali sono costituite dalle società e dagli organismi ad esse affiliati e sono rette da norme statutarie e regolamenti sulla base del principio di democrazia interna (…) alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI»: dal che si arguisce come la qualificazione giuridica delle federazioni si facesse ardua stante il fatto che da un lato ad esse è connaturata la struttura privatistica data la forma associativa e dall’altro quella pubblicistica legata alle attività di interesse pubblico svolte su investitura del CONI e sotto la vigilanza di questo.[12] La dottrina più autorevole aveva addirittura negato che si potesse discorrere in senso proprio di rapporto organico atteso che il legislatore aveva individuato organi del CONI «assai diversi per funzione e struttura dalle federazioni sportive» e, dunque, aveva fatto un uso improprio del termine. Si sottolineava inoltre come nella stessa legge n. 426 del 1942 mancasse la previsione di un controllo[12] sulla gestione finanziaria delle federazioni da parte del CONIe oltretutto la costituzione di nuove federazioni, prevista nella legge ora citata consisterebbe in un riconoscimento di esse che esclude qualsiasi iniziativa del CONI. Si era ribadito che «in seno all’ordinamento generale, l’organo è di norma sfornito di personalità: ma questa caratteristica non è essenziale alla categoria, non esistendo una assoluta incompatibilità logica e giuridica tra organo e personalità giuridica»[13] Osserva Di Nella, come proprio la natura privatistica delle federazioni sportive contraddica l’individuazione nel fenomeno sportivo di un ordinamento sportivo caratterizzato da originarietà. In particolare si afferma che se le federazioni sono manifestazione negoziale di autonomia privata e l’autonomia privata è inserita nel novero delle fonti del diritto non ha alcun senso riferirsi al fenomeno sportivo come un ordinamento a sé stante. Sul punto vedi retro par. 1.[14] Cons. Stato, sez. VI, 3 dicembre 1998, n.1662, in Giur. It., 1999, ove si afferma altresì che: in quanto associazioni di soggetti privati operanti nel campo dello sport, sono dotate di capacità di diritto privato[15] Art. 23 – Indirizzi e controlli sulle Federazioni Sportive Nazionali:
1. Ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; ll’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici.[16] Art. 23 – Indirizzi e controlli sulle Federazioni Sportive Nazionali:
1. Ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; ll’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici.[17] Sensale, La legge 23 marzo 1981, n. 91 e la natura giuridica delle federazioni sportive, in Riv. dir. sport., 1984, p. 501.[18] Perlingieri, Profili istituzionali del diritto civile, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1975.[19] La riforma della Giustizia Sportiva in oggetto ha affrontato anche il problema dei tre gradi di giudizio nella giustizia di merito - che rendono l'ordinamento sportivo calcistico unico nel suo genere - con l’intento di eliminare un organo di terzo grado di merito a favore di un giudice di legittimità, cercando, allo stesso tempo, di ovviare alla natura arbitrale degli organi ante riforma del CONI.[20] Funzione di promozione e di controllo di attività che per loro stessa natura sono portatrici di interessi ritenuti fondamentali nella gerarchia di valori dell’ordinamento giuridico, quali lo sviluppo fisico e psichico dell’individuo, che in verità riceve tutela su molteplici fronti e con numerosi strumenti.[21] La Stampa del 14.08.2014, “L’affondo di Abodi: “Il collegio del Coni lede l’autonomia di Lega e Figc” Duro intervento del presidente della lega Serie B in merito all’ordinanza che ha accolto il ricorso del Novara e imposto di ripristinare l’organico dei cadetti a 22 squadre”.[22] L’autonomia privata costituisce un concetto fondamentale del diritto: in generale, è il potere dei privati di regolare liberamente i propri interessi e di decidere della propria sfera giuridica, nel rispetto dei limiti e degli obblighi stabiliti dall’ordinamento. In base al rapporto tra soggetto privato e ordinamento giuridico, l’autonomia privata viene definita di volta in volta o come potere riconosciuto ai privati ovvero come libertà originaria, fenomeno anzitutto sociale e preesistente a qualunque tipo di riconoscimento giuridico. Negli ultimi decenni si parla anche di autonomia assistita: si intende con questo termine il potere attribuito ai privati di concludere specifiche pattuizioni, solo con la necessaria cooperazione di altri soggetti.[23] Vaccà, Giustizia sportiva e arbitrato ed Giuffrè 2006.