1. Nozioni sul processo amministrativo utili per il tecnico.

Il processo amministrativo è quel processo nel quale si chiede al T.A.R. di annullare, revocare o riformare un atto amministrativo emanato dalla P.A. e ritenuto invalido.

Il giudice amministrativo nell'ambito della propria giurisdizione conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, compresa la reintegrazione in forma specifica.

Il processo amministrativo si concreta dunque sostanzialmente in un processo all'atto.

La tradizionale impostazione è stata intaccata recentemente dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 23 dicembre 2008, n. 30254, che ha sancito la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni davanti al giudice amministrativo senza la necessità di una preventiva impugnazione dell'atto amministrativo illegittimo (c.d. “pregiudiziale amministrativa”) orientamento peraltro solo in parte recepito dal nuovo codice del processo amministrativo all'art. 30 e con limiti temporali ben precisi (termine di decadenza di 120 giorni).

In base all'art. 7 del codice del processo amministrativo "sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico. Per pubbliche amministrazioni si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito. Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall'articolo 133 del codice del processo amministrativo, il giudice conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall'articolo 134 del codice del processo amministrativo. Nell'esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione. Il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi".

La giurisdizione amministrativa può essere dunque:

1) giurisdizione di legittimità: si impugna il provvedimento amministrativo affetto da uno dei tre tipi di vizi di legittimità (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere). Il G.A. può solo annullare l'atto illegittimo ma non può riformare ne sostituire l'atto annullato;

2) giurisdizione di merito: viene censurato l'atto anche sotto il profilo della convenienza e dell'opportunità. Il G.A. può non solo annullare l'atto per motivi di illegittimità, ma può anche farlo per vizi di merito, riformandolo in tutto o in parte ed anche sostituendolo. È una giurisdizione eccezionale.

L'ipotesi più importante di giurisdizione di merito è rappresentata dal giudizio di ottemperanza, quel giudizio instaurato con ricorso al giudice amministrativo affinché la pubblica amministrazione si uniformi alla decisione del giudice ordinario o del giudice amministrativo.

Altre ipotesi di giurisdizione di merito in cui potrebbero essere chiamati ad operare i consulenti tecnici sono:

a) ricorsi per contestazioni sui confini di Comuni e di Province;

b) ricorsi in materia di consorzi per opere idrauliche per le quali provvede lo Stato in concorso con le province e con gli enti interessati o alle quali concorre lo Stato;

c) ricorsi per la classificazione delle strade provinciali e comunali;

d) ricorsi contro provvedimenti della P.A. in merito ad opere di privato interesse;

e) ricorsi contro provvedimenti del Prefetto e contro le deliberazioni in materia di apertura, ricostruzione o manutenzione delle strade comunali e provinciali;

f) ricorsi in materia di consorzi per Province, Comuni, enti morali o privati, per opere stradali a carattere ultraprovinciale;

g) ricorsi in materia di consorzi per opere idrauliche poste dalla legge a carico dei proprietari frontisti.

Per la casistica completa si rimanda all'art. 134 del codice del processo amministrativo.

3) giurisdizione esclusiva: è possibile far valere la lesione di diritti soggettivi. La fondamentale ragione per la quale il Legislatore ha previsto la giurisdizione esclusiva nasce dal fatto che in taluni rapporti i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono così indissolubilmente intrecciati che sarebbe ardua la loro suddivisione ai fini della giurisdizione. Anche questa giurisdizione è eccezionale e le ipotesi sono tassative.

Tra quelle più rilevanti in cui possono essere chiamati ad operare i consulenti tecnici ricordiamo:

1) risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo;

2) ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici;

3) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni;

4) le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonchè del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa;

5) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.

Per la casistica completa si rimanda all'art. 133 del codice del processo amministrativo.

Prima della legge del 2000 n. 205 i mezzi di prova ammessi nel giudizio ordinario di legittimità erano: documenti; chiarimenti; verificazioni. Nel giudizio esteso al merito, invece, era possibile disporre anche degli altri mezzi istruttori contemplati nel processo civile ed in particolare: ispezioni, sopralluoghi, consulenze tecniche, prova testimoniale. L’art. 16 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 per quanto concerneva le controversie in materia di concessioni edilizie, ivi comprese le questioni relative ai contributi e alle sanzioni inerenti, aveva espressamente ammesso anche le “perizie”.

La legge n. 205 del 2000 ha ampliato l’istruzione probatoria concernente le controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva, e disciplinato in modo dettagliato la consulenza tecnica d'ufficio nel processo amministrativo. L’art. 16 della legge 205 ha influito anche nel giudizio di legittimità, infatti il G.A. può pure per tale giurisdizione avvalersi della consulenza tecnica d’ufficio. Con le novità normative introdotte è stato consentito al giudice un accesso diretto al fatto, diversamente da quanto avveniva in precedenza, mediante la verificazione.

Il Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 7 luglio 2010, n. 156 ha codificato il processo amministrativo, in attuazione della delega conferita dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69 al Governo.

Il nuovo Codice per le controversie amministrative ha recepito le indicazioni (contenute, appunto, nella Legge n. 69/2009) rivolte in particolar modo alla riorganizzazione del processo amministrativo allo scopo di rendere il rito più veloce ed efficace.

La consulenza tecnica nel processo amministrativo è la stessa disciplinata dal codice di procedura civile, con gli adattamenti del caso, e ciò vale sia per il giudizio di legittimità che per la giurisdizione esclusiva.

Molteplici sono gli accertamenti tecnici indispensabili perché il giudice amministrativo si possa esprimere in modo corretto. A solo titolo esemplificativo ricordiamo:

1) esame delle caratteristiche idrogeologiche del suolo ai fini della costruzione di determinati fabbricati ed opere pubbliche;

2) verifica di impianti ed installazioni pericolosi o nocivi;

3) analisi in tema di inquinamento acustico o elettromagnetico ed in genere verifiche ambientali;

4) esame progetti nelle gare per l’aggiudicazione di lavori con il sistema dell’appalto-concorso ecc..

Gli strumenti utilizzati dal giudice amministrativo per accertamenti tecnici sono: la verificazione e la consulenza tecnica d'ufficio. Infatti l'art. 63 del nuovo codice del processo amministrativo statuisce espressamente che "qualora reputi necessario l'accertamento di fatti o l'acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l'esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica".


2. La verificazione.

Con il termine verificazioni si indicano una serie di adempimenti istruttori fra loro diversi tra i quali gli accertamenti tecnici, l'assunzione di dichiarazioni di soggetti terzi, le ricerche e acquisizione di documenti.

La verificazione costituisce uno strumento probatorio contrassegnato da limiti evidenti, connessi alla concezione originaria prevalente del giudizio amministrativo. Con tale strumento il giudice chiede di norma alla stessa amministrazione parte in causa di effettuare gli accertamenti, con l'obbligo di avvertire le parti per consentire loro, eventualmente attraverso la presenza di tecnici, di assistervi (si veda in proposito art. 26.3 del R.D. n. 642/1907 e 44 del T.U. sul Consiglio di Stato R.D. n. 1054/24).

Nella verificazione il funzionario (dipendente della P.A.) che la effettua, anche se agisce su incarico del giudice, non può dirsi ovviamente dotato del carattere di imparzialità, requisito che sarebbe indispensabile nell'ambito giurisdizionale. Ed infatti, non siamo in presenza di un esperto super partes che effettua il sopralluogo svolgendo gli accertamenti e le operazioni affidategli, bensì di un organo (normalmente un tecnico) della stessa P.A. evocata in giudizio il quale depositerà la propria relazione direttamente al giudice amministrativo. In realtà non si può dire che, in sé, i compiti svolti siano diversi da quelli di un vero consulente tecnico d’ufficio (anche se normalmente più limitati), ma ciò che fa della verificazione qualcosa di profondamente diverso dalla C.T.U. è proprio il carattere della non terzietà, che costituisce un vizio di origine di tale strumento.

Riguardo alle norme processuali che regolano la verificazione l'art. 66 del nuovo codice del processo amministrativo prevede che "Il collegio, quando dispone la verificazione, con ordinanza individua l'organismo che deve provvedervi, formula i quesiti e fissa un termine per il suo compimento e per il deposito della relazione conclusiva. Il capo dell'organismo verificatore, o il suo delegato se il giudice ha autorizzato la delega, è responsabile del compimento di tutte le operazioni. L'ordinanza è comunicata dalla segreteria all'organismo verificatore. Il collegio può disporre che venga corrisposto all'organismo verificatore, o al suo delegato, un anticipo sul compenso. Terminata la verificazione, su istanza dell'organismo o del suo delegato, il presidente liquida con decreto il compenso complessivamente spettante al verificatore, ponendolo provvisoriamente a carico di una delle parti. Si applicano le tariffe stabilite dalle disposizioni in materia di spese di giustizia, ovvero, se inferiori, quelle eventualmente stabilite per i servizi resi dall'organismo verificatore. Con la sentenza che definisce il giudizio il Collegio regola definitivamente il relativo onere".

Qualora la P.A. non fosse dotata di organi o funzionari tecnici o specializzati, l’effettuazione della verificazione viene affidata ad organi tecnici di altre P.A. Del resto, anche per l’esecuzione di perizie (nei casi in cui questa era ammessa), l’art. 31 del R.D. n. 642 del 1907 disponeva che andasse designato un funzionario tecnico dello Stato. Alcuni collegi giudicanti, tuttora, applicando la citata disposizione si avvalgono per le verificazioni di tali soggetti.

Attualmente molti Tribunali amministrativi sono decisamente orientati nel senso di affidare l’effettuazione della verificazione ad organi tecnici di amministrazioni diverse da quella in causa. Così, per la verifica di aspetti tecnici inerenti a una data controversia (ad es. in materia edilizia), viene per lo più incaricato della verificazione non un funzionario tecnico del Comune parte in causa, ma un dirigente dell’Ufficio Tecnico Erariale, un dirigente della Regione, ecc.

Da quanto detto fino ad ora, stando strettamente alle disposizioni normative, sarebbe da escludere quindi che, nelle ipotesi ordinarie, la verificazione possa essere eseguita da liberi professionisti, o comunque da soggetti non incardinati nell'ambito della pubblica amministrazione.

Anche dopo l'introduzione della consulenza tecnica d’ufficio, a tutti gli effetti, la verificazione si può considerare tuttora vigente. Non infrequentemente, invero, i collegi giudicanti si avvalgono ancora della verificazione, per la sua agilità e speditezza, o per una sorta di forma di inerzia o, forse, più ancora, per la maggiore considerazione che di solito il G.A. ha di certi organismi specializzati dello Stato siccome depositari di conoscenze qualificate su di un piano istituzionale, nonché quando si vuole che la P.A. parte in causa riconsideri o rivaluti le scelte che sono state contestate, alla luce di opinioni espresse da organi che fanno parte della P.A. in senso lato.

Una sorta di commistione tra verificazione e C.T.U. si realizza, in realtà non poche volte, per il fatto che la scelta del consulente del G.A cade spesso non su un libero professionista o un esperto o tecnico qualsivoglia, bensì ancora una volta in capo a dirigenti e funzionari tecnici specializzati dipendenti della P.A.


3. La consulenza tecnica.

Uno degli aspetti innovativi di maggiore rilievo, tra quelli introdotti nel processo amministrativo dalla L. n. 205/2000, è stato la consulenza tecnica d'ufficio e, limitatamente alla giurisdizione esclusiva, l'utilizzazione di tutti gli strumenti previsti dal codice di procedura civile (ad eccezione dell'interrogatorio formale e del giuramento). Le innovazioni introdotte dalla L. n. 205/2000 (e, in parte, dal precedente D.Lgs. n. 80/1998) avevano consentito finalmente, al giudice amministrativo di avere un accesso diretto al fatto controverso, non più limitato ed influenzato dalla mediazione interposta dalla amministrazione (anche terza) alla quale fosse stato eventualmente demandato il compimento delle “verificazioni” già previste dall’art. 44 del R.D. n. 1054/1924. L’art. 16 L. n. 205/2000 aveva, infatti, aggiunto la semplice espressione “ovvero disporre consulenza tecnica” alla fine del primo comma del citato art. 44 R.D. n. 1054/1924, con ciò affiancando al giudice amministrativo l’ausiliare di cui agli artt. 61 e segg. del codice di procedura civile.

Il nuovo codice del processo amministrativo disciplina la consulenza tecnica all'art. 67.

Ricordiamo anche in questa sede che, a seconda che il giudice affidi al consulente tecnico solo l'incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti, ovvero anche quello di accertare i fatti stessi, si distinguerà tra consulente deducente e consulente percipiente. Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova.

Naturalmente ciò non significa che le parti possano sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei fatti posti a fondamento della propria pretesa all'attività del consulente. È necessario, invece, che:

1) la parte deduca quanto meno il fatto che pone a fondamento della propria pretesa;

2) il giudice ritenga che il fatto sia tale da poter essere ricostruito dal consulente;

3) l'accertamento richieda cognizioni tecniche che il giudice non possiede oppure che vi siano altri motivi che impediscono o sconsigliano al giudice di procedere personalmente.

La tecnica utilizzata dall’art. 16 L. n. 205/2000 aveva già determinato, come abbiamo visto, la possibilità per il giudice amministrativo di procedere a tutti gli effetti sia all’ammissione di una verificazione ex art. 44 R.D. 26.06.1924 n. 1054, che di una consulenza tecnica. La prassi giurisprudenziale aveva peraltro dilatato l’ambito della verificazione sino, quasi, ad assolvere le medesime finalità della C.T.U. -soprattutto nelle ipotesi di conferimento dell’incarico ad amministrazioni terze dotate di adeguate competenze tecniche- tuttavia può sfuggire la diversa rilevanza dell’accertamento esperito dal C.T.U. sia in termini di sua autonomia dalle parti e di diretta riferibilità del suo operato all’organo giudicante, che in termini di estensione dell’incarico conferibile.

Anche con i nuovi artt. 63 66 e 67 del codice del processo amministrativo è ipotizzabile che si possa continuare ad utilizzare la tradizionale verificazione (nel contraddittorio tra le parti e devoluta ad un’amministrazione terza) nelle ipotesi di accertamenti di fatto di relativa semplicità e che si utilizzi invece la C.T.U. per gli accertamenti di fatto più complessi e controversi, nonché per l’acquisizione di valutazioni e giudizi tecnici; e ciò anche per considerazioni relative ai differenti “costi” dei due mezzi istruttori.

In particolare, la possibilità di devolvere al C.T.U. l’effettuazione di valutazioni tecniche in ordine al materiale probatorio eventualmente già acquisito (consulente deducente) ha indotto i commentatori a porre in relazione l’ammissibilità di tale nuovo mezzo istruttorio anche con la svolta recentemente intervenuta nella giurisprudenza del Consiglio di Stato in ordine alla ritenuta sindacabilità della discrezionalità tecnica, in vista della quale risulta particolarmente preziosa, se non indispensabile, la collaborazione del C.T.U.


 3.1. Aspetti procedurali della C.T.U. nel processo amministrativo.

Innanzitutto l'art. 20 del codice del processo amministrativo prevede che "il verificatore e il consulente, se scelto tra i dipendenti pubblici o tra gli iscritti negli albi di cui all'articolo 13 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, hanno l'obbligo di prestare il loro ufficio, tranne che il giudice riconosca l'esistenza di un giustificato motivo. Il consulente, o il verificatore, può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51 del codice di procedura civile. Della ricusazione conosce il giudice che l'ha nominato".

Rimanendo all’esame degli aspetti più strettamente processuali della C.T.U., deve rilevarsi come la nomina del consulente tecnico d'ufficio e lo svolgimento dell’incarico possano svolgersi nel processo amministrativo secondo uno schema analogo a quello previsto dal codice di procedura civile (nomina - giuramento - eventuale designazione di consulenti di parte - verbalizzazione delle operazioni svolte - stesura e deposito in cancelleria della relazione di consulenza).

L'art. 67 del codice del processo amministrativo statuisce "Con l'ordinanza con cui dispone la consulenza tecnica d'ufficio, il collegio nomina il consulente, formula i quesiti e fissa il termine entro cui il consulente incaricato deve comparire dinanzi al magistrato a tal fine delegato per assumere l'incarico e prestare giuramento. L'ordinanza è comunicata al consulente tecnico a cura della segreteria. Le eventuali istanze di astensione e ricusazione del consulente sono proposte, a pena di decadenza, entro il termine di comparizione del consulente davanti al collegio e sono decise dal presidente o dal magistrato delegato con decreto non impugnabile. Il collegio, con la stessa ordinanza assegna termini successivi, prorogabili (ai sensi dell'articolo 154 del codice di procedura civile) per: a) la corresponsione al consulente tecnico di un anticipo sul suo compenso; b) l'eventuale nomina, con dichiarazione ricevuta dal segretario, di consulenti tecnici delle parti, i quali, oltre a poter assistere alle operazioni del consulente del giudice e a interloquire con questo, possono partecipare all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che è presente il consulente del giudice per chiarire e svolgere, con l'autorizzazione del presidente, le loro osservazioni sui risultati delle indagini tecniche; c) la trasmissione, ad opera del consulente tecnico d'ufficio, di uno schema della propria relazione alle parti ovvero, se nominati, ai loro consulenti tecnici; d) la trasmissione al consulente tecnico d'ufficio delle eventuali osservazioni e conclusioni dei consulenti tecnici di parte; e) il deposito in segreteria della relazione finale, in cui il consulente tecnico d'ufficio dà altresì conto delle osservazioni e delle conclusioni dei consulenti di parte e prende specificamente posizione su di esse. 4. Il giuramento del consulente è reso davanti al magistrato a tal fine delegato (secondo le modalità stabilite dall'articolo 193 del codice di procedura civile). Il compenso complessivamente spettante al consulente d'ufficio è liquidato, al termine delle operazioni".

Nel processo amministrativo deve essere sempre rispettato il principio del contraddittorio, poiché, ai sensi dell'art. 90 disp. att. c.p.c. (norma dotata di valenza generale e quindi applicabile anche nei giudizi amministrativi), al consulente del giudice che sia stato autorizzato a compiere indagini senza la presenza di questo è fatto obbligo di dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle proprie operazioni. Deve pertanto ritenersi illegittimo l'espletamento della consulenza preceduto da una comunicazione data unicamente ai consulenti di parte e non anche ai difensori stessi, con la conseguenza che le relative risultanze non possono essere assunte a fondamento della decisione del giudice (T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 luglio 2003, n. 1046, in “Foro amm. T.A.R.”, 2003, 2171).

La scelta di avvalersi della consulenza tecnica è riservata alle valutazioni discrezionali del giudice, che deve determinare caso per caso - su istanza di parte o d’ufficio - se e perché ritiene necessaria e rilevante ai fini della decisione la collaborazione di un consulente di particolare competenza tecnica.

Un ulteriore profilo meritevole di attenzione, in tema di C.T.U. nel processo amministrativo, sembra essere quello relativo alla scelta del consulente. In dottrina si era dubitato della stessa possibilità di disporre il mezzo istruttorio, a meno di non procedere alla nomina di un consulente scelto tra i funzionari tecnici dello Stato ex art. 31 R.D. 17.08.1907 n. 642. Detto dubbio non ha trovato fortunatamente eco in giurisprudenza; peraltro, lo stesso Consiglio di Stato aveva ritenuto il problema della individuazione del C.T.U. superabile in ragione del carattere derogabile sia dell’art. 31 del regolamento di procedura citato, sia delle prescrizioni delle disposizioni di attuazione del Codice di Procedura Civile. Il problema è stato definitivamente superato con il nuovo codice del processo amministrativo.

Esigenze di terzietà impongono che le verifiche istruttorie, volte a stabilire il corretto uso del potere della P.A., debbano essere esperite al di fuori della struttura dell'Amministrazione che ha emesso l'atto impugnato o meglio all'esterno di ogni Amministrazione, così come si evince dalle più recenti decisioni, in cui il giudice sempre più spesso nomina, quale consulente tecnico, un professionista esperto, estraneo a qualunque organo amministrativo o un professore universitario.

Requisito indispensabile per la scelta del tecnico è costituto dalla indiscussa competenza di costui nella materia oggetto di indagine. Il giudice può quindi nominare un consulente iscritto all'albo dei tribunali ordinari, o ad un albo professionale, oppure prescindere dall'appartenenza ad un albo e far ricadere la scelta su qualunque tecnico in grado di assicurare lo svolgimento di indagini specialistiche corrette e scientificamente affidabili. Del resto, tale libertà di scelta in capo al giudice è giustificata dalle innumerevoli varietà di settori tecnico-scientifici che caratterizzano le questioni sottoposte alla sua attenzione, per cui, una scelta vincolata da una rigida classificazione di esperti, potrebbe risultare di ostacolo all'individuazione del soggetto idoneo a svolgere adeguatamente l'indagine tecnica, indispensabile alla risoluzione della controversia.


3.2. Casi in cui il giudice amministrativo ha disposto la consulenza tecnica d'ufficio.

Al fine di comprendere se l'istituto in esame sia effettivamente utile al giudizio amministrativo, si ritiene interessante compiere una breve indagine sulle fattispecie esaminate dalla giurisprudenza e risolte con l'ausilio di tale strumento probatorio.

Le questioni sottoposte all'attenzione del giudice amministrativo vanno raggruppate per grandi blocchi di materie. Di particolare interesse l'apposizione di vincoli, l'edilizia e l'urbanistica e l'espropriazione.

In materia di edilizia, la consulenza tecnica d'ufficio viene utilizzata spesso al fine di consentire al giudice di conoscere lo stato dei luoghi e di verificare se una o più norme tecniche contenute nei regolamenti edilizi, nelle norme tecniche di attuazione degli strumenti pianificatori o nelle leggi nazionali (o regionali) siano state applicate correttamente. Inoltre si ricorre alla consulenza tecnica per calcolare l'ammontare dell'eventuale risarcimento dei danni connessi alla illegittimità degli atti autorizzatori o dei comportamenti adottati dalla P.A.

Numerose sono le ipotesi di giudizi per risarcimento danni da occupazione divenuta illegittima, in cui il consulente tecnico è stato nominato per accertare l'estensione della superficie occupata, 1'irreversibile trasformazione del fondo, l'esistenza di aree residue occupate e non utilizzate.

Tuttavia è da tener presente che in ripetute occasioni il giudice amministrativo ha ritenuto di non ammettere la consulenza tecnica richiesta dai ricorrenti e ha respinto la domanda di risarcimento danni in quanto non provata.

“Non può accogliersi la domanda di risarcimento del danno conseguente all'asserita diminuzione del valore residuo dei beni non oggetto di occupazione illegittima, ove i proprietari non abbiano fornito alcun elemento di prova in ordine alla reale sussistenza di un pregiudizio di tal genere, non documentando, né altrimenti indicando, alcunché circa le dimensioni, la localizzazione e la destinazione urbanistica delle porzioni non occupate, né chiarendo quali siano stati effetti che, rispetto a dette porzioni, ha avuto la realizzazione dell'opera pubblica; per principio generale, infatti, va respinta la domanda di risarcimento del danno ove il ricorrente non abbia fornito alcuna prova degli elementi che sorreggono tale domanda, non potendosi supplire a detto onere con l'istanza di consulenza tecnica di ufficio, che non può essere utilizzata per acquisire gli elementi che compongono il danno lamentato e, quindi, la sua dimostrazione”

(T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 23 gennaio 2008, n. 156, Foro amm. T.A.R. 2008, 1, 28).

“In tema di determinazione del danno da occupazione illegittima, la consulenza tecnica d'ufficio, poiché non è destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti (alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere relativo posti dall'art. 2697 c.c.), non potrà disporsi ove, a fronte di non equivoche risultanze documentali, non siano offerti da chi ne invoca l'ammissione concreti elementi di prova a sostegno delle proprie deduzioni”

(Consiglio Stato, sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6064, Riv. giur. Edilizia, 2007, 2, 771).

Infine, deve farsi menzione della possibilità di utilizzazione nel processo amministrativo anche dell’accertamento tecnico preventivo, in ragione dell’assimilazione del mezzo alla consulenza tecnica d’ufficio e della ampia latitudine oggi riconosciuta al potere cautelare del giudice amministrativo.

Anche ai tribunali regionali delle acque pubbliche appartiene la competenza a disporre un accertamento tecnico preventivo, nei giudizi agli stessi devoluti, con la conseguenza che l'accertamento tecnico preventivo disposto davanti ad altro giudice è affetto da nullità; nondimeno, gli elementi emersi dal procedimento di istruzione preventiva disposto dal giudice in sede ordinaria, pur non potendo formare oggetto di formale acquisizione nelle controversie sottratte alla cognizione del giudice in sede ordinaria e riservate alla competenza dei tribunali delle acque, possono, per converso, essere legittimamente allegati dalla parte interessata e valutati dal giudice specializzato come fatto storico, alla stregua di una mera constatazione di una situazione di fatto in essa rappresentata, specie se ad essa abbia poi fatto riferimento il consulente tecnico nominato dallo stesso tribunale delle acque (Cass. civ., sez. un., 20 gennaio 2006, n. 1066, in “D&G - Dir e giust.”, 2006, 11, 54).


4. La discrezionalità tecnica e il sindacato del giudice amministrativo.

Una parte della giurisprudenza ritiene che non spetti al giudice amministrativo, in sede di sindacato sulle valutazioni di stampo tecnico-specialistico (c.d. discrezionalità tecnica), sostituirsi ai giudizi di tipo tecnico formulati dall'amministrazione, nonostante la facoltà di avvalersi della consulenza tecnica d'ufficio (Cons. Stato, sez. VI, 4 novembre 2002, n. 6004, in “Riv. Corte Conti”, 2002, f. 6, 349).

Un orientamento oggi prevalente ritiene invece, in tema di controllo giurisdizionale sull'esercizio del potere (che ha come presupposto la valutazione di un fatto in base a conoscenze scientifiche), la cognizione del giudice amministrativo è piena quando la fattispecie concerne la c.d. discrezionalità tecnica (Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 2001, n. 5782, in “Foro amm. CDS”, 2001, 2756; T.A.R. Marche, 12 ottobre 2001, n. 1132, in “Foro amm. T.A.R.”, 2001, 2959).

La discrezionalità tecnica, a differenza di quella amministrativa, non presuppone nessuna scelta tra più comportamenti legittimi, ma richiede l'esatta valutazione di un fatto secondo i criteri di una determinata scienza o tecnica (e per questo al G.A. può essere d'ausilio anche la consulenza tecnica come ha ribadito il Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6201, in “Foro amm. CDS”, 2003, 2939). Quest'ultima tesi è senz'altro preferibile.

Da segnalare peraltro una sentenza del G.A. che ha sostenuto: “il sindacato giudiziale sulla discrezionalità tecnica nell'ambito della giurisdizione su interessi legittimi deve essere limitato ai vizi dell'atto amministrativo e non può che essere un riesame della correttezza o meno dell'operato dell'amministrazione: quindi, ove detto operato sia mancato oppure sia stato assistito da motivazione lacunosa o incongrua, il giudice amministrativo non può sostituirsi alla pubblica amministrazione mediante consulenza tecnica d'ufficio, ma deve limitarsi a rilevare l'illegittimità dell'atto per carenza di motivazione ed ancor più di istruttoria” (T.A.R. Liguria, sez. II, 26 aprile 2003, n. 522, in “Foro amm. T.A.R.”, 2003, 1237).