CRITICITA’ DELLA RIFORMA FORENSE
AVVOCATI ED ALTRI OPERATORI DEL RISARCIMENTO DEI DANNI
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La recente Riforma Forense pare regolamentare ogni sorta di divieto per le società di Avvocati e per i liberi professionisti, contro la assoluta libertà di operare nello stesso settore della trattazione stragiudiziale dei risarcimenti e del recupero crediti da parte delle società di capitali.
Oppure i divieti riguardano sia gli Avvocati che le società che svolgono attività di recupero crediti, infortunistica e risarcimento danni?
1) Nella riforma è prevista la riserva a favore degli avvocati delle attività di consulenza stragiudiziale, ma la riserva riguarda solo l’attività collegata (?) a quella giudiziale;
2) Dai primi commenti si legge che sopravvivono le agenzie di recupero crediti, quelle di infortunistica stradale ecc., perchè la consulenza stragiudiziale diventa attività riservata agli avvocati solo ove LEGATA all’attività giurisdizionale; in pratica la trattazione stragiudiziale di sinistri e casi sanitari NON sarebbe RISERVATA, mentre la trattazione stragiudiziale prima o durante la causa civile sarebbe invece riservata agli avvocati?
3) Ma quali sono le differenze anche cronologiche e logiche delle attività stragiudiziali, ossia quando sarebbero riservate agli Avvocati? La norma è davvero ambigua.
4) Per l’attività stragiudiziale di trattazione di un sinistro o di un caso di malasanità all’Impresa sarebbe consentito di regolare contrattualmente i compensi con la massima libertà, anche con la previsione del patto di quota lite.
5) L’Avvocato dovrebbe invece attenersi ai Parametri, dovendo sempre stipulare un contratto scritto con il cliente (che sebbene venga firmato puo’ essere liberamente apprezzato dal Giudice che puo’ decidere in libertà il quantum del compenso); e infine all’avvocato è vietata la stipula del patto di quota lite;
6) Le norme, oltre a creare una evidente disparità di trattamento (l’Impresa puo’ prevedere la quota lite come compenso e l’Avvocato no, l’Impresa puo’ predeterminare liberamente il compenso con un contratto, l’Avvocato se anche stipula il contratto, il quantum è comunque soggetto alla valutazione dell’entità del compenso del Giudice) sono destinate nei fatti a favorire sul mercato le attività delle società di recupero crediti ed infortunistica NON COMPOSTE DA AVVOCATI, alle quali di fatto la legge lascia piena libertà di manovra (a meno che non si debba sostenere con il Tribunale di Cagliari quanto oltre esposto).
7) La questione appare semplice ma invece non lo è; se la ratio delle norme sulla riserva della consulenza stragiudiziale è la tutela del danneggiato o del creditore, NON SI VEDE PERCHE’ UNA SOCIETA’ POSSA SVOLGERE LA STESSA ATTIVITA’ DI TRATTAZIONE STRAGIUDIZIALE DI UN DANNO O DI UN CREDITO ALLO STESSO MODO DELL’AVVOCATO, PER POI ESSERE REMUNERATA IN MISURA SUPERIORE E COMUNQUE LIBERA DI PATTUIRE CON LA CLIENTELA IL PATTO QUOTA LITE.
8) L'attività stragiudiziale della trattazione di un sinistro o di un caso di malasanità, attività strettamente connessa alla successiva eventuale tutela in via giudiziale se fallisce la fase precedente, alla luce della riforma forense è DAVVERO riservata agli Avvocati oppure no?
9) Il Tribunale di Cagliari (2459/2011), con la sentenza sotto riportata, ha dato risposta positiva, affermando che la riserva all’Avvocato è assoluta anche per l’attività stragiudiziale, per materie in cui si trattino i diritti dei soggetti:” Non può ritenersi che sia individuabile nell’ordinamento un principio incondizionato di libertà di assistenza e consulenza legale stragiudiziale, in generale e, in specie, nella cosiddetta materia della infortunistica stradale [...] L’esercizio non titolato di una professione protetta come quella dell’avvocatura non lede, infatti, come è noto, solo gli interessi circostanziati e diffusi degli appartenenti alla categoria forense, ma pregiudica soprattutto l'interesse pubblico a che la professione stessa sia esercitata da soggetti abilitati, e, più concretamente, gli interessi di coloro che di volta in volta si trovano nella necessità di ricorrere, per la tutela dei propri diritti ed interessi, all’attività professionale. La limitazione del suo esercizio, e la sua sottrazione all’iniziativa imprenditoriale, può conseguentemente essere stabilita dal legislatore ordinario per assicurare al cittadino e, conseguentemente, al sistema nel suo complesso, adeguate garanzie di attitudine e qualità, di correttezza, di imparzialità e di responsabilità. [...] Esclusivamente al di fuori delle professioni intellettuali riservate e per tutte le altre prestazioni di assistenza o di consulenza, quindi, può ritenersi vigente il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi. [...] il compimento di atti stragiudiziali di tutela del diritto e la consulenza giuridica sono consentiti, al di fuori del mandato di assistenza legale, solo qualora si tratti di attività occasionale e non durevoli, e, quindi, al di fuori della assistenza professionale legale.".
10) Si afferma che è nulla ogni pattuizione inerente il compenso a favore delle società che trattano l’infortunistica in quanto secondo l'art. 2231 c.c. vi è nullità assoluta del rapporto, rilevabile anche d'ufficio, l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge. La nullità, privando il contratto di qualsiasi effetto, non attribuisce infatti al prestatore dell’opera l’azione per il pagamento del compenso . È inoltre nullo, per l'inosservanza degli art. 2229 e 2231 c.c., il contratto stipulato con una società ogni qual volta si tratti di professionalità protetta, materia in cui è inderogabile il principio della personalità dell'esercizio e dell'incarico. Il prestatore, oltre a non aver diritto al compenso (che se corrisposto può essere ripetuto, come indebito oggettivo, secondo la previsione di cui all’art. 2033 c.c.), non può neppure far ricorso utilmente all'azione generale di arricchimento senza causa prevista dall’art. 2041 c.c.".
11) Ma la Riforma Forense stabilendo, fra l'altro, l’inserimento tra le attività riservate in esclusiva agli avvocati le attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale solo se legate all’attività giudiziale (sul significato di legate lasciamo all’interprete), di fatto vanificando la riserva, a meno che non si debba intendere che ogni questione inerente ad un diritto rientri comunque nella riserva, talchè le società di servizi resterebbero definitivamente fuori da ogni tipo di attività;
12) AFFERMA ANCORA LA SENTENZA CITATA che “La professione di avvocato, nel sistema legislativo interno, come anche nella gran parte degli stati membri dell’Unione europea, è un’attività vincolata per quanto attiene i requisiti soggettivi, le modalità di esercizio e lo stesso assoggettamento ad una vigilanza pubblicistica, secondo diversi principi fissati sin dall’entrata in vigore della l. 22 gennaio 1934, n. 36 (Conversione in legge, con modificazioni, del Regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, riguardante l'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore). L’attività professionale, in particolare, presuppone controlli e verifiche dei requisiti di professionalità, essendone subordinato l’accesso al superamento di esami di abilitazione ed all’iscrizione in un albo professionale, e se attribuisce significative guarentigie in funzione del ruolo svolto, si connota anche per un’attenta definizione del quadro degli obblighi a carico di chi la esercita, da assolversi davanti agli organi giudiziari, nei confronti dei clienti assistiti e persino delle loro controparti. La normativa in materia, contestualmente, mette insieme ai vincoli ed agli obblighi menzionati un articolato sistema di sanzioni di carattere disciplinare e pubblicistico (queste ultime, sia amministrative sia penali), e si estende fino a segnare con precisione gli stessi costi economici dell’attività per gli utenti fissando, attraverso il sistema delle tariffe, la misura dei diritti e degli onorari per l’attività stessa, sia stata questa di carattere giudiziale ovvero stragiudiziale..
13) Invero, l’abolizione delle Tariffe, come è noto, non ha comportato la piena liberalizzazione dei compensi, anzi ha introdotto i Parametri, che altro non sono che altre e molto piu’ basse Tariffe, a cui comunque l’Avvocato è ancora vincolato nonostante la Riforma e che possono essere liberamente apprezzate dal Giudice anche in presenza di un contratto scritto.
14) La sentenza prosegue affermando che “ la professione forense assume i caratteri della professione riservata non soltanto, come è ovvio -fatte salve le ipotesi eccezionali espressamente disciplinate-, in relazione all’attività di rappresentanza e difesa posta in essere davanti all’autorità giudiziaria, ma anche, e più in generale, alla prestazione non occasionale della consulenza legale e dell’assistenza giuridica, che può di volta in volta essere opportuna in funzione della tutela di diritti e di interessi e per le quali, egualmente, è richiesta un’elevata qualificazione.
E’ noto che, in materia, si ricorre sovente alla distinzione tra atti “tipici” (o “propri”), il cui compimento sarebbe riservato ai soli soggetti abilitati, ed atti “relativamente liberi”, i quali, pur essendo caratteristici della professione, possono tuttavia essere compiuti, ma soltanto singolarmente, occasionalmente e gratuitamente, in luogo dell’interessato, anche da soggetti non abilitati.
15) Con la Riforma Forense, le società che presteranno di fatto servizi stragiudiziali di trattazione del danno o del recupero del credito potranno dunque liberamente gestire stragiudizialmente i diritti dei terzi sempre e come attività di impresa o solo occasionalmente?
16) La Riforma introduce la possibilità per gli Avvocati di costituire società purchè siano composte solo da Avvocati, E NON VI SIANO SOCI DI CAPITALE; a tali società si applicheranno sia i Parametri che le norme deontologiche; e le società di servizi per l’infortunistica e per il recupero crediti potranno o no esercitare attività stragiudiziale e stipulare quote liti sebbene non siano composte da Avvocati? Se si, non si vede perché per la stessa attività gli Avvocati abbiano meno libertà di determinazione del compenso di un’Impresa!
17) In tema di abusivo esercizio di una professione, fattispecie delittuosa disciplinata dall’art. 348 c.p., si è ad esempio ritenuto sussistente il reato nel compimento anche di un solo atto protetto in modo occasionale oltre che di atti compiuti abitualmente in modo continuativo, sistematico ed organizzato e verso un corrispettivo (così Cass. pen., Sez. VI, 8 ottobre 2002, n. 49; diversamente, e comunque ravvisando gli estremi della condotta penalmente rilevante in caso di reiterazione di “atti relativamente liberi”, come anche di loro riconducibilità ad un’attività organizzata, Cass. pen., Sez. VI, 15 aprile 2003, n. 17921).
18) Le società infortunistiche prive di abilitazione sono o non sono soggetti all’ipotesi delittuosa dell’esercizio abusivo della professione se esercitano attività stragiudiziale in materia di diritti? Nessun chiarimento sul punto.
19) La prestazione stragiudiziale resa da una società di capitali ed i relativi accordi negoziali stipulati con il cliente devono pertanto ritenersi vietati in generali dopo la riserva introdotta con la Riforma Forense?
20) La sentenza citata afferma che “E’ sufficiente evidenziare che l’attività contrattualmente dedotta, appunto la “gestione” della contesa e, successivamente, della possibile controversia giudiziaria, non rappresenta certo una semplice sommatoria di atti singolarmente determinati, ma si concretizza in una vera e propria attività coordinata e durevole di assistenza giuridica e legale che comporta di necessità scelte e valutazioni di carattere eminentemente tecnico, caratteristiche della professione di avvocato. La prestazione promessa è cioè, di per sé, quella di un’assistenza di tipo professionale, la quale dovrebbe essere svolta già nella singola “pratica” in modo sicuramente stabile, vale a dire, con una pluralità di prestazioni da porre in essere, continuativamente nel tempo, in vista dell’ottenimento della soluzione della controversia, e non semplicemente con il mero rimborso delle eventuali spese anticipate ma contro un vero e proprio corrispettivo in denaro. È necessario mettere inoltre in rilievo che, in situazioni come quella in discussione, il singolo contratto non rappresenta certo, per chi è tenuto a porre in essere l’attività di assistenza, una prestazione di natura isolata, ma, ancora una volta in aperto contrasto con le disposizioni inderogabili vigenti, un affare posto in essere nell’esercizio di un’attività economica organizzata di tipo imprenditoriale (art. 2082 c.c.), ed anzi, trattandosi di società commerciale, che s’inserisce nell’ambito di un’attività economica con finalità di lucro, perché svolta allo scopo della divisione degli utili (artt. 2247 ss. c.c.)”
21) Dunque, ancor prima della Riforma forense, la sentenza ha affermato che non puo’ individuarsi nell’ ordinamento un principio incondizionato di libertà di assistenza e consulenza legale stragiudiziale, in generale e, in specie, nella cosiddetta materia della “infortunistica stradale”; ed analoghe considerazioni valgano a fortiori per la malasanità e per il recupero dei crediti.
22) Ora la Riforma ammettendo una riserva a favore degli Avvocati della attività stragiudiziale se collegata alla giudiziale, di fatto LIBERALIZZA QUALSIASI ATTIVITA’ STRAGIUDIZIALE SVOLTA DALLE IMPRESE DI SERVIZI, AUTORIZZANDO ALTRESI’ ACCORDI DI REMUNERAZIONE VIETATI ALL’AVVOCATO.
23) Con riferimento al principio costituzionale della libertà d’iniziativa economica la sentenza osserva che spetta al legislatore ordinario l'individuazione delle competenze e delle attribuzioni di ciascuna categoria professionale; ma la Riforma forense ha posto limiti sono agli Avvocati ed alle costituende società, ma non alle Imprese infortunistiche ed è dunque solo con una notevole dose di ipocrisia giuridica che si è AFFERMATA UNA RISERVA – STRAGIUDIZIALE COLLEGATA ALLA GIUDIZIALE – CHE NESSUN INTERPRETE SARA’ IN GRADO DI DEFINIRE.
24) Prosegue la citata sentenza del Tribunale di Cagliari “L’esercizio non titolato di una professione protetta come quella dell’avvocatura non lede, infatti, come è noto, solo gli interessi circostanziati e diffusi degli appartenenti alla categoria forense, ma pregiudica soprattutto l'interesse pubblico a che la professione stessa sia esercitata da soggetti abilitati, e, più concretamente, gli interessi di coloro che di volta in volta si trovano nella necessità di ricorrere, per la tutela dei propri diritti ed interessi, all’attività professionale.
La limitazione del suo esercizio, e la sua sottrazione all’iniziativa imprenditoriale, può conseguentemente essere stabilita dal legislatore ordinario per assicurare al cittadino e, conseguentemente, al sistema nel suo complesso, adeguate garanzie di attitudine e qualità, di correttezza, di imparzialità e di responsabilità. Lo svolgimento indiscriminato di una professione protetta da parte di soggetti non iscritti, ed addirittura non iscrivibili, in un determinato albo professionale, è di per sé fonte di grave pericolo, solo che si valuti l’assenza totale delle garanzie di affidabilità riconducibili al complesso delle protezioni normalmente operanti per gli appartenenti alla categoria, senza tutele reali di fronte a possibili condotte indecorose e, in taluni casi, illecite. Può sottolinearsi che tali rischi sono ancor più inaccettabili solo che si valuti che l’inadeguatezza dell’assistenza rischia inevitabilmente di tradursi, ogni volta, in una mancata effettiva tutela del diritto leso, che sarebbe già rilevabile, con riferimento ai danni da sinistro stradale, nella sola liquidazione inadeguata del danno alla persona. Esclusivamente al di fuori delle professioni intellettuali riservate e per tutte le altre prestazioni di assistenza o di consulenza, quindi, può ritenersi vigente il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi. Non può ragionevolmente sostenersi, d’altra parte, che la “gestione di una pratica” riguardante, come si è detto, la tutela di un credito risarcitorio non riconosciuto e soddisfatto spontaneamente dagli obbligati, e che si concretizza sicuramente nel compimento di una pluralità di atti, indeterminati ex ante, i quali però, singolarmente considerati, potrebbero essere compiuti dallo stesso assistito, e, pertanto, da soggetti non appartenenti all’ordine professionale, possa essere per questa sola ragione valutata alla stregua di una comune attività gestoria, in quanto tale suscettibile di essere posta in essere, come un ordinario mandato, da chiunque e, ancor più, nell’ambito di un’attività di tipo imprenditoriale e non di un rapporto di prestazione d’opera intellettuale. La distinzione tra l’assistenza professionale nella tutela dei diritti in sede stragiudiziale e le altre ipotesi di cooperazione gestoria, sotto il profilo dei contenuti, non è ravvisabile in relazione all’astratta natura degli atti che l’incaricato può essere chiamato a compiere, trattandosi in generale del compimento di “uno o più atti giuridici”, come anche di diverso tipo, per conto e, eventualmente, in nome dell’interessato. La distinzione, invece, deve essere individuata, da un lato, nella funzione, e, dall’altro, nella riconducibilità o meno dell’attività dell’agente, nel suo complesso, al dominio della prestazione d’opera intellettuale riservata, e, di conseguenza, al peculiare atteggiarsi dell’obbligazione di mezzi assunta verso l’assistito. Il mandatario, ad esempio, è tenuto a compiere la propria attività conformemente ai canoni di diligenza di cui all'art. 1710 c.c. (che rinvia alla diligenza del buon padre di famiglia), mentre l’assunzione di un incarico di assistenza stragiudiziale in una controversia comporta necessariamente, ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, c.c., un adempimento con la diligenza specifica del debitore qualificato, la quale implica il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che, nel loro insieme, possono considerarsi rientranti nella conoscenza della professione forense, anche prima ed al di fuori della tutela nel processo. In definitiva, anche per queste ragioni, il compimento di atti stragiudiziali di tutela del diritto e la consulenza giuridica sono consentiti, al di fuori del mandato di assistenza legale, solo qualora si tratti di attività occasionale e non durevoli, e, quindi, al di fuori della assistenza professionale legale. Con riferimento alla rilevata invalidità, è necessario richiamare il disposto dell'art. 2231 c.c., da cui può trarsi che dia luogo a nullità assoluta del rapporto, rilevabile anche d'ufficio, l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge. La nullità, privando il contratto di qualsiasi effetto, non attribuisce infatti al prestatore dell’opera l’azione per il pagamento del compenso (Cass. civ., Sez. II, 16 gennaio 1996, n. 305; Cass. civ., Sez. II, 2 dicembre 1993, n. 11947; Cass. civ., 22 giugno 1982, n. 3794).
E' inoltre nullo, per l'inosservanza degli art. 2229 e 2231 c.c., il contratto stipulato con una società ogni qual volta, come nel caso in esame, si tratti di professionalità protetta, materia in cui è inderogabile il principio della personalità dell'esercizio e dell'incarico (Cass. civ., Sez. II, 26 gennaio 1996, n. 590, sia pure con riferimento a diversa professione intellettuale). Il prestatore, oltre a non aver diritto al compenso (che se corrisposto può essere ripetuto, come indebito oggettivo, secondo la previsione di cui all’art. 2033 c.c.), non può neppure far ricorso utilmente all'azione generale di arricchimento senza causa prevista dall’art. 2041 c.c. (Cass. civ., Sez. I, 5 luglio 1997, n. 6057; Cass. civ., 13 gennaio 1984, n. 286; Cass. civ., 22 giugno 1982, n. 3794).”
25) DOPO LA RIFORMA FORENSE è dunque ancora valida o no la Circolare del MINISTERO DELL’INTERNO 559/C.95.12015 del 21 maggio 1999 avente ad “OGGETTO: Disbrigo di pratiche amministrative relative a vertenze afferenti l'infortunistica stradale “se il titolare di una licenza ai sensi dell'art. 115 T.U.L.P.S. possa esercitare, in relazione a pratiche di infortunistica stradale, attività stragiudiziale per definire il grado di responsabilità del danneggiato e per concordare una transazione, ovvero se tale tipo di attività sia devoluta alla competenza di figure professionali iscritte in appositi albi e quindi sottratta agli esercenti le agenzie di affare; in tale circolare si affermava che “vertendosi nel campo della definizione in via stragiudiziale della pretesa risarcitoria dei danneggiati nei confronti delle imprese assicuratrici antagoniste, ben può l'agenzia d'affari autorizzata ai sensi dell'art. 115 T.U.L.P.S. porre in essere tutte le iniziative tendenti a contattare le compagnie assicuratrici ai fine di definire il grado di responsabilità del danneggiato e di stabilire una qualsiasi forma di transazione sull'indennizzo spettante a chi ha subito il danno. Si osserva infatti come spesso il privato cittadino, che non voglia esperire un giudizio civile nei confronti di un’impresa assicuratrice al fine di ottenere soddisfazione del diritto al risarcimento, si trovi, a fronte della notevole resistenza delle compagnie assicuratrici a riconoscere la responsabilità del proprio assicurato o, quanto meno, il quantum dei danni, nonchè dell'elevato grado di preparazione professionale specifica detenuta dagli esperti assicurativi, nella quasi impossibilità di fatto di rappresentare e difendere il proprio diritto, senza l'ausilio e l'assistenza di un'agenzia infortunistica. Ciò premesso, si ritiene che l'agenzia di affari legittimata a compiere tutti quegli atti per il cui esercizio non è richiesta dalla legge l'iscrizione in appositi albi o ruoli o il possesso di un titolo abilitativo ad hoc (si pensi ad esempio ai periti assicurativi, agli esercenti la professione forense); al contrario, resta precluso agli esercenti le agenzie medesime il compimento di tutti quegli atti che, in quanto espressione tipica di esercizio di una professione, sono riservati al professionista medesimo”.
26) NELLA LEGGE DI RIFORMA si afferma che “È comunque consentita l'instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero la stipulazione di contratti di prestazione di opera continuativa e coordinata, aventi ad oggetto la consulenza e l'assistenza legale stragiudiziale, nell'esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l'opera viene prestata; in sostanza qualsiasi azienda puo’ avere avvocati dipendenti interni ovvero a collaborazione che devono assistere solo gli affari dell’azienda e non gli interessi di terzi. (inoltre, se il destinatario delle predette attività è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in favore dell'eventuale società controllante, controllata o collegata, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile).
27) Sulla reintroduzione del divieto del patto di quota lite, il divieto riguarda esclusivamente gli avvocati? Nel regime previgente alla Legge 248/2006, il Consiglio Nazionale Forense non ha mancato di evidenziare che, da un lato, la riforma non ha abrogato l’art. 1261 cod. civ.; d’altro lato, che l’abolizione del divieto del patto di quota lite non consente, comunque, di valicare il limite, sancito dall’art. 2233 comma II, cod. civ., della necessaria proporzionalità dei compensi “all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.
28) Il patto di quota lite era sempre invalido secondo la normativa previgente ed era sempre valido secondo il Decreto Bersani.
29) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21585 del 21 ottobre 2011, hanno ribadito il divieto del patto di quota lite tra avvocato e cliente, divieto in realtà abolito nel 2006 dal decreto Bersani e poi reintrodotto nell’attuale Riforma.
30) Il patto di quota lite, attraverso il quale le parti parametrano l'onorario dell'avvocato al valore dei beni o dei diritti oggetto della controversia, è sempre stato considerato in modo negativo, in quanto accompagnato dal timore che i professionisti possano abusarne a scapito del cliente; la Suprema Corte specifica che, nonostante il codice deontologico forense consenta all'avvocato di riconoscersi un premio in caso di esito favorevole della controversia patrocinata, tale premio non può e non deve concretarsi in una “ingiustificata falcidia” dei vantaggi economici ottenuti dal cliente attraverso la vittoria della causa.
31) IN SOSTANZA L’AVVOCATO NON PUO’ PIU’ STIPULARE IL PATTO DI QUOTA LITE, MA ESSENDO UNA PREVISIONE STRETTAMENTE PREVISTA PER GLI AVVOCATI E NON PER LE SOCIETA’ A CUI E’ PERO’ CONSENTITA LA STESSA ATTIVITA’ STRAGIUDIZIALE SVOLTA DALL’AVVOCATO, è ovvia e concreta la possibilita’ che numerosi Avvocati si cancellino dagli Albi Professionali, costituiscano una societa’ di capitali ed esercitino l’attività di trattazione stragiudiziale dei danni con il patto di quota lite, salva la facoltà per il cliente in caso di esito negativo di rivolgersi ad Avvocato iscritto?
32) In un sistema di libero mercato non possono esservi dei vincoli nella determinazione del compenso ne’ per gli Avvocati ne’ per le Imprese.
33) Ma il patto di quota lite si distingue e si caratterizza per il rischio, perchè il risultato da raggiungere è certo solo nell’an ma non nel quantum, e dunque in tali casi sarebbe ancora consentito?
34) Si sono tentate delle casistiche: allora delle casistiche:
A - contratto con il cliente con il compenso stabilito in misura percentuale non legato all’esito della causa, perché sarebbe pacifica la responsabilità; ma perché mai su un caso cosi’ poco complesso il cliente dovrebbe sottoscrivere un incarico a percentuale?
35) Con la Riforma forense la pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfettaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene non soltanto a livello strettamente patrimoniale il destinatario della prestazione; E’ AMMESSA LA REMUNERAZIONE A PERCENTUALE CHE PRESCINDE DAL’ESITO DELLA CAUSA.
36) Dunque, posto che dal Decreto Bersani il patto di quota lite si è diffuso in maniera concorrenziale e legittima come uno strumento che consente al cliente di poter scegliere Imprese o professionisti a cui affidare i propri diritti senza oneri, è prevedibile una proliferazione dei contenziosi sulla natura del patto di quota lite, sui soggetti che lo possono o non lo possono stipulare, sulla validità del patto se a percentuale o meno, mentre la ratio del decreto Bersani che aboliva il divieto risiedeva invece nella liberalizzazione delle professioni liberalizzazione NEGATA dalla Riforma Forense.
37) Ammettiamo che IL PATTO DI QUOTA LITE sia ammesso ed ancora stipulabile quando è certo l’an ed e’ solo incerto il quantum (come se l’avvocato fosse il depositario della verità assoluta, solo il Giudice potrà accertare i fatti in sede giudiziale, limitandosi l’Avvocato sulla base degli elementi offerti dal cliente a valutare se il caso sia o non sia fondato, ma con la possibilità che in giudizio le controparti possono depositare documenti e difese che possono capovolgere totalmente l’esito della lite); cosa accadra’ in caso di revoca del mandato proprio nel momento in cui il cliente riceve le utilità sperate ma vuole sottrarsi al pagamento accampando la nullità?
38) Gli Ordini professionali hanno affermato che fino al decreto legislativo n. 223/2006, vigeva il principio generale di cui all’articolo 2233 n. 3 del divieto di pattuizione relativo ai beni che formano oggetto della controversia, oltre al divieto dell’ articolo 45 del codice deontologico.
39) ?Nondimeno, il problema esisteva anche dopo il decreto Bersani ed esiste ancora dopo la Riforma Forense, ben essendo possibile immaginare comportamenti scorretti da parte della clientela anche nei confronti delle societa’ di servizi: la norma non è affatto chiara sulla riserva della consulenza stragiudiziale e sarà fonte di infinite discussioni sulle distinzioni tra la quota lite e il compenso percentuale, l’esito certo solo sul quantum e cosi’ via.
40) Ma non era piu’semplice limitare il patto nel quantum, o definirne esattamente il contenuto, prevedendosi libertà sia per gli Avvocati che per le Imprese nell’utilizzo di questo Istituto conosciuto in tutto il mondo? Si sarebbero anche potute chiarire le conseguenze del recesso, ovvero la possibilità di rinunciare preventivamente al recesso ex art. 2237 c.c (la giurisprudenza ammette la legittimità della rinuncia al diritto di recesso del cliente nei confronti del professionista, che tuttavia deve essere espressa ed inequivoca Cassazione,sentenza 26 giugno 1992 n. 7753; sent. 7 dicembre 1977 n. 5391; sez. II, 25 marzo 1998, n. 3145).
41) Se il patto di quota lite è vietato anche per le società, ammesso che le società di servizi possano ancora trattare i danni, in via stragiudiziale i compensi come devono calcolarsi da parte delle imprese che hanno l’autorizzazione a gestire affari con Tariffe legate a percentuali?
42) Nelle attuali tariffe forensi non c’e’ piu’ alcun onorario stragiudiziale, dunque i compensi possono essere stabiliti ad hoc sia dal Legale che dalle Imprese?
43) La seconda sezione civile della Cassazione, sentenza 26-4-2012, n. 6519, ha avuto modo di precisare, che, sul piano generale, non sussiste il patto di quota lite, non solo nel caso di convenzione che preveda il pagamento al difensore, sia in caso di vittoria che di esito sfavorevole della causa, di una somma di denaro ma non in sostituzione, bensì in aggiunta all’onorario, a titolo di premio (cosiddetto palmario) o di compenso straordinario per l’importanza e difficoltà della prestazione professionale da accertare in concreto sulla scorta di idonei riscontri probatori), ma anche quando la pattuizione del compenso al professionista limitato agli acconti versati, sia sostanzialmente - anche se implicitamente - collegata all’importanza delle prestazioni professionali od al valore della controversia (presupposti questi, anch’essi, da verificare in concreto) e non in modo totale o prevalente all’esito della lite; la Riforma Forense sposa o no questa tesi?
44) Sul patto di quota litis e/o di cessione del credito le SSUU avevano affermato la legittimità, in forza dell’art. 2 d.l. 4.7.2006, n. 223 (cd decreto Bersani sulle liberalizzazioni), convertito nella I. 4.8.2006, n. 248, nell’abrogare e sostituire il terzo comma dell’art. 2233 c.c., attuando il principio comunitario della libera concorrenza e della più ampia circolazione delle persone e dei servizi, nella prospettiva di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta dei professionisti, nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato.
45) Ulteriori ed incisive novità, afferma la Corte, sono state previste dall’art. 3, comma 5, d.l. 13.8.2011, n. 138 (convertito nella I. 14.9.2011, n. 148 - modificato dalla I. n. 183 del 2011. per il quale “gli ordini professionali devono garantire che l’esercizio dell’attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l’effettiva possibilità di scelta degli utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti”.?Le norme succedutesi e sommariamente descritte hanno, quindi, introdotto il principio della completa ed integrale liberalizzazione dei corrispettivi professionali, con l’effetto di elidere ogni profilo di antigiuridicità del cd. patto di quota lite, conformemente alle regole del mercato europee, con la modifica dell’art. 45 del codice deontologico.
46) Il Consiglio Nazionale Forense, nella seduta del 14.12.2006 ha modificato l’art. 10 del codice deontologico, sopprimendo i canoni complementari II e III, che prevedevano i divieti di ” porre in essere attività commerciale o di mediazione” e di “stabilire con soggetti che esercitano il recupero crediti per conto terzi patti attinenti a detta attività”.
47) CONCLUSIONI DEL PRESIDENTE CNF
Il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa. ha commentato“ I giovani potranno avviarsi alla professione con maggiore fiducia nel futuro e con maggiori garanzie di qualità, competenza e correttezza. I clienti saranno più tutelati e potranno contare su consulenti e difensori preparati e corretti.”.
LE SOCIETA’ DI GESTIONE SINISTRI, RECUPERI E MALASANITA’ A CUI E’ LASCIATA LA POSSIBILITA’ DELLA CONSULENZA STRAGIUDIZIALE IN MATERIA DI DIRITTI E A CUI NON E’ INIBITO STIPULARE IL PATTO DI QUOTA LITE, NE’ ALTRE LIMITAZIONI. AVRANNO MAGGIORI POTENZIALITA’ DI CLIENTELA, con la possibilità per la clientela di non sopportare né spese né oneri in caso di esito negativo della trattazione stragiudiziale e perfino della lite, agganciando il rapporto professionale dell’Avvocato all’Impresa, che ovviamente tenderà a remunerarlo il meno possibile, dato che non è piu’ possibile stipulare alcun patto direttamente con l’Avvocato; talchè il cliente alla fine stipulerà la quota lite con l’Impresa che lo solleverà da ogni rischio, ma la trattazione stragiudiziale o giudiziale sarà successivamente affidata all’Avvocato che verrà remunerato al minimo.
CONCLUSIONI E CRITICITA’ DELLA RIFORMA:
• sulla carta la Riforma dovrebbe evitare gli abusi a danno dei cittadini prevedendo la specifica competenza dell’avvocato nella consulenza stragiudiziale
• nei fatti LA CONSULENZA STRAGIUDIZIALE PUO’ ESSERE ESERCITATA DALLE SOCIETA’ INFORTUNISTICHE E DI AFFARI; e ad opinione di chi scrive non si vedono motivi di interesse generale per ampliare alcuna riserva di attività a favore degli Avvocati; il principio di libera concorrenza altrimenti ne uscirebbe compromesso, competitività significa risultati per i danneggiati, e tra Imprese e Avvocati la concorrenza è aperta da tempo
• Al di fuori della assistenza e rappresentanza in giudizio, dove vi è l’obbligo di ricorrere alla prestazione professionale dell’avvocato, il singolo dovrebbe restare libero di scegliere non solo se avvalersi o meno del sostegno di un soggetto terzo di propria fiducia, che sia Avvocato o Impresa, secondo modalità e condizioni- compreso il corrispettivo – adeguate alle proprie concrete esigenze.
• Ma l’Avvocato, al pari dei prestatori degli altri servizi di natura stragiudiziale dovrebbe allora poter pattuire gli stessi compensi, perché diversamente la liberalizzazione avviene in senso opposto .
• Ed infine, il divieto della quota lite vale allora per IMPRESE E AVVOCATI, O SOLO PER GLI AVVOCATI?
Ritenendo pienamente legittime le attività stragiudiziali svolte dalle Imprese di risarcimento del danno, ed essendovi libertà per esse di stipulare qualsiasi accordo con la clientela, non si vede perché all’Avvocato sia imposta la richiesta di un compenso secondo i Parametri o a percentuale, affermandosi che la prestazione puo’ anche essere gratuita ma se non lo è il compenso dovrà essere corrisposto dal cliente sia in caso di esito positivo che negativo della trattazione o della lite.
Tale fatto, sommato ai tempi e ai costi della giustizia, in tempi di recessione costituirà non tanto una limitazione per gli Avvocati, ma un disatroso ed irragionevole elemento a scapito della clientela: vista l’identità delle prestazioni stragiudiziali svolte da Imprese e Avvocati, se vogliamo parlare sul serio, non si vede neppure una minima ragione per cui il cliente debba scegliere l’Avvocato anziché l’Impresa; da cui puo’ ottenere di essere sollevato da qualsiasi spesa od onere; a meno che non si voglia dire che l’Avvocato è un operatore del risarcimento piu’ qualificato.
Ma in tal caso allora perché il compenso dovrebbe essere inferiore e limitato ai Parametri, e costituire un obbligo per il cliente anche in caso di esito negativo della lite,contro la libertà degli altri operatori?
La clientela non sarà certo orientata ad una libera scelta tra Avvocati e Società che curano il risarcimento, e tutto cio’ non fara’ che comprimere i diritti dei soggetti da tutelare alimentando solo il mercato delle società di capitali, ancora-vietate agli Avvocati, che effettivamente potranno realizzare utili in piena libertà.
Non mi pare che si possa essere soddisfatti dalla Riforma ne’ come Avvocati, per l’evidente compressione della libertà di operare in un regime concorrenziale e non sottoposto a rigidi divieti, né come Imprese, data l’evidente incertezza ed ambiguità della definizione delle attività riservate agli Avvocati (consulenza stragiudiziale legata all’attività giudiziale) e della questione della quota lite, se ammessa o meno anche per le Imprese.
Secondo alcune opinioni OUA risalenti al 2009, che hanno sostenuto la necessità dell’abrogazione della quota lite, “per l’ordinamento inglese è illegittimo per un avvocato avere un interesse finanziario sul risultato di una causa, per cui è opinione comune che il sistema americano non possa calarsi nella realtà forense inglese; secondo tale ordinamento, il patto di quota lite ha una portata limitata, e la sua applicazione, anche se sporadica, ha determinato una serie di abusi e di dissesti finanziari che hanno danneggiato la reputazione degli avvocati inglesi. La diffusa presenza in Europa del divieto di quota lite” (ndr in realtà ammesso in molti Paesi europei) “è diretta a garantire la neutralità del difensore rispetto alle sorti della vertenza, impedendo il sorgere di conflitti di interessi. Si vuole evitare che l’avvocato faccia del proprio ministero uno strumento di speculazione a danno del cliente”.
A dire il vero, ad opinione di chi scrive, sarebbe assai piu’ speculativa per l’Avvocato una causa dove l’impegno puo’ anche essere modesto, e gli sforzi professionali solo di mezzi e non di risultato, fatti che consentono di addebitare comunque un onorario al cliente; mentre meno speculativo appare un patto di quota lite pur ragguagliato alle attività svolte, dove l’Avvocato partecipa al risultato vittorioso della lite, sostenendo le responsabilità anche economiche, ma con un risultato di compenso ragguagliato all’investimento di tempo e denaro, evitando al cliente l’esborso di oneri altissimi, con la conseguenza:
- per i clienti meno abbienti al grave sbarramento all’accesso della tutela giudiziaria.
- per i clienti piu’ abbienti, una posizione di supremazia nella costante e quotidiana richiesta di accordi tariffari verso il basso in forza delle pesanti spese da affrontare nei contenziosi
Entrambe le variabili hanno ridotto non poco il concetto di decoro della professione.
Sul grave problema dei costi e dei tempi della giustizia civile nessuno vuole discutere; la Riforma afferma di dare competitività alla classe forense, ma reintroduce i Parametri, vieta l’ingresso di capitali nelle forme associative, vieta la stipula della quota lite, favorendo di fatto le società di capitali non composte da Avvocati, il tutto in nome di un decoro della professione che viene quotidianamente svilita dai costi e dalla lentezza della giustizia.
Lo scenario che si apre è falcidie degli Avvocati, soprattutto giovani, e largo spazio alle Imprese con possibilità di forti investimenti sulle attività stragiudiziali dei risarcimenti, con il rischio per le Imprese stesse di sentirsi negare i corrispettivi dovuti dalla clientela sulla base di interpretazioni giudiziali piu’ o meno restrittive (Tribunale di Cagliari) o, ancora peggio come è già avvenuto per la media-conciliazione obbligatoria, dovere affrontare le conseguenze di una dichiarazione di incostituzionalità.
La soluzione?
Semplicemente evitare che ogni Legge di Riforma sia un compromesso politico tra lobbies e partiti; ed ammettere una buona volta che anche gli Avvocati possano organizzarsi con soci di capitali per essere davvero concorrenziali, pur prevedendosi le personali responsabilità (esiste nel diritto amministrativo il responsabile del procedimento, nelle società di capitali la responsabilità penale esiste); in una società di capitali, i soci Avvocati che trattano un caso potrebbero sic et simpliciter essere nominati o essere definiti ex lege in forza del mandato i responsabili ad ogni effetto deontologico e civilistico; dunque negare o ammettere sia per le società che si occupano di risarcimento, che per le società tra Avvocati con composizione allargata ai soci di capitale, che alle associazioni, che agli Avvocati liberi professionisti in maniera chiara e puntuale quali siano le attività riservate, in quali limiti si possa o non si possa stipulare la quota lite, definendone anche con norme regolamentari i contenuti.
Se Avvocati e Imprese dovranno svolgere le stesse attività stragiudiziali, tutte le categorie dovranno poter effettuare investimenti di capitale per l’innalzamento della qualità dei servizi e per la competitività, e la clientela dovrà poter scegliere liberamente tra tutti gli operatori a parità di condizioni.
Quando accadrà che gli Avvocati potranno finalmente diventare Imprese, pur con tutte le regole sulle responsabilità personali inerenti il mandato (come è accaduto per le responsabilità penali delle società, per le responsabilità dei funzionari amministrativi e cosi’ via) dato che l’organizzazione efficiente di un’attività di servizi legali richiede investimenti, rischi economici non indifferenti, attrezzature sofisticate, personale continuamente formato e selezionato e non abbattimento di costi, impossibilità di investimenti, enorme ed incontenibile pressione fiscale e previdenziale?

Firenze, 7 Novembre 2012

Avv. Stefania Comini