E' noto come da più parti dell'Ordinamento, l'inefficienza della Giustizia venga imputata a noi Avvocati e precisamente all'elevato numero di professionisti legali, rispetto alla popolazione nazionale.
Anche tanti Colleghi, spesso hanno avuto modo di affermare che da noi ci sono troppi avvocati. Ovviamente, quando lo hanno detto o scritto, si sono sempre riferiti ad altri Avvocati di troppo, e mai a loro stessi. Non è chiaro, però, atteso che saremmo in troppi, quanto avremmo dovuto essere.
Da alcuni anni, ormai, la domande di iscrizione agli albi forensi è calata repentinamente, salvo che in alcune aree del Mezzogiorno d'Italia.
Siamo in troppi, dicono, e per questo motivo aumenterebbe la litigiosità della popolazione. Saremmo in contrasto, quindi, con la pacificazione, aumenteremmo i conflitti, le liti. Se fossimo di meno, quindi, i cittadini litigherebbero di meno. I processi sarebbero pochi e la Giustizia funzionerebbe meglio.
Una teoria priva di qualsivoglia fondamento logico. Non credo che sia l'Avvocato ha creare il conflitto. E' il cliente che si presenta dall'Avvocato per risolvere  un problema che a suo dire è stato creato da controparte. L'Avvocato, dopo l'esame della questione, si esprime sulla reale possibilità di uscirne vittorioso e poi accetta l'incarico.
L'elevato numero di avvocati, addirittura favorisce il funzionamento della Giustizia, e non il contrario. Avendo meno procedure pro capite, queste possono essere lavorate meglio e quindi favorire il funzionamento della Giustizia.
Questo ragionamento si comprende meglio se applicato al processo penale, dove è lo stesso Ordinamento a promuovere l'azione e non l'Avvocato. Sappiamo che un numero veramente rilevante delle cause penali  si prescrive. Dove sta la responsabilità dell'Avvocato di troppo nel processo penale?
Se, per i ritardi nel processo penale non vi è responsabilità dell'Avvocato di troppo, non si capisce quale sarebbe la responsabilità dell'Avvocato meramente civilista
rispetto all'eccessivo contenzioso che l'apparato della Giustizia non riesce da tempo a sopportare.
Ci viene da pensare che si stia tentando di imputare alla classe forense delle responsabilità che appartengono a tutta l'Amministrazione della Giustizia.
Se il processo civile non funziona, come in realtà non funziona, sarebbe utile indagare nella realtà degli attori principali del processo. Escludiamo categoricamente ogni responsabilità della classe forense.  Rimane l'Amministrazione Centrale della Giustizia, i Giudici e le Cancellerie. Ultimo additato è il codice di rito (c.p.c.).
L'Amministrazione della Giustizia è responsabile certamente delle consolidate carenze di organico e di mezzi. Sui Giudici. I più fanno il loro dovere egregiamente ma molti altri lavorano a rilento. Controversie che potrebbero essere definite in poco tempo e poche udienze si trascinano per molti anni. 
Nel tempo, spesso, viene anche meno l'interesse ad agire ma l'azione ormai è in corso. I Giudici ogni tanto arrivano in udienza senza aver esaminato i fascicoli, forse perchè hanno un ruolo troppo carico o forse perchè dovrebbero lavorare qualche ora in più. I tempi così si dilatano e si arriva a sentenza esausti, spesso dopo molti anni.
Le cancellerie fanno quello che possono con i pochi mezzi che hanno a loro disposizione.
Il vero imputato, in realtà, è il codice di rito. Lungo, arzigogolato, meritevole di snellimento.
Con l'avvio del processo civile telematico ci stiamo indirizzando verso una nuova stagione del processo civile. Sicuramente dopo un periodo di assestamento i processi funzioneranno meglio, saranno più veloci, le sentenze arriveranno prima.
Il PCT, come ogni procedura, può e deve essere migliorato. Così ci sarà il recupero del processo civile e non ci sarà più un Avvocato di troppo.
Una riflessione minima su una ipotesi di miglioramento del codice di rito va fatta. Va fatta affinché i Colleghi, insigni giuristi, insieme ai Magistrati, che hanno avuto mandato parlamentare per servire questo Paese, possano valutare di accogliere la seguente banale idea.
Facciamo una minima valutazione dell'attuale funzione delle udienze avanti il Giudice del Lavoro, con riferimento al processo previdenziale. Non servono, non hanno alcuna funzione. Salvo il caso di assunzione di prove testimoniali, sono inutili, una emerita perdita di tempo.
Dopo ore di attesa e, ripeto, di perdita di tempo, si arriva avanti il Giudice per dare atto dei presenti, controllare le carte (notifiche) e produrre memorie per poi rinviare al prossimo anno.
Quando il PCT andrà a regime le udienze saranno assolutamente superate. Allora si potrebbe operare in questo modo, semplificato per motivi di spazio, e quindi da approfondire.
L'atto introduttivo del giudizio sarà proposto in PCT, la notifica sarà fatta via PEC, la costituzione di controparte sarà fatta in PCT. Il Giudice dalla propria consolle dirigerà il processo, esaminerà gli atti, si farà tutto in telematico.
Nel processo previdenziale, dove l'istruzione probatoria è quasi esclusivamente documentale, il Giudice potrebbe stature in breve tempo ed inviare la sentenza alle parti (inteso ai procuratori delle parti). Nel caso di prova testimoniale o per altri validi motivi, secondo il prudente apprezzamento del Giudice,  si potrebbe fissare una udienza.
Congrua con la con le superiori attività dovrebbe essere la scansione temporale  del processo.Così facendo, forse, non ci saranno più avvocati di troppo perchè i processi si faranno nel rispetto dei diritti dei cittadini.                                                                                      Vincenzo Loprevite