Nel processo penale sono acquisibili come prova documentale gli atti extraprocessuali ai sensi dell'articolo 234 del Codice di procedura penale.
Gli atti extraprocessuali infatti non incontrano i limiti di utilizzabilità riferiti agli atti procedimentali.
Al riguardo, si segnala una recente pronuncia della Cassazione in tema di reati fiscali, con specifico riferimento alla natura ed al valore (probatorio) del verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza (Cassazione, sentenza del 3 febbraio 2015, n. 4919).
Tale verbale è pacificamente un atto amministrativo extraprocessuale: non è, dunque, un "atto processuale", poiché non previsto dal codice di rito nè dalle nome di attuazione.
Esso, in quanto atto extraprocessuale, è acquisibile e utilizzabile nel processo ai fini probatori, in base al citato articolo 234.
La Cassazione, tuttavia, ribadendo un orientamento già consolidato, ha evidenziato che qualora emergano, al momento dell'accertamento, indizi di reità, dovrà allora procedersi ai sensi dell'articolo 220 delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile (Art. 220. Attività ispettive e di vigilanza. Quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice).
In altre parole, la parte del verbale, formatasi successivamente all'emersione degli indizi di reità, non è più qualificabile come "documento" ai sensi dell’articolo 234, e non potrà assumere efficacia probatoria (nello stesso senso: Cassazione, sentenza n. 4432/1997, secondo cui "la parte del documento compilata prima dell’insorgenza degli indizi ha sempre efficacia probatorie ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito").