Il reato di "spaccio" di lieve entità, previsto dall'artticolo 73, comma 5, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è stato trasformato da circostanza attenuante speciale in titolo autonomo di reato.
Ciò a seguito della riforma operata dall’articolo 2 del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 10.
Il fatto che si tratti ora di delitto autonomo e non più di una circostanza attenuante speciale, si desume sia dalla rubrica dell’articolo 2 ("delitto di condotte illecite in tema di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità"), sia dalla stessa formulazione letterale della norma, che ha introdotto, nel corpo del comma 5 dell’articolo 73, la clausola di riserva "salvo che il fatto costituisca più grave reato".
Ulteriore conferma di quanto sopra si ricava dalle modifiche introdotte dalla legge di conversione n. 10/2014, all’articolo 380, comma 2, lettera h), del Codice di procedura penale (laddove si esclude dalla previsione di arresto obbligatorio non più il caso in cui "ricorra la circostanza prevista dal comma 5" dell’articolo 73, ma l’ipotesi che si tratti dei "delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo") e all’articolo 19, comma 5, del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (laddove si stabilisce che la diminuente della minore età non opera, nella determinazione del quantum di pena agli effetti dell’applicazione delle misure cautelari diverse dalla custodia in carcere nei confronti degli imputati minorenni, "per i delitti di cui all’articolo 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/1990").
La trasformazione del "fatto lieve" da circostanza attenuante in reato autonomo, comporta importanti conseguenze (più favorevoli per l'imputato) in tema di prescrizione del reato, applicabili anche ai fatti anteriori alla riforma, in base all'articolo 2, comma 4, del Codice penale.
Precisamente, per il computo dei termini necessari a prescrivere, deve aversi riguardo alla pena stabilita per il reato autonomo di cui al comma 5 dell’articolo 73, e non più alla pena stabilita, in precedenza, per il reato di cui all’articolo 73, comma 1.
Il termine di prescrizione è quindi sei anni (in base all’articolo 157, comma 1, del Codice penale) prorogabile solo fino a sette anni e mezzo, in caso di atti interruttivi, secondo il disposto dell’articolo 161, comma 2, del Codice penale, con gli eventuali aumenti dovuti alla recidiva (Cassazione, sentenza del 26 marzo 2014, n. 14288).