Sia chiaro, il decreto non ha risolto tutti i problemi, ma di sicuro ha riequilibrato alcuni aspetti, lasciando tuttavia un dubbio apparentemente amletico: l'art. 4 e 5 hanno operato solo una abolitio criminis o introdotto anche una forma sui generis di condono penale?
I dati del Viminale riportano circa 110 mila denunce, molte delle quali per inosservanza delle norme sulla limitazione degli spostamenti. Il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 aveva legittimato l'introduzione di misure limitative di libertà e diritti fondamentali attraverso una serie di D.P.C.M., in particolare l’art. 3, co. 4. stabiliva: ““salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale?”. Questa norma è stata abrogata dall'art. 5 del nuovo decreto sostituendola con nuove sanzioni.
La norma abrogata aveva introdotto una fattispecie autonoma di reato, facendo un rinvio solo quoad poenam all’art. 650 c.p., cioè solo al fine della individuazione della sanzione (arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro). La norma, infatti, recitava testualmente che "il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell'art. 650 c.p." La condotta vietata era quella di non rispettare le disposizioni di quel decreto, mentre l'art. 650 c.p. punisce l'inosservanza di provvedimenti specifici destinati a persone determinate e non l'inosservanza di un atto normativo, astratto e generale (Per la configurabilità del reato di cui all'art. 650 c.p., per "provvedimento legalmente dato dall'autorità" deve intendersi l'estrinsecazione di una potestà amministrativa ad incidere direttamente su situazioni soggettive con forza innovativa. Non rientrano, infatti, nella nozione di provvedimento amministrativo, ormai compiutamente delineata dalla dottrina pubblicistica, gli atti normativi (con le tipiche caratteristiche dell'astrattezza e della generalità) che, pur potendosi rivolgere ad una ben determinata categoria di persone, non incidono direttamente su situazioni soggettive" Cass. pen. Sez. I, 01/12/1995, n. 2195)
Questa distinzione non è stata colta con precisione nella prassi e si è creata confusione, visto che molte persone sono state denunciate per il reato di cui all'art. 650 c.p. e non per la violazione dell'art. 3 D.L. 6/2020.
Ad ogni modo, si ricorda che entrambe le fattispecie sono delle contravvenzioni per le quali è possibile accedere al beneficio dell’oblazione, che consente la definizione del procedimento penale con il pagamento di una somma pari a 103 euro, ottenendo così l’estinzione del reato.
Sono reati procedibili d'ufficio, pertanto le Procure italiane si sono trovate inondate, in poche settimane, di moltissime nuove iscrizioni di reato. Si tratta di un notevole dispendio di forza lavoro e tempo per procedimenti che molto probabilmente si sarebbero conclusi con una richiesta di archiviazione o quantomeno con una sentenza di estinzione del reato per pagamento dell'oblazione (sempre se concessa dal Giudice).
Forse anche per questo, il Governo ha deciso di abrogare la norma penale ed introdurre con l'art. 4 D.L. 19/2020 una sanzione amministrativa da 400 a 3.000 € per chi non osserva le misure di contenimento dell'art. 1 co. 2 dello stesso decreto, con la previsione dell'aumento di un terzo delle sanzioni qualora la violazione avvenga con l’utilizzo di un veicolo.
L'art. 4 co. 1 prevede una clausola “salvo che il fatto costituisca reato”. Dunque, questo nuovo illecito amministrativo non sarà applicabile ogni volta che l’inosservanza delle misure di contenimento possa integrare un reato. Per esempio la nuova contravvenzione prevista dall’art. 4 co. 6 del decreto legge, che introduce l’inosservanza della quarantena da parte di chi sia risultato positivo al virus, in questo caso sarà contestato lo specifico reato. Diversamente, l'illecito amministrativo potrà essere sanzionato contestualmente ai reati che siano stati commessi in concorso all’inosservanza delle misure di contenimento (es. l’epidemia colposa, reati di falso, resistenza-violenza-oltraggio a pubblico ufficiale).
Ciò detto, l’abrogazione della contravvenzione dell’art. 3, co. 4 d.l. n. 6/2020 sta ponendo il dilemma circa l'esito da riservare ai fatti finora commessi. Sinceramente, parrebbe che il decreto 19/2020 abbia operato un'abolizione della rilevanza penale dei fatti riconducibili al nuovo illecito amministrativo, introducendo una sanzione amministrativa. Per l'effetto, i fatti commessi in precedenza non potranno essere puniti ai sensi dell’art. 3, co. 4 d.l. n. 6/2020.
Da questa operazione del Governo, ci si aspetta (si auspica) che i procedimenti incardinati presso le Procure d'Italia siano archiviati, sia quelli iscritti per il reato di cui all’art. 3, co. 4 d.l. n. 6/2020, sia quelli ex art. 650 c.p., che dovranno essere oggetto di previa riqualificazione giuridica del fatto.
Tramite questa abolitio criminis si dovrebbe condonare il comportamento penalmente rilevante di chi finora ha violato le norme sul contenimento degli spostamenti.
Vi è un secondo profilo da commentare.
L’art. 4 co. 8 del nuovo decreto rende applicabili retroattivamente le nuove sanzioni amministrative: “le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 5077”. Questo comma stabilisce che il nuovo illecito amministrativo potrà essere contestato a coloro che sono stati finora denunciati ai sensi dell’art. 650 c.p. e/o art. 3, co. 4 d.l. n. 6/2020. In soldoni, dopo che il GIP abbia archiviato il procedimento penale perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato, la cancelleria potrà inviare il fascicolo all'autorità amministrativa (Prefetto) perchè sia irrogata la sanzione di € 200.
Su questo profilo, si ritiene che il Governo abbia eseguito un'operazione di "ortopedia giuridica", difatti il principio di irretroattività che opera anche per gli illeciti amministrativi punitivi, avrebbe impedito l’irrogazione delle sanzioni del nuovo illecito amministrativo ai fatti commessi prima dell'introduzione del D.L. 19/2020. Difatti sia l’art. 1 della l. n. 689/1981, ma soprattutto la Corte costituzionale, con la sent. n. 196/2010, ha esteso la garanzia del principio di irretroattività dell’art. 25 co. 2 Cost. alle disposizioni che introducono sanzioni amministrative di carattere afflittivo-punitivo ("ogni intervento sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la funzione di prevenzione criminale (e quindi non sia riconducibile - in senso stretto - a vere e proprie misure di sicurezza), è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato”). Per arginare questa preclusione, è stata fatta questa scelta di applicare una sanzione minore (€ 200), apparentemente diversa, ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del nuovo decreto.
A tutto voler concedere, rimane però un aspetto apparentemente non ancora risolto: la sanzione di € 200 per i i fatti pregressi è comunque superiore all'ipotesi del pagamento di un'oblazione di € 106 (sempre se concessa dal giudice). Dunque, il dubbio che rimane è questo: il Governo ha voluto tendere la mano alle Procure allegerendo il lavoro, ma allo stesso tempo ha trovato il modo di guadagnarci di più?!
Sicuramente è solo una nostra "malizia giuridica".
Avv. Corrado Cocchi