Il reato, in generale, può essere posto in essere sia una persona sola sia da più persone che concorrono nella realizzazione del medesimo reato.
Si tratta dell’eventualità in cui più persone pongono in essere un reato che può essere realizzato anche da una persona sola.
Alcune figure delittuose, inoltre, richiedono necessariamente per la loro realizzazione una pluralità di persone – logicamente e giuridicamente – non è rappresentabile la consumazione della fattispecie se non in presenza di più agenti (si pensi, ad esempio, al reato di rissa che può essere consumato solo quando i contendenti sono almeno più di due o ai reati associativi).
Quindi, nel diritto penale, sono individuabili i reati che possono essere compiuti da un soggetto o da più soggetti indifferentemente e quelli che presuppongono necessariamente la “cooperazione” di più agenti.

Ma quando è punibile l’attività a titolo di concorso? E con quali modalità? Vi è una valutazione delle singole responsabilità?
Quando l’azione materiale costituente reato è commessa ugualmente dai soggetti cooperanti (ad esempio nel caso di un omicidio commesso da più soggetti che esplodono tutti dei colpi di arma da fuoco che attingono la vittima in zone vitali), non vi è deviazione alcuna dai normali canoni di imputazione del reato previsto dalla legge.

Più problematica – almeno nella teoria – l’ipotesi di una cooperazione diversificata tra i concorrenti.
Invero, occorre partire dal dato di comune esperienza che coloro che commettono un crimine cooperando tra di loro – solitamente – si dividono i compiti realizzando ciascuno una diversa azione.
Si pensi al caso classico di una rapina in banca: vi sarà un soggetto che studia gli orari e le abitudini dei dipendenti, l’ubicazione dell’agenzia, le possibili vie di fuga, chi farà da palo, chi guiderà l’auto e chi materialmente entrerà nell’istituto di credito brandendo un’arma etc.
Ebbene, solo gli esecutori materiali – nel caso specifico colui che entrerà in banca intimando la consegna del denaro – pongono in essere un’azione conforme a quella prevista dal codice penale mentre gli altri correi realizzeranno delle condotte c.d. atipiche che di per sé valutate potrebbero addirittura essere astrattamente lecite (e l’esempio della rapina è ancora valido se si pensa al conducente dell’autovettura).
La spiegazione di tale “anomalia” è da ricercare nella tecnica di formulazione delle norme penali che il Legislatore ha pensato (e realizzato) per un agente singolo (ovvero con una condotta monosoggetiva).

Dal punto di vista teorico e pratico si giunge alla punizione delle condotte c.d. atipiche (come abbiamo detto, non necessariamente contrarie alle legge se valutate singolarmente) alla luce delle norme sul concorso previste dalla parte generale del codice penale (diciamo i “principi” del diritto penale e non già quella parte della branca che disciplina i singoli reati) che permettono una “espansione” della punibilità (e delle pene) propria delle singole fattispecie di reato.

Ma – nello specifico – quando le condotte c.d. atipiche sono considerate concorso nella realizzazione del reato?

Occorre precisare che il nostro ordinamento ha scelto una decisa estensione del concetto di concorso e non ha previsto una tipizzazione delle condotte atipiche ritenute punibili.
Viene considerata punibile per il medesimo titolo (e, sostanzialmente, con la medesima pena), infatti, qualunque condotta abbia apportato un qualunque contributo alla realizzazione del fatto-reato concretamente verificatosi.
Non si distingue tra le varie figure dei concorrenti né tra le varie condotte poiché è responsabile a pieno titolo chiunque abbia contribuito alla realizzazione del reato.
Qualsiasi condotta senza la quale quel reato, con quelle modalità concrete si è realizzato, sarà punita a titolo di concorso.
Il sistema della pari responsabilità dei concorrenti è stato scelto dal Legislatore nell’ottica della migliore difesa sociale evitando di operare complicate indagini sulle caratteristiche e sulla rilevanza di ogni singolo apporto: quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita …. (art. 110 c.p.).

Tuttavia, ai fini della graduazione della responsabilità tra i singoli soggetti concorrenti (esigenza in ogni caso imprescindibile per un sistema giuridico fondato sul pricipio costituzionale della responsabilità penale personale) lo stesso art. 110 c.p. prevede delle “eccezioni” (e come tali vengono applicate dai Giudici normalmente) alla regola sopra evidenziata in base alle quali la pena per i singoli soggetti concorrenti può essere calibrata e graduata alla luce del ruolo effettivamente ricoperto durante l’esecuzione del reato.
Stabilisce, infatti, l’art. 114 comma 1 c.p.: il giudice, qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 c.p. e 113 c.p. (l’art. 113 c.p. disciplina la cooperazione nel delitto colposo N.d.r.) abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato, può diminuire la pena.
La norma, sotto un certo aspetto, sottolinea la regola generale della uguale responsabilità prevista dall’art. 110 c.p. poiché lascia alla libera valutazione del giudice l’individuazione di quelle caratteristiche della condotta tali da relegarla ad apporto del tutto secondario nella verificazione del reato.
Il predetto principio di contenimento della pena può considerarsi davvero eccezione alla regola generale – non solo alla luce della formulazione della norma – ma anche e soprattutto poiché, nella pratica, assai raramente le condotte dei concorrenti vengono diversificate dal Giudice alla luce dell’art. 114 c.p..

La partecipazione di più soggetti alla realizzazione di un reato può avvenire o nella fase ideativa o nella fase esecutiva del reato.
La prima si ha nel concorso morale; la seconda compartecipazione è punibile a titolo di concorso materiale.

Il concorso morale.
Il contributo del partecipe concorrente si risolve in un impulso psicologico al reato materialmente come commesso da altri.
Il soggetto, pertanto, concorrerà quale determinatore o istigatore.

Il determinatore è colui che fa sorgere in altri un proposito criminoso prima inesistente: la volontà criminosa nasce proprio a seguito dell’intervento del concorrente.

L’istigatore è colui che rafforza il soggetto che agirà materialmente e, quindi, potenzierà un proposito criminoso già esistente nei progetti dell’autore.

Da tali figure deve essere ben distinta la semplice connivenza che ricorre quando un individuo assiste passivamente alla perpetrazione di un reato che avrebbe la possibilità – ma non l’obbligo – di impedire l’evento criminoso.
Invero, non esiste un obbligo generale per i cittadini di attivarsi per impedire la commissione di reati (diversamente, saremmo tutti una sorta di polizia privata); obbligo che, al contrario, grava sugli appartenenti alle forze dell’ordine.
Il concetto è di fondamentale importanza: è punibile chi concorre nella commissione di un reato determinando o rafforza la volontà altrui ma non colui (privato cittadino) che si “limita” a non attivarsi per impedire la commissione di un reato.

Attenzione però: si avrà concorso nel reato e relativa possibile condanna quando l’agente partecipa in qualunque modo alla realizzazione dell’illecito e, quindi, anche quando con la sua presenza agevola o rafforza il proposito criminoso altrui (quindi, quando si realizza una connivenza che sfocia nell’istigazione) giacché tale situazione è ben diversa dalla mera adesione interna all’altrui condotta (che realizzerà la richiamata mera connivenza non punibile) che nessun contributo arreca alla commissione di un reato.
Sarà punibile a titolo di concorso anche la condotta di colui che – promettendo supporto prima della commissione del reato – rafforza l’altrui volontà ma non già la condotta del soggetto che dopo la commissione del reato presta effettivamente il proprio aiuto al reo (in questo caso il soggetto sarà, invece, punibile eventualmente a titolo di favoreggiamento personale o reale).

Il concorso materiale.
Si verifica quando il correo interviene materialmente nella serie di atti che sfociano nell’evento-reato.
Si possono individuare due diverse figure di concorrente materiale:
- il coatore ovvero il soggetto che compie le stesse azioni (con altri) che sarebbero punibili anche considerate singolarmente quale condotta-reato (ad esempio colui che con altri colpisce la vittima delle lesioni volontarie);
- il complice ovvero colui che “si limita ad un qualsiasi intervento nella preparazione o nella esecuzione del reato” (diritto penale-parte generale, edizioni giuridiche De Simone 2001 pag. 315).
Le condotte del complice possono essere – ovviamente – le più disparate e sopra si segnalava come il Legislatore italiano abbia inteso non prevedere alcuna classifica e/o elenco delle predette azioni ma considera come concorrenti le condotte di colui che in qualsiasi modo abbia apportato un contributo di qualsiasi natura alla realizzazione di un reato concretamente valutato.

Vi sono però dei requisiti minimi dell’azione di un soggetto perchè costui sia considerato concorrente.
La condotta deve:
- o rendere possibile la commissione del reato;
- deve agevolarne o facilitarne la commissione;
- deve essere – in ogni caso – un elemento della verificazione del reato (diversamente, la condotta del complice “pasticcione” che non dà un apporto positivo ma, al contrario, rende l’azione più complicata, non sarebbe punibile).

E‘ importante che la valutazione delle tre possibilità sia operata considerando il reato come si è effettivamente verificato e concretizzato e non già considerando il modello codicistico del crimine.
Ad esempio, sarà concorrente del reato anche colui che fornisce le chiavi della cassaforte al complice sebbene lo stesso avesse quasi scassinato il forziere poiché deve essere valutato il furto commesso (in concreto) realizzatosi con l’apertura per mezzo delle chiavi e non già quello che sarebbe avvenuto se le chiavi non fossero state utilizzate (vedi fonte sopra richiamata pag. 317).

Di tutta evidenza che si avrà concorso quando il soggetto concorrente abbia la coscienza e la volontà del fatto criminoso.
Tale status mentale deve essere appurato come se il soggetto compiesse il reato singolarmente.
Inoltre, deve essere provata anche la volontà di concorrere con altri nella realizzazione del reato ovvero deve verificarsi:
- la conoscenza e la rappresentazione delle azioni che gli altri compiranno, hanno compiuto o compiono;
- la volontà di contribuire con la propria azione alla commissione di quel reato.
Ciò non implica necessariamente un accordo preventivo dei correi essendo punibile anche la condotta di colui – anche sconosciuto agli altri o all’altro agente – che agevoli il disegno criminoso in via del tutto estemporanea e senza alcun preliminare accordo o, addirittura, in vantaggio di un soggetto del tutto ignaro (la consapevolezza del concorso, invero, non deve essere tale per tutti i compartecipi che risponderanno, però, del reato come se lo compissero da soli a differenza di colui che è cosciente dell’apporto altrui).