I riti alternativi sono stati introdotti dal codice di procedura penale del 1989 al fine di deflazionare il carico di lavoro dei Tribunali e per favorire un maggiore snellimento dei processi penali, garantendo al tempo stesso una maggiore celerità.

In questa scheda ci occuperemo principalmente del giudizio abbreviato e dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, entrambi caratterizzati dal fatto che, ricorrendo ad essi entro determinati limiti temporali, si evita il passaggio al dibattimento.

1. Giudizio abbreviato (artt. 438-443 c.p.p.).

E’ l’istituto previsto dall’art. 438 c.p.p., il quale consente all’imputato, che accetti di essere giudicato allo stato degli atti, la possibilità di ottenere uno sconto pari a 1/3 della pena astrattamente determinata dal Giudice tra il minimo ed il massimo edittale.

In concreto significa che l’imputato, rinunciando al dibattimento, consente che la sua eventuale responsabilità penale venga accertata dal Giudice esclusivamente sulle risultanze degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero.

A tal proposito, è bene precisare che il giudizio abbreviato viene richiesto sia nel caso in cui la difesa dell’imputato punti ad ottenere un’assoluzione (richiedendo al Giudice, quale forma di integrazione probatoria, l’audizione di alcuni testimoni) sia nel caso in cui non sia possibile accedere al patteggiamento (p.es. perché l’imputato ha già beneficiato in passato della sospensione condizionale della pena).

Al fine di richiedere tale rito alternativo è necessario ricordare la presenza di alcuni fondamentali requisiti:

a) la richiesta dell’imputato che può essere presentata personalmente o a mezzo procuratore speciale, una volta che il Pubblico Ministero abbia esercitato l’azione penale obbligatoria;

b) la possibilità di definire il procedimento allo stato degli atti, salva la possibilità che l’imputato richieda un’integrazione probatoria, ammessa dal Giudice solo qualora ritenga la stessa assolutamente necessaria ai fini della decisione.

In merito ai termini entro i quali è possibile accedere al giudizio abbreviato, è bene differenziare tra reati per i quali è previsto il filtro dell’udienza preliminare (la richiesta deve essere presentata nel momento in cui vengono formulate le conclusioni) e reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio (la richiesta deve essere presentata prima dell’apertura del dibattimento).

La persona offesa dal reato intenzionata a far valere le proprie pretese risarcitorie all’interno del processo celebrato con rito abbreviato, può decidere di costituirsi parte civile nei confronti dell’imputato; qualora la costituzione avvenga dopo che l’imputato è stato ammesso al rito abbreviato, vi è una presunzione di accettazione del rito medesimo da parte del danneggiato.

Il giudice definisce il processo con una sentenza di condanna (se ritiene accertata la piena responsabilità penale dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio) o di assoluzione (se viceversa vi è l’assenza di elementi indiziari utili ad ascrivere il fatto al reo).

Poiché si tratta di un rito premiale, in quanto consente un notevole risparmio di energie per la giustizia penale, la pena subirà la consistente riduzione di 1/3, con la possibilità di ottenere altri benefici quali la non menzione sul casellario giudiziale o la sospensione condizionale della pena.

Inoltre, va ricordato che la sentenza emessa con il rito abbreviato, a differenza di quella emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è appellabile per cui l’imputato può richiedere in secondo grado che un organo collegiale riesamini doglianze relative alla responsabilità penale o alla misura della pena.

2. Applicazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444-448 c.p.p.).

E’ l’istituto previsto dall’art. 444 c.p.p., il quale consente all’imputato, previo accordo con il Pubblico Ministero, di concordare per l’applicazione di una pena che, con l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e con la riduzione fino ad 1/3, non deve superare i due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria.

Anche in questo caso il Giudice emetterà la sentenza sulla base dei soli atti di indagine contenuti nel fascicolo della Pubblica accusa; richiedendo di accedere a tale rito, l’imputato rinuncia a difendersi ed ottiene un consistente sconto di pena, accettando di definire la propria posizione processuale entro breve tempo e garantendo alla giustizia penale un concreto risparmio di energie.

Altri rilevanti requisiti del negozio di patteggiamento sono i seguenti:

a) mancanza delle condizioni per la pronuncia di una sentenza ai sensi dell’art. 129 c.p.p.: la valutazione compete al Giudice che, previa verifica degli atti processuali, ha il compito di accertare che non sussistano cause di non punibilità (p.es. perché l’imputato non ha commesso il fatto o perché il fatto stesso è scriminato dalla presenza di cause di giustificazione);

b) correttezza della qualificazione giuridica del fatto nonchè applicazione delle relative circostanze aggravanti ed attenuanti, utilizzando il giudizio di bilanciamento previsto dall’art. 69 c.p.;

c) congruità della pena applicata, poichè se la pena è inferiore p.es. ai 15 giorni di reclusione (minimo previsto dall’art. 23 c.p.), la relativa sentenza è ricorribile in Cassazione, in quanto si tratta di un caso di pena illegale e non conforme al nostro codice penale. 

Si tratta comunque di un rito premiale in quanto, oltre all’effettiva riduzione della pena, l’accesso al patteggiamento comporta l’esonero dal pagamento delle spese processuali (con esclusione delle spese di mantenimento in carcere gravanti sull’imputato) e dall’applicazione delle misure di sicurezza personali e patrimoniali (ad eccezione della confisca con la quale il bene diviene di proprietà dello Stato), nonché l’inefficacia della sentenza nei giudizi civili e/o amministrativi.

Ricordiamo inoltre che, nel corso dell’udienza prevista dall’art. 447 c.p.p., non è ammessa la costituzione di parte civile nei confronti dell’imputato; pertanto, la persona offesa, al fine di vedere soddisfatte le proprie pretese risarcitorie, dovrà convenire in giudizio il responsabile del reato innanzi al Tribunale civile in composizione monocratica.

La sentenza di patteggiamento, ai sensi dell’art. 445 comma 1-bis, è equiparata ad una sentenza di condanna con applicazione di eventuali pene accessorie, come avviene nel caso di sospensione della patente di guida per il reato previsto dall’art. 186 D.L.vo n. 285/1992.

Un ulteriore aspetto premiale previsto da questo rito speciale è richiamato dall’art. 445 c.p.p., in base al quale, decorso il termine di cinque anni (per i delitti) e di due anni (per le contravvenzioni) dal momento del passaggio in giudicato della sentenza patteggiata senza che l’imputato commetta altri reati della medesima indole, il reato si estingue.

In genere, si ricorre a tale rito soprattutto nel corso del giudizio direttissimo laddove emerga in maniera chiara e precisa la responsabilità penale dell’imputato; quest’ultimo, rinunciando a difendersi, può comunque subordinare la richiesta di applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale della pena ed evitare così l’applicazione della custodia cautelare in carcere come prevede l’art. 275 comma 2-bis c.p.p.