Il reato di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, previsto dall'articolo 187 del Codice della strada, sussiste quando la guida avvenga "in stato di alterazione psico-fisica determinato dall'assunzione di sostanze".
Non è sufficiente quindi, ai fini dell'integrazione del reato, la mera condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, essendo invece necessario provare che l'agente abbia guidato in stato di alterazione causato da precedente assunzione di stupefacenti.
Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario un accertamento tecnico-biologico sia in ordine all'assunzione delle sostanze, sia che in ordine allo stato di alterazione psico-fisica.
Tale complessità probatoria si impone in quanto le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione a un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione.
Su tali basi, la Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per il reato in questione, in quanto, pur essendo stata dimostrata l'assunzione di stupefacenti (attraverso l'esame delle urine), non era tuttavia dimostrato anche lo stato di alterazione.
Lo stato di alterazione potrebbe ricavarsi, ad esempio, da altre circostanze, ulteriori rispetto ai risultati dell'esame delle urine, quali ad esempio il comportamento dell'imputato riferito dagli agenti operanti (Cassazione,  sentenza 11 aprile 2014, n. 16059).