• La norma: art. 256 D.Lg. 152/2006
  • Attività di gestione dei rifiuti: cosa si intende
  • Qualifica di imprenditore
  • Occasionalità della condotta
 
La norma: art. 256 D.Lg. 152/2006

L'attività di gestione di rifiuti senza autorizzazione è un reato specificamente previsto dall'articolo 256 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo Unico Ambiente).

In particolare la norma sanziona chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione.
Le sanzioni applicabili sono:
  1. l'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se si tratta di rifiuti pericolosi.
Attività di gestione dei rifiuti: cosa si intende

Cosa si intende per attività di gestione dei rifiuti?
L'articolo 256 fa riferimento alle attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento.

Per univoca giurisprudenza, trattasi di condotte alternative, per cui è sufficiente il compimento anche di una sola di esse affinchè si realizzi il reato di gestione illecita dei rifiuti.

Ricordiamo anche che per "rifiuto" si intende qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del Decreto Legislativo n. 152/2006 e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

I rifiuti sono poi classificati, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

I rifiuti pericolosi, per i quali sono stabiliti sanzioni più gravi, sono quelli contrassegnati da apposito asterisco nell'elenco CER2002, al quale quindi bisognerà far riferimento.

Qualifica di imprenditore

Il reato in questione non ha natura di reato proprio, ossia non è necessaria la qualifica di "imprenditore".

In altre parole, questo reato può essere commesso da "chiunque", anche da chi non esercita professionalmente l'attività di gestione di rifiuti.

Al riguardo la Cassazione ha affermato in più occasioni che si tratta di reato comune che può essere pertanto commesso anche da chi svolge attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa (Cassazione, sentenza del 11 maggio 2018, n. 31396: "ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva dell'agente, bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario"; nello stesso senso Cassazione, sentenza del 04 giugno 2013, n. 29077; Cassazione, sentenza del 25 maggio 2011, n. 24431; Cassazione, sentenza del 15 gennaio 2008, n. 7462).

Nelle sentenze citate, infatti, si legge "Tenendo anche conto del pronome indefinito "chiunque", contenuto nell'art. 256, comma 1, d.lgs. 152 del 2006, n. 152, sarebbe infatti arbitrario introdurre surrettizie limitazioni interpretative fondate sui requisiti - non espressamente richiesti - di imprenditorialità e/o di professionalità".

Occasionalità della condotta

L'occasionalità della condotta rappresenta la principale argomentazione per confutare la sussistenza del reato.

Tuttavia va ben evidenziato che la Cassazione è estremamente rigorosa su tale aspetto:
ritiene infatti che il reato ha natura istantanea, per cui è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma.
Solo in ipotesi di assoluta occasionalità può escludersi il reato.
Cosa significa in concreto "assoluta occasionalità"?

Sul punto, la giurisprudenza ha individuato alcuni criteri, quali ad esempio la quantità dei rifiuti trasportati, la tipologia degli stessi, il mezzo utilizzato etc.

Se tali elementi, complessivamente valutati, consentono di individuare un minimum di organizzazione per l'esercizio della gestione dei rifiuti, allora il reato sussiste, anche se si è trattato di un trasporto (o altra attività) in un'unica occasione.

In una recentissima pronuncia, la Cassazione afferma "Ai fini della valutazione di una minimale organizzazione che escluda la natura occasionale ed estemporanea della condotta, possono invece essere utilizzati indici quali il dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, la loro natura, la necessità di un veicolo adeguato e funzionale all'attività concretamente svolta, il numero dei soggetti coinvolti nell'attività (cfr. Sez. 3, n. 2575 del 06/11/2018 - dep. 2019, n.m), come pure la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l'abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito" (Cassazione, sentenza del 26 gennaio 2021, n. 4770, che nella fattispecie esaminata affermava la responsabilità penale sulla base della "composizione e natura dei rifiuti (materiali edili misti, plastiche, pneumatici fuori uso e oggetti vari), alla loro quantità (ricavabile dalle consistenti dimensioni della buca realizzata per l'interramento: un'area di circa 13 mq. per 2 mt. di profondità), al fatto che il terreno in questione era stato affittato dal ricorrente, all'utilizzo di un mezzo meccanico costoso di proprietà di un terzo (una pala meccanica), al fatto che nelle operazioni erano coinvolte due persone, tra cui l'operatore del mezzo meccanico").

Ancora, la Cassazione, con sentenza del 11 febbraio 2016 , n. 8193, ha escluso l'occasionalità della condotta atteso che, pur essendo stato effettuato il trasporto in un'unica occasione, l'ingente quantità di rifiuti denotava lo svolgimento di un'attività commerciale implicante un minimum di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali.