Dallo studio della criminalità, eseguito con riferimento all'età degli autori di reato, emerge che il contributo alla delinquenza delle classi giovanili (14 - 18 anni) è percentualmente superiore a quello che potremmo attenderci in rapporto alla loro consistenza numerica: dalle statistiche risulta che tale criminalità tende a diminuire spontaneamente col progredire dell'età. Pertanto lo studio della criminalità cerca di occuparsi, in modo particolare dei giovani, e delle problematiche socio-psicologiche che li riguardano.

Dato il trattamento di favore riservato dalla legislazione minorile ai giovani, spesso i reati da loro commessi non vengono denunciati o non sono penalmente puniti, per cui il contributo criminoso delle classi tra i 14 e i 18 anni, non figura nelle statistiche generali in modo adeguato rispetto alla consistenza effettiva del fenomeno. La tendenza al comportamento antisociale è elevato nell'età adolescenziale, raggiungendo il suo culmine fra i 18 e i 30 anni, per poi iniziare a declinare. La delittuosità è pertanto un fenomeno statisticamente prevalente nelle classi più giovani e le motivazioni sono legate a vari fattori: l'incompleta maturazione della personalità, l'inesperienza di vita, la minore abilità nello sfuggire all'identificazione, vari fattori psicologici e sociali propri dei giovani( tendenza all'opposizione, ribellismo giovanile, marginalità, una socializzazione non ancora matura), spiegano la loro più larga partecipazione alle "attività antigiuridiche". In termini qualitativi, stando alle statistiche, il maggiore contributo dei giovani ai delitti dipende dalla loro preferenza per le attività illegali maggiormente identificabili, a differenza dei rei più anziani, che, più esperti, scelgono attività quali ad esempio: ricettazione, criminalità professionale piuttosto che rapina. I reati dei giovani sono meno sofisticati, per esempio il furto di autoveicoli per semplice uso, guida senza patente, scippi, aggressioni per le strade ecc.

Altri tipi di criminalità, come ad esempio quella del mondo economico (reati fiscali, riciclaggio ecc.) o della grande criminalità organizzata (prostituzione, gioco d'azzardo, contrabbando) sono preclusi ai giovani, poichè essi non hanno ancora raggiunto una posizione di rilievo nella scala sociale. Ma c'è anche da dire, che in certe situazioni, ove manca il lavoro, l'entrare a far parte di una "cosca" o di una "famiglia", diventa il migliore mezzo di promozione sociale per i giovani appartenenti alle fasce sociali meno favorite. Resta il fatto che la criminalità si manifesta fra i giovani in maniera rilevante e che essa (così come la "tossicofilia, il ribellismo, il disadattamento familiare e lavorativo) è espressione di cattiva ed non completa socializzazione. ("Ponti").


Tale criminalità, come altre forme di devianza, in molti casi tende a diradarsi, spontaneamente o in parte, nell'età matura; pertanto non esiste alcun legame tra precoce iniziazione criminale e persistenza nel tempo della condotta criminosa. Ma è anche vero che esiste una certa correlazione con l'età in cui è stato commesso il primo reato: infatti, i gravi recidivi iniziano, in genere, presto la loro carriera criminale. Se esistono, poi, gravi anomalie della personalità, a cui ricollegare la spinta criminologica, esse tendono a manifestarsi fin dall'adolescenza e spiegano la precocità della condotta delinquenziale e del suo perdurare nel tempo. Inoltre, condizioni ambientali, frustrazioni affettive, carenze educative ed economiche, durante l'età evolutiva, possono provocare stabili strutturazioni abnormi della personalità, nel momento della sua formazione, condizionando le successive scelte di valore e lo stile di vità.

Vi è anche da considerare l'influenza spesso negativa della precoce istituzionilizzazione in comunità correzionale, da cui può derivare la formazione di una personalità pronta ad opporsi e vendicarsi contro la società, col conseguente inserimento del giovane nella sottocultura delinquenziale che ha come conseguenza la recidiva delittuosa. Inoltre, l'aver strascorso gli anni della prima giovinezza in istituzioni correzionali provoca anche una notevole squalificazione nei rapporti interpersonali che favorisce il persistere della delinquenza. E' questa una delle ragioni che ha spinto la politica penale a sottrarre il più possibile i minori dalle sanzioni penali, specie se detentive.