L'abbandono abusivo di rifiuti - come è noto - è un illecito severamente punito della norme vigenti.
Tale condotta è sanzionata diversamente a seconda del soggetto che la compie.
Se infatti è commessa da soggetti titolari di imprese o da soggetti responsabili di enti, si configura un reato, punito con l'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi (articolo 256, comma 2, del Decreto Legislativo n. 152/2006.
Se invece la condotta in questione è commessa da soggetti diversi da quelli sopra indicati (ad esempio un privato non imprenditore), si configura solamente un illecito amministrativo, punito con la sanzione pecuniaria compresa tra un minimo di trecento euro ad un massimo di tremila euro (articolo 255 del Decreto Legislativo n. 152/2006).
Il differente regime sanzionatorio, connesso alla diversa qualifica soggettiva, è da intendersi non con il riferimento al soggetto che materialmente pone in essere l'atto, quanto piuttosto al soggetto in capo al quale la condotta debba e possa essere imputata. Si sostiene quindi che se un soggetto, nonostante sia ritenuto formalmente privato, abbandona rifiuti non propri, ma derivanti da attività di impresa o enti, nei suoi confronti verrà comminata una sanzione penale; di contro, se un soggetto titolare di impresa o rappresentante di un ente, abbandona rifiuti propri e non attinenti all’attività e qualifica ricoperta, sarà sottoposto al regime di maggior favore previsto dalle sanzioni amministrative.
Sulla base di questi principi, si è ritenuto sussistente il reato (e non l'illecito amministrativo) nel caso di un privato non imprenditore che si sia avvalso di una ditta di autotrasporto per smaltire rifiuti derivanti da opere edili sulla sua proprietà, in quanto avrebbe agito in concorso con il titolare della ditta per l'abbandono dei rifiuti (Cassazione, sentenza del 24 luglio 2012, n. 30123, secondo cui "il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti è tale solo ove, rispetto alla generale previsione di illecito amministrativo di abbandono di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 50, comma 1, ora del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255, comma 1 ricorra l'elemento specializzante della commissione del fatto da parte di titolari di imprese o di responsabili di enti (ex plurimis Sez. 3, n. 33766 del 10/05/2007 Rv. 238859). Non rileva dunque l'occasionalità della condotta ma la qualifica dell'agente per discernere l'illecito amministrativo da quello penale. Ora poichè il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2 prevede che 'le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ...' è chiara la sussistenza del reato nella specie. Al ricorrente è, infatti, contestato di essersi avvalso di una ditta di autrasporto per portare i rifiuti sul suo terreno e, dunque, di avere agito in concorso con il titolare della ditta per l'abbandono dei rifiuti. Nè la normativa opera differenziazioni tra i tipi di imprese che conferiscono i rifiuti ritenendo evidentemente sufficiente ad attribuire valenza maggiormente offensiva alla condotta di colui il quale operi nell'ambito di un'attività professionale").
Sempre con riferimento alla individuazione del soggetto attivo dell'illecito, e quindi alla configurazione della condotta come illecito amministrativo o penale, la giurisprudenza di legittimità ha anche chiarito che il riferimento alla titolarità di impresa non riguarda soltanto il soggetto formalmente responsabile dell'attività, ma include anche chi esercita di fatto l'attività imprenditoriale inquinante.
Quanto alle caratteristiche oggettive della fattispecie, la stessa è connotata dalla occasionalità, che la contraddistingue rispetto al più grave illecito della discarica abusiva, di natura continuativa e imprenditoriale.