Ogni privato ha diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni e da queste ne può discendere una valutazione etica, ma nessuna conseguenza giuridica, salvo i casi espressamente previsti dalla legge.

La maggior parte delle informazioni che circolano sotto qualunque forma nella vita sociale rientrano dunque di
primo acchito tra i dati personali come definiti dalla legge, incluse evidentemente le opinioni che vengono
espresse l'uno all’altro nelle conversazioni private.
Il problema è stato in qualche modo riconosciuto e affrontato: infatti le parole pronunciate nel privato
sembrano escluse dall’ambito di gran parte delle norme della legge 675/1996 dalla seguente disposizione
dell’art. 3: “Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali non è
soggetto all'applicazione della presente legge, sempreché i dati non siano destinati ad una comunicazione
sistematica o alla diffusione
”. SUL DIVIETO DI DIVULGARE CORRISPONDENZA ALTRUI. L'Autorità Garante della Privacy ha osservato che la pubblicazione pedissequa di parti della corrispondenza privata, quale scambio di opinioni e pensieri tra due individui, contravviene non solo alla normativa espressamente formulata a tutela della privacy, come sopra meglio specificata, ma contravviene anche ai principi della legge sul diritto d'autore, per i quali non può essere diffusa, pubblicata o riprodotta la corrispondenza a carattere confidenziale o che si riferisca all'intimità della vita privata senza il consenso dell'autore e del destinatario. Un'ampia disamina della nozione di diritto alla riservatezza, successiva alla l. 675 del 1996, è contenuta nella sentenza n. 5658/1998 della Corte di Cassazione. La sentenza, vertendo il caso sulla questione del rapporto tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, ancora una volta conferma la preferenza della Cassazione per una posizione monista in materia di diritti della personalità, e ritiene ormai acquisito il riconoscimento dell'esistenza di un "vero e proprio diritto alla riservatezza, anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria, che va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale delle persona, in particolare nell'art.2". Partendo da questi assunti, la Suprema Corte preferisce infatti far riferimento ad una sfera della vita individuale e familiare, dove si tutela l'intimità personale in certe manifestazioni della vita di relazione, ovvero tutte quelle vicende il cui carattere intimo è dato dal fatto che esse si svolgono in un domicilio ideale, non materialmente legato alle mura domestiche. Soprattutto l'art. 15 Costituzione sancisce che “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge” La corrispondenza di cui all'art. 15 Cost. deve essere considerata sia quella epistolare che quella telegrafica e telefonica; l'evolversi delle nuove tecnologie impone, poi, di estendere l'ambito applicativo della norma costituzionale quanto meno alla posta elettronica. Occorre precisare che la libertà e la segretezza tutelate dall'art. 15 Cost hanno ad oggetto le comunicazioni che intercorrono tra persone determinate in ciò consistendo la differenza con l'art. 21 della Cost. che tutela la libertà della manifestazione e diffusione del pensiero nei riguardi di una collettività indistinta. In ambito penale, l'art. 616 , rubricato “Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza”, offre adeguata tutela, grazie all'estensione dell'oggetto materiale operata dal 4° co., la cui più recente formulazione è stata introdotta con l'art. 5, L. 23.12.1993, n. 547, oltre che alla ipotesi classica della corrispondenza epistolare, anche a quella telegrafica, telefonica, informatica e telematica, nonché, residualmente, ad ogni altra forma -attuale o anche futura -di comunicazione a distanza. La norma contenuta nell'art. 616, cpv. sanziona il soggetto che, dopo aver preso cognizione , secondo le modalità di cui al 1° co., del contenuto di una corrispondenza, lo riveli in tutto o in parte attraverso mezzi d'informazione al pubblico. La condotta incriminata consiste nel rivelare in tutto o in parte, senza giusta causa, il contenuto della corrispondenza, illecitamente conosciuta. Il delitto di rivelazione è un reato plurisoggettivo improprio. Non risponde dunque del delitto in esame il soggetto a cui venga fatta la rivelazione, poiché la mera ricezione della notizia non è espressamente sanzionata da alcuna norma penale. Il destinatario della rivelazione risponde tuttavia del delitto in esame, a titolo di concorso eventuale, qualora abbia realizzato un quid pluris rispetto alla mera ricezione della notizia, determinando o quantomeno istigando egli stesso, ex artt. 110 e 115 c.p. , la rivelazione. L'atteggiamento assunto dal destinatario della rivelazione non incide, in ogni caso, sulle responsabilità del soggetto agente. L'art. 618 codice penale, rubricato “Rivelazione del contenuto di corrispondenza”, tutela l'interesse individuale al segreto su notizie e fatti affidati alla corrispondenza epistolare o alle altre forme di corrispondenza assimilate, e cioè il carattere di segretezza del rapporto di corrispondenza, in ciò differenziandosi, in particolare, dall'art. 616 c.p. , che garantisce il rapporto di corrispondenza in sé e per sé considerato. La giurisprudenza, in sede civile, precisa che in caso di corrispondenza confidenziale (ad esempio un messaggio di posta inviato a una mailing list) costituisce violazione del diritto alla riservatezza la pubblicazione che avvenga senza il consenso dell'autore ancorché vi sia il consenso del destinatario. Alla luce delle considerazioni sinora svolte, non può che concludersi nel senso che chiunque, avendo avuto illecitamente cognizione del contenuto di una corrispondenza informatica tratta da una messaggeria privata e non diretta allo stesso, rivelandone inoltre il contenuto a soggetti diversi dagli autori, senza giusta causa, potrebbe essere considerato responsabile per i reati previsti e puniti dagli articoli 616 e/o 618 c.p.