La separazione e/o il divorzio possono dar luogo a problematiche che rilevano anche sotto il punto di vista penalistico; esistono, infatti, una sfera di questioni relative ai diritti, spesso negati, di quei padri separati/divorziati, coinvolti in tristi vicende familiari in cui i figli, da oggetto di tutela, diventano strumento di ripicche.
Alcuni di questi episodi, in cui il padre diviene persona offesa, configurano delle vere e proprie figure di reato, alla presenza delle quali il padre può presentare querela agli organi competenti al fine di tutelare i propri diritti e, in alcuni casi, ottenere un risarcimento dei danni subiti.
Un reato che può senza dubbio configurarsi in presenza di una separazione è quello della mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice ossia la violazione di un ordine del giudice.  L’art. 388, c. 2 c.p. punisce con la reclusione fino a 3 anni o con la multa fino a 1.032€ chi non esegue un provvedimento del giudice che riguardi l’affidamento dei figli.
Nell’ambito del provvedimento con cui il giudice pronuncia la separazione o il divorzio, vengono, infatti, solitamente disciplinate anche le modalità di visita dei figli da parte del genitore presso cui non sono stati collocati, che solitamente è il padre. Tuttavia, capita non di rado che quest’ultimo faccia fatica a vedere i bambini poiché l’altro genitore adotta un atteggiamento ostruzionistico, adducendo scuse e giustificazioni ogni qual volta debbano avvenire gli incontri. Si può trattare di scuse comuni (per es. il bambino dorme, non si sente bene ecc…) oppure capita che il padre venga messo nella condizione di dover incontrare i figli in circostanze che lo spoglino di qualunque ruolo genitoriale anche per la scelta dei modi e del tempo da passare con loro (per es. quando deve seguire i figli in attività parascolastiche fissate proprio nei suoi giorni di frequentazione).
Nei casi in cui la madre trasgredisce il provvedimento del giudice violando, dunque, il diritto del padre e del figlio di frequentarsi, il padre può sporgere querela. Inoltre, la Corte di cassazione, nel 2016, ha specificato che “La madre separata che impedisce al coniuge di vedere il proprio figlio, commette reato anche se vi sono presunti rapporti conflittuali tra padre e figlio”. Questo perché, a detta della Cassazione, la madre deve cooperare al fine di cercare di ripristinare il rapporto padre-figlio, nell’interesse del figlio stesso e della sua serenità. Sempre la Cassazione, nel 2011, ha affermato che il reato si configura anche in presenza di un eventuale rifiuto del figlio/figlia a vedere il padre: la madre, infatti, deve collaborare alla riuscita degli incontri e, dunque, cercare di appianare gli eventuali contrasti.
Non solo. Nel 2016 c’è stata una sentenza molto importante della Corte di cassazione per tutti i papà separati: la Corte, nella sua decisione, ha condannato la madre che impediva al padre separato di vedere i propri figli, al risarcimento del danno non patrimoniale da versare al coniuge, nella misura, addirittura, di 10.000€. La Cassazione, inoltre, ha revocato l’affidamento congiunto poiché era stata riscontrata la presenza di PAS, cioè la sindrome di alienazione genitoriale, con conseguente squilibrio nella crescita serena dei figli.
Il 2016 è stato un anno fondamentale in materia anche a causa del riconoscimento internazionale del diritto al proseguimento del rapporto tra genitore e figlio anche dopo la separazione. La Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, si è pronunciata proprio in merito al caso inerente una famiglia italiana, affermando che l’Italia ha violato il diritto fondamentale di un padre separato a vedere suo figlio poiché le autorità non sono state in grado, per ben 4 anni, di mettere in atto misure efficaci affinché ciò avvenisse.
Sempre con riguardo a questa figura di reato, occorre specificare quattro aspetti importanti dal punto di vista pratico:
- la giurisprudenza ha espressamente escluso la sussistenza del reato di molestie per il caso in cui il padre contatti insistentemente l’ex moglie al solo fine di avere notizie del proprio figlio minore, per poterlo incontrare ed esercitare, dunque, i propri legittimi diritti di genitore;
- la Corte di cassazione, con una recentissima sentenza del 2018, ha negato la sussistenza del reato di stalking tutte le volte in cui il padre perseguita la propria ex al solo fine di poter vedere il figlio e, quindi, esercitare il suo diritto di visita;
- per la configurazione del reato di violazione dell’ordine del giudice è sufficiente anche un solo atto che riveli la dolosa elusione del dovere di rispettare la decisione del giudice sull’affidamento;
- anche in caso di violazione del diritto di visita, l’ex coniuge non è comunque autorizzato a sospendere l’assegno di mantenimento;
 
Altra figura di reato che può configurarsi nell’ambito della separazione è quella della sottrazione di minore: si tratta, cioè, di tutti quei casi in cui il figlio viene sottratto al genitore esercente la potestà o a chi ne abbia la vigilanza o custodia o comunque venga ritenuto contro la volontà degli stessi. Il codice penale prevede, in questi casi, tre diverse tipologie di reato: 1) sottrazione consensuale di minore: ossia tutti quei casi in cui il minore abbia compiuto i 14 anni e sia stato sottratto o ritenuto con il consenso di esso. In tal caso è prevista la pena della reclusione fino a 2 anni;
2) sottrazione d’incapace: quando il minore non ha compiuto i 14 anni e, quindi, per legge è considerato incapace di prestare validamente il proprio consenso oppure quando il minore ha compiuto i 14 anni ma è sottratto o ritenuto senza il suo consenso. La pena è della reclusione da 1 a 3 anni;
3) sottrazione e trattenimento di minore all’estero: in questo caso la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale;
Il reato in questione può essere commesso anche da un coniuge o ex coniuge nei confronti dell’altro. Per la configurazione del reato è però necessario che il comportamento del soggetto agente porti ad una globale sottrazione del minore alla vigilanza dell’altro coniuge, così da impedirgli la funzione educativa ed i poteri inerenti l’affidamento. Recentemente la Corte di cassazione si è espressa con riferimento ad un’eventualità che, purtroppo, è sempre più comune ossia quella in cui la madre modifica il luogo di vita del minore all’insaputa dell’altro genitore e senza ottenerne il consenso. In questi casi, infatti, per legge, la madre, se non ottiene il consenso del padre, dovrebbe rivolgersi all’Autorità giudiziaria che, esaminando la situazione concreta e gli interessi del figlio, decide sulla questione. Se, però, la madre omette di rivolgersi all’Autorità giudiziaria e modifica arbitrariamente il predetto luogo, il padre può presentare querela per il reato di sottrazione di minore.
Occorre però precisare che il reato non sussiste se il coniuge si limita a dare ospitalità al minore in un luogo noto ed accessibile all’altro genitore e senza impedire o ostacolare in nessun modo l’esercizio delle sue facoltà.
 
Ci sono poi una serie di reati che possono coinvolgere la figura paterna come persona offesa ma che si verificano molto più raramente rispetto a quelli precedentemente citati. Uno è il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi che punisce chi maltratta una persona della famiglia o, comunque, convivente con la pena della reclusione da 2 a 6 anni. Questo reato si configura anche in caso di separazione e, dunque, cessazione della convivenza.
Con riferimento alla predetta figura di reato, la Cassazione ha sancito il principio secondo cui: “I comportamenti volgari, umilianti, caratterizzati da una serie di aggressioni verbali ed ingiuriose poste in essere abitualmente nei confronti del coniuge o ex coniuge, possono configurare tale reato qualora realizzino un regime di vita avvilente e mortificante”.
Altro reato è quello della violenza privata, che punisce con la reclusione fino a 4 anni chi, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare o omettere qualcosa. Si tratta di tutti quei casi in cui la moglie o ex moglie costringe il marito – dietro minaccia, magari anche riguardante i figli – a tollerare una situazione che, altrimenti, non avrebbe tollerato oppure a subire un determinato comportamento (per es. l’essere chiuso fuori casa).
Potrebbe anche verificarsi il reato di diffamazione. Il codice penale punisce con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032€ chi, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione.
Pensiamo a tutti quei casi in cui la madre parla male del padre, lo offende, lo scredita davanti al figlio. In questi casi, il padre può presentare querela purché siano rispettati alcuni requisiti:
- è necessaria la presenza di più persone. La giurisprudenza ne richiedere almeno due. Si tratta del caso, per esempio, in cui, oltre al figlio, sia presente la suocera o il suocero o qualsiasi altra persona;
- la persona offesa (quindi, in questo caso, il padre), non deve essere presente. Se il padre, invece, è presente, si configura l’ingiuria che, tuttavia, non è più reato stante la depenalizzazione intervenuta nel 2016. In tal caso il padre potrà agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno;
 
Un altro aspetto delicato che può riguardare il padre in qualità di persona offesa è quello relativo a tutti quei casi in cui lo stesso venga ingiustamente accusato dalla moglie/ex moglie della commissione di reati mai commessi al solo scopo di ritorsione o di ottenere un affidamento esclusivo del figlio. Capita, purtroppo non di rado, che al momento della separazione – soprattutto quando il rapporto di coppia è molto conflittuale e sono già presenti nuovi compagni nella vita amorosa di uno dei due coniugi – l’ex moglie accusi il padre di aver posto in essere maltrattamenti a danno dei figli o, addirittura, abusi e violenze. In tutti quei casi in cui la querela viene presentata dalla moglie/ex moglie ma, successivamente, il padre viene assolto con formula piena o è disposta l’archiviazione, il padre possiede un’arma molto importante. Può, infatti, sporgere querela per il reato di calunnia, che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chi incolpa di un reato una persona che egli sa essere innocente.
 
La maggior parte di questi reati sono punibili a querela della persona offesa. Ciò significa che per promuovere l’inizio del procedimento penale, è necessario ed indispensabile un atto del padre: la querela. Può essere presentata di fronte ad un ufficiale di polizia giudiziaria o al pubblico ministero e può essere presentata in forma scritta o orale e senza la necessaria presenza di un avvocato. La querela deve necessariamente essere presentata entro tre mesi dal momento in cui la persona offesa ha avuto conoscenza del fatto o sei mesi per particolari tipologie di reato (es. violenza sessuale).