Nel linguaggio comune ed altresì in quello della pratica immobiliare spesso la concessione di un bene in godimento dietro corrispettivo in denaro per un determinato tempo prende il nome di “affitto”.

Tale denominazione è in realtà imprecisa almeno dal punto di vista giuridico.

Il nostro codice civile all’art.1571 definisce infatti quale locazione il “contratto con il quale una parte, detta locatore, si obbliga a far godere all’altra, detta conduttore, una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”.

La disciplina codicistica infatti utilizza il termine affitto solo e soltanto quando l’oggetto del contratto sia rappresentato da cosa mobile o immobile o universalità di mobili, come l’azienda, aventi carattere produttivo. A titolo esemplificativo rientrano nella categoria gli esercizi commerciali, bar, ristoranti e simili nonché i terreni coltivabili.

La locazione è un contratto consensuale per il cui perfezionamento è cioè sufficiente il consenso delle parti liberamente manifestato. Rientra inoltre nella tipologia dei contratti ad effetti obbligatori: la locazione cioè non importa per il conduttore l’acquisizione di alcun diritto reale sul bene oggetto del contratto, bensì la facoltà di godere di una cosa altrui. Trattasi infine di contratto a titolo oneroso, essendo necessaria per la configurabilità dello stesso la pattuizione di un corrispettivo: diversamente si rientrerebbe nella ipotesi del comodato di cui all’art. 1803 c.c.

Elementi essenziali del contratto, soprattutto nella più diffusa ipotesi di locazione immobiliare, sono rappresentati anzitutto dalle parti, definite appunto proprietario o locatore e conduttore o inquilino di cui devono essere specificamente indicate le generalità, data di nascita, residenza,codice fiscale, se soggetto privato, oppure la ragione sociale, la sede e la partita iva se si tratta di società o di azienda. Altro elemento fondamentale è dato dall’identificazione del bene oggetto del contratto: va precisato che nel caso si tratti di beni immobili sarà necessario indicare oltre all’esatta ubicazione, alla struttura dell’immobile (n. di vani) e all’uso cui è destinata, anche i dati catastali reperibili nel rogito notarile relativo al bene oggetto del contratto. Occorrerà inoltre l’esatta indicazione della durata del contratto, determinabile a seconda dell’oggetto del contratto e dell’utilizzo del bene, secondo quanto previsto dalla legislazione in materia di locazione che si avrà modo di esplicare in seguito. Anche la data di stipulazione del contratto dev’essere espressamente indicata: essa infatti non solo segna l’inizio del rapporto contrattuale, ma costituisce il punto di partenza per una serie di adempimenti di carattere pratico relativi alla necessità di registrazione della locazione avente ad oggetto beni immobili di cui all’approfondimento pratico in materia. Infine costituisce caratteristica fondante della locazione la sua onerosità, ovvero la previsione di un corrispettivo in denaro quale controprestazione del concesso godimento. La determinazione del c.d. canone di locazione, comunemente denominato anche “affitto”, dovrà essere oggetto di precisa stipulazione contrattuale: normalmente si suole indicare il c.d. canone annuo accanto alla previsione di un frazionamento dell’importo convenuto come corrispettivo mensile o trimestrale con l’indicazione di modalità e  tempi previsti per il versamento.

Dalla definizione codicistica si evince che il contratto di locazione può avere ad oggetto dunque beni mobili: è l’ipotesi comunemente definita “nolo” nella quale il conduttore acquista la detenzione della cosa, che entra, così, nell'ambito della sua disponibilità, ricadendo su di lui i rischi inerenti all'utilizzazione di essa.

La locazione può altresì avere ad oggetto, ed è l’ipotesi di più sicuro interesse pratico, beni immobili, con l’ulteriore distinzione non priva di rilevanti conseguenze fra immobili urbani e non urbani ed ancora fra immobili ad uso abitativo e non.

Ebbene la delineata varietà di ipotesi contrattuali si rispecchia nella regolamentazione giuridica in realtà piuttosto articolata.

Il codice civile agli art. 1571 e ss prevede una serie di disposizioni di carattere generale valide dunque per tutte le citate ipotesi di locazione (art. 1571-1607), dalle quali si evincono le caratteristiche tipiche del contratto, con riferimento alla durata, alle garanzie, alla sublocazione, alla cui lettura si rinvia, nonché agli obblighi che sorgono in capo ad entrambe le parti, proprietario o locatore e conduttore o inquilino, sulla cui specifica trattazione si rimanda all’approfondimento in materia.

Il codice prevede poi la trattazione riguardante la locazione di fondi urbani (art. 1607-1628), la disciplina dell’affitto di fondi rustici e l’affitto a coltivatore diretto.

Tuttavia accanto alle norme del codice civile sussistono altre leggi specifiche fondamentali: la legge 392/1978 per le locazioni di immobili urbani (ancora oggi in vigore per gli immobili ad uso non abitativo), la legge 431/1998 relativa alla “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili urbani ad uso abitativo”.

È bene chiarire infatti che la disciplina del codice potrà trovare applicazione nella circostanza in cui il contratto non sia regolato da leggi speciali, oppure sia da queste richiamata.

Nelle ipotesi appena citate invece, nelle quali specifiche disposizioni legislative intervengono a regolamentare in maniera capillare la materia, il ricorso alla disciplina generale o comunque a quella codicistica è appunto meramente sussidiario.

Preso atto della presenza di numerose fonti normative è bene precisarne l’ambito applicativo e l’operatività di ciascuna.

La disciplina in materia di contratto di locazione di immobili urbani è stata per lungo tempo sottoposta al vigore della L. 392/1978 c.d. Legge sull’equo canone. La citata normativa costituisce una prima disciplina organica in materia di locazione di immobili urbani in quanto regola espressamente sia la materia relativa agli immobili a fini abitativi, sia quella riguardante gli immobili ad uso diverso.  Caratteri generali con riferimento all’uso abitativo erano rappresentati da un canone determinato con criteri oggettivi in base al presunto valore dell’immobile, nonché dalla previsione di una durata minima stabilita sempre per legge. Difficoltà applicative e forse una eccessiva rigidità portarono poi, sempre limitatamente agli immobili urbani destinati ad abitazione, al varo della L. 359/1992 c.d. legge sui patti in deroga: si prevedeva la possibilità di derogare ai citati criteri stabiliti dall’equo canone sulla base di accordi stipulati con l’assistenza di associazioni di categoria. Interviene da ultimo la L. 431/1998 nota anche come “Legge Zagatti”, recante disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili urbani ad uso abitativo”, con l’intento da un lato di liberalizzare, ma anche di rendere necessariamente palese e regolare il fenomeno contrattuale.

Ad oggi dunque la regolamentazione organica nel caso di locazione di immobili urbani ad uso abitativo (case, appartamenti..) è data interamente dalla legge 431/1998.

Sono tuttavia esclusi dall’ambito applicativo della normativa gli immobili vincolati per il loro interesse storico artistico, le abitazioni di tipo signorile (cat. catastale A 1), le ville (cat. catastale A8), i palazzi eminenti e i castelli (cat. catastale A9): per essi trovano applicazione unicamente gli artt. 1571 e ss c.c. qualora non siano stipulati ex art.2 III c L. 431/1998. Altresì esclusi risultano gli alloggi di edilizia residenziale pubblica per i quali trovano applicazione le relative normative vigenti sia statali che regionali. La Legge 431/1998 non si applica agli alloggi concessi in locazione per finalità turistiche, ovvero alle c.d. locazioni stagionali o case vacanze, nel caso in cui la durata del contratto sia inferiore ad un mese. Infine la citata legge non si applica ai contratti di locazione stipulati dagli enti locali per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio: ivi trovano applicazione gli artt. 1571 e ss. c.c.

Come si avrà modo di appurare, ipotesi contrattuali autonome, dotate di peculiare regolamentazione, sono rappresentate dai contratti di natura transitoria e dai contratti di locazione deputati a soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari.

La disciplina degli immobili urbani ad uso diverso dall’abitativo, resta invece regolata dalla previgente normativa in materia di immobili urbani e dunque dalla legge 392/1978 e dalla legge 359/1992.