Come si è avuto modo di vedere nella trattazione del sistema contrattuale delle locazioni ad uso abitativo delineatosi a seguito dell’introduzione della L. 431/1998, ciascun modello contrattuale ha una sua specifica durata. Si ritiene pertanto nulla ogni pattuizione volta a derogare i limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.

Nei contratti c.d. a canone libero si è visto infatti che “le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a 4 anni decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di anni4, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire gli immobili agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all’art. 3, ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo art. 3”.

Per i contratti di locazione a canone libero il modello è dunque quello del 4+4, con previsione del rinnovo automatico alla prima scadenza per ulteriore eguale periodo di anni 4, salva la possibilità per il proprietario locatore di avvalersi del diniego di rinnovo alla prima scadenza, nelle sole circostanze enunciate dall’art.3 l.431/1998.

Resta inteso che le parti possono ai sensi dell’art.2 della l.431/1998 stabilire una durata superiore a quella quadriennale che costituisce pertanto la durata minima legale.

Nell’ambito del normale decorso contrattuale dunque, alla seconda scadenza decorsi cioè i c.d. 4+4, recita la norma “ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni, oppure per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviarsi almeno sei mesi prima della scadenza .La parte interpellata deve rispondere a mezzo raccomandata entro 60 giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo, il contratto s’intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione invece il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”.

Ciò che assume rilevanza è dunque la presenza di una disdetta entro sei mesi dalla scadenza, disdetta che come avviene nella prassi può altresì contenere una proposta indicante nuove condizioni contrattuali, e altresì la presenza o l’assenza di un accordo delle parti in tal senso.

Si precisa inoltre che nell’ipotesi in cui le parti abbiano stipulato un contratto di durata superiore ai 4 anni, dottrina prevalente e giurisprudenza, ritengono che tuttavia il contratto debba essere rinnovato comunque per un periodo di anni 4, trattandosi di rinnovo obbligatorio.

Circa le formalità proprie della disdetta si è già detto della necessaria forma scritta, perlomeno con raccomandata (anche senza ricevuta di ritorno secondo alcuni), inviata almeno sei mesi prima della scadenza: non importa la data di effettiva conoscenza dell’inquilino, ma sarà comunque il locatore a dover provare l’invio e la raggiunta destinazione, ai fini della sua validità.

Con riferimento invece ai contratti di locazione a canone concertato o convenzionato, stipulati come visto in base agli accordi definiti in sede locale, l’art.2 V comma L. 431/1998 stabilisce che gli stessi non possono avere una durata inferiore a 3 anni.

Trattasi del già descritto modello contrattuale del c.d. 3+2.

Il dettato legislativo prevede infatti che alla scadenza dei primi 3 anni, “ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per 2 anni, fatta salva facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l’immobile agli usi o effettuare sullo steso le opere di cui all’art.3 o vendere l’immobile a condizioni e con le modalità di cui al medesimo art.3.

Egualmente a quanto accade appena visto per i contratti a canone libero, ivi tuttavia alla scadenza del periodo di proroga dei 2 anni (3+2), ciascuna parte ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni, oppure per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviarsi almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione invece il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”.

Con riferimento alle modalità e alle procedure valgono le considerazioni innanzi svolte.

In definitiva ,in entrambe le tipologie di locazione ad uso abitativo descritte, il diritto del locatore di recedere dal contratto non può essere esercitato se non alla sua prima scadenza (almeno 4 anni per i contratti a canone libero e 3 per quelli a canone concertato).

Pertanto, solo decorsi tali periodi, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione all’inquilino con preavviso di almeno mesi sei, con il limite dato dalla sussistenza di una delle tassative condizioni di cui all’art. 3 legge 431/1998.

A tal fine “nella comunicazione del locatore dovrà essere specificato, a pena di nullità, il motivo tra quelli tassativamente indicati al comma I dell’art.3 , sul quale la disdetta si fonda”.

La specificità nell’indicazione delle motivazioni addotte, rappresenta da un lato la possibilità per il conduttore di apprezzarne la serietà e verosimiglianza, e consente, eventualmente, al giudice di essere posto nella condizione di verificare l’effettiva sussistenza delle condizioni che giustificano il diniego di rinnovo alla prima scadenza. La comunicazione del diniego di rinnovo, così motivata, costituisce condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria di rilascio, in quando la domanda non può fondarsi su motivi diversi da quelli contenuti nella disdetta.

Si esaminano brevemente le ipotesi di cui all’art. 3:

1) quando il locatore o proprietario intenda destinare l’immobile ad uso abitativo commerciale artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

Trattasi di esigenze di carattere personale, famigliare o professionale proprie o di prossimi congiunti. Si ritiene debba essere specificamente indicata l’attività che il locatore intenda svolgere o l’uso, tra cui seppur non previsto rientra anche quello industriale.

2) quando il locatore sia persona giuridica o società o ente pubblico o con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto ed intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

E’ necessaria la destinazione dell’immobile alla realizzazione di scopi istituzionali, e la contestuale offerta al conduttore di altro immobile idoneo per spazio, collocazione, esigenze, a quello originariamente locato: diversamente il recesso del locatore non può ritenersi legittimo.

3) quando il conduttore o inquilino abbia (comunque) la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

In tale ipotesi l’eventuale interesse del locatore a rientrare nella disponibilità dell’immobile è fondato sulla tutela del locatore e della sua famiglia, egualmente garantita dalla disponibilità di altro immobile: deve trattasi tuttavia di piena ed attuale e non solamente potenziale disponibilità. Resta intesa la valutazione dell’idoneità alla luce delle esigenze della famiglia tale cioè da non dover risultare il trasferimento gravoso per il conduttore.

4) quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

E’ necessario che il locatore sia in possesso, per l’esecuzione dei lavori indicati, della concessione o dell’autorizzazione edilizia. Tale circostanza è ritenuta condizione di procedibilità dell’azione di rilascio. Inoltre il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitarsi con le modalità di cui alla l. 392/1978 art.40, nel caso in cui il proprietario conceda nuovamente l’immobile in locazione.

5) quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione ovvero s’intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzione, ovvero trattasi di immobile sito nell’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire soprelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;

Trattasi di un’ ipotesi di valorizzazione della semplice intenzione del locatore, senza che si tratti di interventi necessari in assoluto. Vale quanto detto in relazione all’ipotesi precedente circa la sussistenza dell’autorizzazione edilizia e la validità del diritto di prelazione per l’inquilino.

6) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;

La mancanza di stabile permanenza dell’inquilino nell’immobile locato legittima il locatore all’interruzione del rapporto, attesa l’assenza di una effettiva esigenza abitativa. Trattasi dell’ipotesi in cui l’immobile soddisfa soltanto esigenze abitative di carattere secondario, o ancora della situazione del conduttore che non abiti più nell’immobile e che abbia lasciato nell’abitazione altre persone che non abbiano diritto a subentrare nel rapporto di locazione.

7) quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, il quale dovrà essere esercitato secondo le modalità ex art. 38 e 39 l.392/1978.

Il riconoscimento del diritto di prelazione consente all’inquilino il diritto ad essere preferito a parità di condizioni di vendita ad ogni altro potenziale acquirente. Il mancato rispetto di tale diritto può comportare il riscatto reale del bene.

Con riferimento alla procedura per il rilascio dell’immobile l’art.3 richiama l’art.30 della L.392/1978.

Nel caso in cui avvenuta la citata comunicazione, prima della data per cui è richiesta la disponibilità o quanto tale data sia trascorso senza che il conduttore abbia rilasciato l’immobile il proprietario locatore ha facoltà di convenire in giudizio il suo inquilino. L’azione s’introduce con ricorso ai sensi dell’art,447 bis c.p.c. secondo il rito locatizio. Competente è il tribunale (in composizione monocratica) nella cui circoscrizione si trova l’immobile.

Il legislatore prevede tuttavia una tutela anche a favore dell’inquilino conduttore. L’art. 3 comma III L.431/1998 sancisce che nel caso in cui il proprietario locatore sia rientrato nel possesso dell’immobile a seguito di un illegittimo esercizio della facoltà di disdetta, il locatore è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a 36 mensilità dell’ultimo canone di locazione percepito.

Inoltre il V c. prevede che “nel caso in cui locatore abbia riacquistato anche con procedura giudiziaria la disponibilità dell’alloggio e non lo adibisca, nel termine di 12 mesi dalla data in cui ha acquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato la facoltà di disdetta, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione, alle medesime condizioni del contratto disdettato, o in alternativa al risarcimento di cui al comma III.

Nei paragrafi introduttivi si è già detto della facoltà di recesso che il legislatore ha previsto per l’inquilino: essa è esercitabile in qualsiasi momento anche prima della c.d. prima scadenza contrattuale. “Qualora ricorrano gravi motivi (unico requisito richiesto) il conduttore può in qualsiasi momento recedere dal contratto dandone comunicazione al locatore con preavviso di almeno 6 mesi”.