Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 904/2019 del 07/10/2019, si occupa, diffusamente e con compiutezza, delle differenze fra le due figure contrattuali della sublocazione e dell'affitto di azienda, e del diverso regime delle norme applicabili, con le ovvie conseguenze.
Il casus belli è stato appunto la sublocazione di un immobile, da parte del conduttore, in apparente violazione di apposita clausola contrattuale che la vietava in senso assoluto.

Nel contratto di locazione concluso tra le parti era stato pattuito il divieto di sublocare l’immobile o di cedere il contratto, fatto salvo il caso di affitto di azienda di cui all’art. 36 L. n. 392/78. Era stabilito altresì che la violazione del divieto avrebbe comportato la risoluzione di diritto
del contratto.

E’ noto che l’art. 36 cit. stabilisce che il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore , purchè venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento: il locatore può opporsi , per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

Tuttavia, l’art. 36 cit. disciplina la fattispecie in cui la sublocazione o cessione del contratto sia avvenuta unitamente ad una effettiva cessione o locazione di azienda da parte del conduttore: solo in tal caso è previsto per il locatore il termine di trenta giorni per opporsi.
Diversa è la fattispecie decisa dal tribunale toscano, in cui il locatore ha contestato che l’affitto di azienda comunicato dal conduttore sia stato in effetti un affitto di azienda; al contrario si sarebbe dissimulata la sublocazione dell’immobile: nessun termine è previsto a carico del locatore per far valere la dissimulazione di contratto di sublocazione di immobile con un simulato contratto di affitto di azienda (Cass. 14442/16).

In base alle risultanze processuali si è affermato che il contratto con il subconduttore fosse in effetti un contratto di sublocazione. Si ricorda che l'’art. 2555 c.c. stabilisce che l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
Riguardo al criterio distintivo tra contratto di locazione di immobile ed affitto di azienda la
giurisprudenza afferma i seguenti principi: la concessione del godimento di un locale adibito ad esercizio commerciale può integrare affitto di azienda , ovvero locazione di immobile munito di pertinenze , a seconda che, sulla scorta della effettiva e comune intenzione delle parti, in relazione alla consistenza del bene e ad ogni altra circostanza del caso concreto, risulti che l’oggetto del contratto sia un’entità organica e capace di vita economica propria, della quale l’immobile configura una mera componente , in rapporto di complementarità ed interdipendenza con gli altri elementi aziendali, ovvero sia in via principale l’immobile medesimo, ancorchè dotato di accessori, come entità non produttiva (Cass. 19.7.05 n. 15210)

Nella specie, dall'esame del contratto di affitto di ramo di azienda risultava evidente come fosse essenzialmente l’immobile con le sue pertinenze l’oggetto del contratto.
Nessuna menzione veniva fatta di altri beni dell’organizzazione aziendale fatti salvi gli
impianti costituenti pertinenza dell’immobile ( impianti di condizionamento, elettrico, telefonico,
illuminazione e allarme) e il diritto di avvalersi pro-tempore durante la vigenza del contratto,
dell’autorizzazione amministrativa del conduttore.

In sostanza si è trattato di operazione commerciale posta in essere dal conduttore, non tanto per consentire la prosecuzione di attività aziendale di cui l’immobile fosse una mera componente, bensì per poter sfruttare economicamente la disponibilità dell’immobile in una via commercialmente appetibile del centro storico, dando l’immobile in sublocazione con le sue pertinenze e continuando a mantenere il rapporto di locazione in essere con il locatore.