Altra rilevante sentenza in materia di locazione commerciale, che in parte affronta il tema delle conseguenze delle plurime chiusure dei locali a causa delle restrizioni derivate dalla pandemia da Covid 19, da parte del Tribunale Civile di Milano, Sezione Tredicesima (Sent. n. 1453/22 del 17/02/2022).
La ragione del contendere fra le due società, rispettivamernre locatrice e conduttrice di un prestigioso esercizio all’interno del c.d. “Quadrilatero della Moda” a Milano, prende origine da un contrastato rapporto locatizio, in cui era stata la conduttrice ad avanzare cospicue pretese economiche verso la locatrice.
Ne era disceso un accordo stragiudiziale, dopo un primo percorso giudiziario, che non solo aveva portato di fatto la conduttrice a rinunciare al proprio asserito credito, ma ad accettare un nuovo contratto di locazione, in cui il canone mensile veniva più che raddoppiato (ma con valori comunque in linea con la zona dove era situata l’unità locata) e si imponeva a garanzia una fideiussione bancaria, con onere di ripristinarla se escussa, e con clausola risolutiva espressa in caso contrario.
Il nuovo contratto veniva onorato per circa cinque anni, poi soffriva di alcuni ritardi per altri tre, infine i pagamenti venivano del tutto sospesi fra il 2019 e l’intero 2020.
La conduttrice, che non riusciva a ripristinare la fideiussione una volta che, evidentemente, quest’ultima veniva escussa dalla locatrice, eccepiva l’onerosità originaria del canone, e poi quella sopravvenuta a causa delle restrizioni dovute al Covid 19.
Il Tribunale rigettava interamente le eccezioni della conduttrice, anzitutto riconoscendo valore alla clausola contrattuale secondo cui “in caso di escussione della fidejussione durante la vigenza del presente Contratto a seguito di inadempimenti della conduttrice, quest’ultima dovrà ripristinarla entro i successivi quindici giorni, potendo in caso contrario la locatrice considerare immediatamente risolto il contratto stesso per inadempimento”. Pertanto, si è ritenuto che l’inadempimento fosse provato, così come la risoluzione di diritto dei contratti ai sensi degli artt. 1454 e 1456 c.c..
Ha poi disatteso l’ipotesi di una eccessiva onerosità originaria del rapporto contrattuale de quo, poiché lo stesso è sorto su proposta della stessa resistente ed è stato liberamente negoziato tra le parti.
Quanto alla onerosità sopravvenuta nel 2020, il giudice ha ricordato che ai sensi degli artt. 36 bis del D.L. nr. 6/2020 e 91 del D.L. nr. 18/2020 “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente Decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 del Codice Civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi adempimenti”.
Per effetto degli ordini dell’Autorità, ai conduttori di beni immobili adibiti ad uso commerciale è stata impedita l’utilizzazione degli stessi per lo svolgimento delle attività ritenute non essenziali. Da ciò è conseguita una compressione nel godimento dei beni, non sotto il profilo della loro detenzione da parte dei conduttori, bensì della loro utilizzazione secondo la destinazione negoziale.
Ebbene, come è noto, ai sensi dell’art. 1575, primo comma, nr. 2) c.c., il locatore deve mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto. Questo obbligo, nei periodi di cosiddetto “lockdown”, è stato adempiuto solo parzialmente, nonostante il bene fosse astrattamente idoneo allo svolgimento dell’attività commerciale e a soddisfare l’interesse del conduttore. Pertanto, l’inadempimento del locatore è stato solo parziale e temporaneo, determinando uno squilibrio del sinallagma contrattuale.
Si può affermare che, a causa del rispetto delle disposizioni emergenziali, la prestazione della ricorrente non è stata adempiuta interamente, non per fatto ad essa imputabile, ma stante la necessità di rispettare le limitazioni allo svolgimento delle attività di vendita al dettaglio, in particolare di vendita di calzature. A fronte di tale circostanza, la conduttrice non poteva certo dirsi esonerata dal pagamento del canone, ma avrebbe dovuto provvedervi in maniera ridotta, proporzionalmente al minor uso del bene.