Il Tribunale di Grosseto, con ordinanza del 22 aprile 2020, prende posizione sul diritto del lavoratore invalido allo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile.
Con ricorso ex art. 700 cpc un dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato con mansioni di addetto al servizio assistenza legale e contenzioso, 5° livello Ccnl Commercio lamentava l’illegittimo e arbitrario rifiuto del datore di lavoro di adibirlo al lavoro in modalità smart. In particolare, il lavoratore evidenziava come gli fosse stato proposto il ricorso a ferie anticipate da computarsi su un monte non ancora maturato ovvero, in alternativa, la sospensione non retribuita dell’attività lavorativa.
Il ricorrente riteneva che, in ossequio alla particolare condizione patologica e alle previsioni di cui all’art.39 co 2 DL 18/2020, avrebbe dovuto essere preferito ai colleghi nell’assegnazione alla modalità di lavoro agile.
Si costituiva in giudizio la datrice di lavoro eccependo l’infondatezza del ricorso asserendo di avere individuato i soggetti da collocare in lavoro agile all’epoca in cui il ricorrente era in malattia trovandosi, in seguito, nell’impossibilità di modificare l’organigramma del personale a cui era consentito lavorare in remoto, se non con costi significativi in termini economici ed organizzativi in generale. Contestava poi l’ammissibilità di una condanna ad un facere infungibile, la sussitenza del fumus boni iuris e del  periculum in mora 
Con ordinanza 22 aprile 2020 il Giudice toscano, dopo aver ricordato che nella situazione di emergenza sanitaria attuale il ricorso al lavoro agile ex legge 22 maggio 2017, n 81 deve essere considerato una priorità, ha chiarito che in assenza di qualsivoglia ragionevole e concreta ragione di esclusione dalla possibilità di svolgimento dell’attività lavorativa da remoto, il rifiuto di ammettere il ricorrente a tale modalità di svolgimento della prestazione e la correlata prospettazione della necessaria scelta tra la sospensione non retribuita del rapporto e il godimento forzato di ferie non ancora maturate si profilano illegittimi.
La condotta datoriale così come prospettata si pone in violazione del principio generale secondo cui le ferie maturate servono a compensare annualmente il lavoro svolto con periodi di riposo finalizzati al recupero delle energie psico-fisiche e alla cura delle sue relazioni affettive e sociali maturando in proporzione alla durata della prestazione lavorativa e il godimento delle ferie non può essere subordinato nella sua esistenza e ricorrenza annuale alle esigenze aziendali se non nei limiti di cui all’art. 2109, co. 2, cod.civ. e nel rispetto delle previsioni dei singoli contratti collettivi, avuto riguardo ai principi costituzionali affidati all’art. 36 della carta.