In un momento di forte preoccupazione per quello che accadrà da marzo relativamente al blocco dei licenziamenti, ho ricevuto sempre più richieste di chiarimenti da parte di dipendenti in merito al "potere" del proprio datore di lavoro relativamente alla vaccinazione dei dipendenti.
Pertanto, mi è stato chiesto se ad es. il datore di lavoro può  chiedere conferma dell'avvenuto vaccino al proprio dipendente o ottenere dal medico di sorveglianza i nominativi e dati dei dipendenti non vaccinati, subordinare l'accesso in azienda alla dimostrazione dell'avvenuto vaccino, fino ad arrivare al licenziamento del soggetto non vaccinato.
Di seguito, proviamo a dare delle indicazioni in generale, rilevando però che ogni caso va specificatamente analizzato.  
 Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
 NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
 Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento).
2. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
 NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).
 Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008).
 3. La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?
 Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).
 In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.
 Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).
4. Può il datore di lavoro licenziare il dipendente che rifiuta il vaccino?
L’art. 32 della Costituzione dispone che un trattamento medico non può essere imposto alla persona senza una specifica norma di legge. Nel caso del vaccino Covid, ad oggi, una legge non c’è e pare nemmeno possa ricavarsi tale possibilità dall’art. 2087 codice civile, ossia la norma che impone al datore di lavoro di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. La ratio è ben presto spiegata: se così non fosse, il datore di lavoro potrebbe imporre trattamenti sanitari ai propri dipendenti ad nutum.
Ciò non esclude che potrebbero esserci dei correttivi in futuro.
Nelle more, il datore di lavoro deve però adoperarsi perchè il dipendente non vaccinato non sia veicolo del virus per gli altri dipendenti.
Quali sono le misure che allora può attuare? E se il lavoratore non può essere impiegato ad altra mansione? E se tale situazione si protrae nel tempo, cosa è legittimato a fare il datore?
Cosa succede se però il dipendente non vaccinato assume comportamenti sabotativi contro l'azienda?
Queste e altre domande meritano un approfondimento a parte, tenuto conto che ogni caso è comunque a sè stante e merita una valutazione attenta e concreta, tramite l'ausilio di un professionista esperto in materia.
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