Il Governo ha consentito che le attività possano proseguire "solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione", incentivando le imprese ad utilizzare "modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza" (Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14.3.2020).
E' stata raccomandata l'adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, l'adozione di strumenti di protezione individuale.
Il D.L. 17 marzo 2020 n. 18 ha definito e stabilito che il contagio sul lavoro sia qualificabile come infortunio: art. 42 co. 2 "Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati". L’art. 26 ha stabilito che "Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, dai lavoratori del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto".
Queste norme hanno individuato la necessità e il dovere di adottare delle precauzioni per evitare l'infortunio da contagio, così come avviene già per altri rischi nella prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008). 
Si teme che eventuali omissioni o inosservanze di queste cautele possano far insorgere, in un prossimo futuro, responsabilità penali in capo ai datori di lavoro per i reati di  lesioni colpose o peggio ancora di omicidio colposo. 
La recente normativa d'urgenza ha soltanto fornito indicazioni generali per il contenimento della diffusione del virus, senza valutare nello specifico le esigenze di ogni luogo di lavoro che possono essere differenti.
In questo quadro, ogni azienda dovrà valutare se le singole attività svolte possano esporre i propri lavoratori al rischio del contagio e quindi all'infortunio sul lavoro, di conseguenza sarà doveroso adottare le misure precauzionali per prevenire il rischio. Si comprende come sia ardua e complicata l'analisi affidata ai datori di lavoro, privi di linee guida che possano coaudiuvare le scelte, soprattutto nel breve tempo.
Nella denegata ipotesi che qualche dipendente contragga il virus, la condotta del datore di lavoro sarà giudicata sotto il profilo dell'idoneità della precauzione adottata per prevenire il rischio, ma sarà altresì valutato se fosse effettivamente necessario proseguire l'attività lavorativa ovvero questa poteva svolgersi anche attraverso il lavoro agile (smart working per esempio).
Come in ogni incidente sul luogo di lavoro sarà accertato il nesso causale tra l'evento di contagio e il luogo della mansione svolta.
Le prime riflessioni espresse dagli esperti ci informano che il virus si diffonde facilmente, ed in alcune occasioni anche in modo esponenziale. Parrebbe improbabile stabilire che il contagio si possa essere verificato in luogo specifico piuttosto che in un altro. Pertanto, sarà complicato dimostrare con certezza, anche tramite la prova scientifica, che il contagio sia avvenuto proprio sul luogo di lavoro. Ad ogni modo, il datore di lavoro potrebbe incorrere in una dichiarazione di responsabilità qualora sia accertato, in modo inequivoco, che le misure adottate per prevenire il contagio sul luogo di lavoro fossero inefficaci e avessero avuto un ruolo causale nella manifestazione del virus.
Come per ogni emergenza, lo scenario è in continua evoluzione e il datore di lavoro è posto di fronte ad una doverosa valutazione di ogni rischio, così che, l'adozione delle misure di precauzione e cautela dei lavoratori, oltre a salvaguardare la loro salute, potrebbe rivelarsi utile per tutelarsi da eventuali accuse per gli infortuni da contagio dinanzi al giudice penale.